Luigi Sparti per "Libero quotidiano"
edward o. wilson
L'ultima "perla" in ordine di tempo è recente un articolo dedicato a Edward O. Wilson pubblicato tre giorni dopo la sua morte, che in pratica etichetta senza troppi complimenti il celeberrimo biologo evoluzionista come "razzista". In particolare tale Monica McLemore nel pezzo in questione sostiene - senza portare alcuna prova - che il retroterra scientifico dello scienziato sarebbe appunto caratterizzato da un "razzismo implicito".
È questo il più recente episodio della deriva politicamente corretta che sta minando l'obiettività scientifica e la lucidità di una rivista di divulgazione scientifica di altissimo profilo, ossia lo Scientific American. Un tempo la casa di giganti come Martin Gardner e Philip Morrison, la rivista in questione ha compiuto negli ultimi anni una sterzata verso il "wokeism" - come viene chiamata negli Usa la ligia adesione al politically correct puro e duro, un'ideologia che vede tutto attraverso le lenti di razza, genere e orientamento sessuale, finendo che sconfinare ampiamente nel vittimismo di professione.
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TONI BIZZARRI Parliamo ad esempio dell'attacco portato dallo Scientific American all'amministrazione Biden per aver scelto come consigliere scientifico Eric Lander, ottimo scienziato, senz' altro, ma che ha la colpa - molto grave, in effetti - di essere maschio e bianco. Tornando poi indietro nel tempo, citiamo il caso - risalente al 2014 - di Ash Jogalekar, collaboratore della rivista licenziato in tronco dalla direttrice editoriale Laura Helmuth per aver scritto un post troppo complimentoso verso Richard Feynmann, geniale premio Nobel per la fisica e padre dell'elettrodinamica quantistica che, essendo un noto donnaiolo, difficilmente si inserirebbe nel contesto neo-puritano del wokeism contemporaneo.
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Ma la nostra storia non finisce di certo qui, anzi, assume toni sempre più bizzarri. Ne parla ampiamente in un suo articolo online il notissimo divulgatore e scettico Usa - nel senso di studioso che smonta le bufale e le affermazioni del paranormale - Michael Shermer. Lo scrittore in particolare elenca tutta una serie di episodi in cui il politically correct si è dimostrato un veleno per l'obiettività dello Scientific American.
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Ricordiamo dunque un articolo dell'agosto 2021 in cui si sostiene in modo abbastanza esplicito che, se ci sono così pochi neri e donne tra i matematici americani, dipende dal fatto che tale comunità è infestata da razzisti e misogini. Ora, dice Shermer, vero è che è senz' altro possibile che nel mondo della matematica, come negli altri settori della vita, ci siano alcuni razzisti e misogini; ma, calcolando che il matematico medio è politicamente un "liberal", l'eventualità che l'intero settore sia vittima di una mentalità patriarcale e sciovinista è improbabile.
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In più - aggiunge Shermer - una rapida analisi delle domande di ammissione a posti accademici nel campo della matematica mostra come in effetti in proporzione pochi neri e donne fanno domanda per tali pozioni. Quindi in effetti tali gruppi sono sottorappresentati, ma ciò non è di certo colpa delle commissioni di matematici che valutano tali richieste. Le cause della disparità vanno dunque cercate altrove. Il 5 luglio del 2021 lo Scientific American pubblica poi un articolo in cui si sostiene che il creazionismo - cioè l'idea, diffusa in diverse parti dell'America, per cui l'evoluzione non esiste e le specie siano state create da Dio così come sono - sia una forma di "suprematismo bianco".
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In pratica, se sei un creazionista sei di conseguenza anche un nazista. Ora, puntualizza Shermer, senz' altro alcuni creazionisti del secolo scorso erano anche razzisti, ma in linea di principio il creazionismo ha motivazioni sostanzialmente religiose e non politico-razziali, prova ne è anche il fatto che è diffuso ugualmente - secondo le statistiche presentate da Shermer - tra i bianchi e tra gli afro-americani.
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IL TERMINE JEDI Dulcis in fundo, citiamo un articolo pubblicato dallo Scientific American lo scorso 23 settembre, in cui si definisce il termine "Jedi" - si avete capito bene, gli Jedi di Star Wars - come "problematico" - definizione usata dal wokeism per indicare concetti che urtano la sensibilità dei suoi veri credenti. E l'acronimo JEDI viene usato negli Usa come sigla per indicare tutti i programmi politici e sociali che promuvono appunto "Justice, Equity, Diversity and Inclusion."
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Il problema? Gli Jedi sono un ordine di monaci intergalattici che promuovono il "salvazionismo bianco" e sarebbero intrisi di mascolinità tossica - altro termine molto caro alle femministe "woke". Nel caso il lettore se lo stesse chiedendo, no, non è un articolo satirico, ma proprio lo Scientific American.
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