Marco Giusti per Dagospia
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San Lorenzo Rules. Ma anche Testaccio. In questo festival o festa o solo fest totalmente al femminile e decisamente romanocentrico, è più che benvenuta una nuova versione, anche se televisiva (Rai Fiction), de “La storia” di Elsa Morante, stavolta diretta da una mano esperta come quella di Francesca Archibugi, che l’ha scritta assieme a Giulia Calenda e Francesco Piccolo.
Non riesco a dirvi se migliore o inferiore a quella diretta in tre puntate per la tv da un maestro come Luigi Comencini, che ricordo ahimé vagamente, scritta dalla figlia Cristina, madre proprio di Giulia Calenda, e da una star della sceneggiatura come Suso Cecchi D’Amico, e interpretata da una Claudia Cardinale un bel po’ più grande della Jasmine Trinca quarantaduenne di questa nuova versione.
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Vi dico subito che nel ruolo fondamentale di Ida Mancuso, la madre coraggio per metà ebrea che attraversa con i figli gli anni più bui della guerra, tra leggi razziali, nazisti e una Roma bombardata, ho trovato straordinaria proprio la prova di Jasmine Trinca, forse perché così gloriosamente romana, anzi testaccina, con la giusta dose di ragazza del popolo e di attrice glamour di un cinema che da anni non è più glamour, ma perfettamente aderente all’eroina dimessa e neorealista del romanzo drammatico di Elsa Morante.
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E trovo qui come nel post-post-neorealismo magari più artificioso e da commedia di “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, regista e attrice, una forte ricerca di origini storiche e cinematografiche, ma anche assolutamente femminili, da cui il nostro cinema cerca di ricompattarsi e ripartire. Come ha fatto sempre.
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E non può che piacermi anche la presenza romana e rassicurante di Valerio Mastandrea come il Sor Remo, stavolta in versione brava persona rispettosa delle donne e antifascista, anche se me lo ritrovo in tutti i film da tre giorni su tre, mentre si nota parecchio il giovane Francesco Zenga nel ruolo del figlio maggiore di Ida, Nino, che pensa che il fascismo e il Duce possano essere la soluzione di tutti i problemi del paese. E’ perfetto nelle scene familiari con Jasmine Trinca, meno quando assume i toni un po’ troppo moderni e antipatici da pariolino di oggi.
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I limiti del film, anzi della serie tv, sono, in fondo, i limiti del budget che non permettono grandi effetti nelle scene di guerra (addirittura la campagna d’Africa) per non parlare del bombardamento di San Lorenzo. Non credo che fossero superiori le ricostruzioni della versione di Comencini, dominate dal realismo della fotografia molto asciutta di Franco Di Giacomo, mentre qui abbiamo una luce più calda di Luca Bigazzi. Ma il cuore del film o, almeno, delle prime due ore che abbiamo visto oggi, mi piace, perché la ricostruzione di San Lorenzo, un po’ come quella della Napoli de “L’amica geniale”, è sobria, ma giusta e permette agli attori di muoversi con realismo e credibilità.
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E, ripeto, la Trinca, con tutto il suo dramma, la scoperta di essere ebrea e quindi candidata a qualcosa di terribile da parte delle leggi razziali, una violenza subita da un soldato tedesco ubriaco che la mette incinta, il bambino da nascondere agli occhi di tutto e proprio per questo molto amato, è una grande protagonista in grado di far funzionare un meccanismo narrativo e sentimentale che è decisamente costruito su di lei. Tanto l’abbiamo capito che questa edizione del Rome Film Fest ha bisogno di eroine. Romane.