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    LA ROMA DEI GIUSTI – DI FRONTE A “NUOVO OLIMPO”, CONFESSO DI AVER TIRATO UN SOSPIRO DI SOLLIEVO – È UN FILM PIÙ LIBERO DEL SOLITO, TRA CAZZI, CHIAPPE, SCOPATE TRA MASCHI PELOSI ECC…, SENTIMENTALE, SU UN GRANDE AMORE GIOVANILE, MA SENZA DOVERMI FARMI LA PREDICA FEMMINISTA CHE TUTTI I FILM OGGI DEVONO FARE – LA STORIA PERCORRE DEI BINARI CONSUETI DEL CINEMA DI OZPETEK E, ANCHE SE NON NON HO MAI FREQUENTATO I CESSI DEI MASCHI DEI CINEMA PER SCOPARE COL PRIMO CHE CAPITA, CAPISCO QUEL CHE CERCA DI RACCONTARMI... - VIDEO


     
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     Marco Giusti per Dagospia

     

    “Più che diventi frocio più che diventi fascista!”. Di fronte al nuovo film di Ferzan Ozpetek, ma meglio sarebbe dire al nuovo film diretto da Ferzan Ozpetek, prodotto da Gianni Romoli e Tilde Corsi e scritto da Ozpetek e Romoli, “Nuovo Olimpo”, che verrà distribuito da Netflix e quindi è già pensato per la piattaforma, curiosamente più libero del solito, tra cazzi, chiappe, scopate tra maschi pelosi, ecc., confesso di aver tirato un sospiro di sollievo. 

     

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    Almeno è un film che riconosco, come riconosco gli anni ’70 che ho vissuto tra pidocchietti e sale d’essai, è un film sentimentale, su un grande amore giovanile, e chi non ne ha avuti?, senza dovermi farmi la predica femminista che tutti i film oggi devono fare, anzi le donne soffrono in silenzio e subiscono anche un filo peggio di un tempo (certo, se ti prendi un marito gay…). Insomma è un film che mi dice chiaramente e solidamente chi sono e dove sono. 

     

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    Anche se non sono mai stato in un cinema Nuovo Olimpo, con la sua cassiera napoletana Titti truccata come Mina, una Luisa Ranieri da urlo, e non ho mai frequentato i cessi dei maschi per scopare col primo che capita. Voglio dire, insomma, che col cinema di Ozpetek&Romoli, dopo tanti film italiani che abbiamo visto in questi giorni di rivolta femminile contro il maschio dominante, cioè Valerio Mastandrea e altri fatti non si capisce per chi, finalmente mi ritrovo a casa. Può piacermi molto o anche molto poco, posso essere più o meno etero o gay, ma almeno capisco quel che cercano di raccontarmi. 

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    Mi ritrovo, anche se non trovo più le foto di quando avevo vent’anni, purtroppo. E respiro quel che ho vissuto negli anni ’70 - ’80 - ’90. Anche se, attenzione, io non credo che un ragazzo con il desiderio di fare il regista negli anni ’70, addirittura è stagista sul set di un poliziottesco, “Roma senza pietà” con Jasmine Trinca che spara (è una scena figa, lo ammetto…), avrebbe preferito andare nel cesso a scoparsi un bel ragazzo sconosciuto piuttosto che vedere nella sala d’essai “Quando volano le cicogne” di Kalatozov o “Nella città l’inferno” di Castellani o ancora peggio “Mamma Roma” di Pasolini. 

     

    Mi ricordo che una compagna di liceo, bona, mi invitò al cinema a andare a vedere “Uccellacci e uccellini” di Pasolini, ma alla domanda finale, cosa fai… esci con me?, io rimasi in sala a vedere l’inizio. Per carità, non scherziamo… Insomma. Siamo negli anni ’70, e il giovane stagista di cinema Enea, il bravo e per me inedito Damiano Gavino, che scopazza con l’amica di sempre Alice, una Aurora Giovinazzo piena di vita, frequenta il Nuovo Olimpo, cinemino d’essai coi bagni sempre occupati, per scoparsi i maschi che gli capitano a tiro.

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     E lì si innamora del bel verginello Pietro, aspirante medico marchigiano, il riccioluto Giancarlo Commare. Nascerà un sentimento. Ma i tumulti dei giovani manifestanti del tempo e le manganellate della polizia di sempre, li divideranno nel lontano 1976 e passeranno decenni prima che i due riescano a ritrovarsi. 

     

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    Nel frattempo Enea è diventato un celebre regista alla Ozpetek, che fa film su amori omosessuali incurante della censura e si è sistemato con una specie di Ursus palestrato che odia il cinema, lo stracultissimo Alvise Rigo, ottimo anche per i peplum, ma gli cucina i dolcetti e a letto promette parecchio. Pietro, invece, è diventa oftalmologo e si è sposato con una dolente Greta Scarano, che sospetta che il marito non sia proprio etero (ma va?). 

     

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    Ora. A parte un maggior tasso di pedro-almodovarismo del solito, il film percorre dei binari consueti del cinema di Ozpetek e ha il coraggio di presentarci una serie di nuovi attori interessanti, a cominciare dal protagonista. Magari, da una vecchia volpe dei cineclub come Gianni Romoli, avremmo gradito una maggiore attenzione rispetto alle programmazioni dei tanti cinema Nuovo Olimpo d’Italia e alla ricostruzione delle sale dove si rimorchiava e al tempo stesso si lottava contro la polizia. 

     

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    Non ricordo, ma non abitavo a Roma, di una sala dove la polizia avesse menato i ragazzi davanti a uno schermo. Certo, questo Enea sembra più interessato al sesso che alla politica. E è un po’ banale inquadrarlo il giorno della morte di Fellini. Ma la politica italiana. a cominciare dai Giambruno  e il nostro cinema, ormai, sembrano cose proprio lontane. Oppure no?

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