Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
PUTIN MEDVEDEV
La Russia non sta vincendo in Ucraina, e ormai sarà rassegnata all'evidenza che non raggiungerà mai per via militare tutti gli obiettivi posti da Putin all'inizio dell'invasione. Perciò, applicando la "guerra ibrida" perfezionata dal capo di Stato Maggiore Gerasimov, si adatta ad usare strumenti alternativi come seminare caos e instabilità nell'alleanza occidentale, sperando di staccarne gli anelli deboli.
Solo così si spiega la sfacciata interferenza politica dell'ex presidente Medvedev, che punta a trasformare anche le componenti a parole più atlantiste del centrodestra italiano, cominciando dalla premier in pectore Meloni, nei nuovi "utili idioti" di Mosca stavolta di destra.
IL GENERALE GERASIMOV
I risultati militari russi, dall'umiliante ritirata da Kiev al sostanziale stallo nel Donbass, dimostrano che il Cremlino non sarebbe in grado di sostenere uno scontro aperto con la Nato, a parte le scellerate minacce di usare le armi atomiche. L'unica via d'uscita quindi diventa creare lo scompiglio fra gli avversari, sfruttando le caratteristiche della democrazia, ormai abrogata a Mosca dall'autocrazia.
Sfilare l'Italia servirebbe a tre scopi: ostacolare le sanzioni economiche, bloccare le forniture di armi, e deragliare la strategia per l'indipendenza energetica dell'Europa, che passa almeno in parte per il "reverse flow" del gas a cui sta lavorando con successo il governo Draghi. Sul primo punto le caratteristiche delle sanzioni limitano la capacità del prossimo esecutivo di fare marcia indietro, ma può ostacolarne di nuove. Sugli altri due Palazzo Chigi ha mano libera, almeno per le armi italiane e la politica energetica.
SALVINI DRAGHI
«I leader russi - dice a Repubblica Kurt Volker, inviato per l'Ucraina dell'amministrazione Trump non dicono cose vere, le dicono per influenzare le azioni degli altri. In questo caso, Mosca cerca di minare la stabilità politica in Italia perché vede un'Italia debole e semi filorussa come un'opportunità per bloccare le sanzioni della Ue, e i divieti di acquistare petrolio e gas russo in Europa. Il Cremlino preferisce di gran lunga una Ue e una Nato divise». Quindi si rivolge alla Casa Bianca: «Gli Stati Uniti devono intensificare il loro impegno diplomatico in tutta Europa, incitando gli alleati e sottolineando come la Russia stia cercando di esercitare influenza sul continente.
dmitri medvedev vladimir putin
Avere gli ambasciatori Usa sul campo, non ultima l'Italia, sarebbe un passo importante».
Come ci ha spiegato l'ex direttore per l'Europa nella Casa Bianca di Obama, Charles Kupchan, «la leadership di Washington garantirà un continuo lavoro di squadra transatlantico per aiutare gli ucraini a difendersi. L'instabilità politica in Italia però invia un segnale preoccupante sulle sfide per mantenere la solidarietà dell'Occidente tra inflazione, carenza di energia e altre dislocazioni economiche esacerbate dalla guerra».
MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI
Il presidente di Eurasia Ian Bremmer aggiunge che «a peggiorare le cose, le elezioni porteranno probabilmente un governo euroscettico di estrema destra. Ciò indebolirà ulteriormente le prospettive di riforma e probabilmente produrrà un disavanzo più elevato, peggiorando l'inflazione e minando la fiducia degli investitori. Non sono preoccupato per l'uscita dall'euro e mi aspetto che il nuovo governo alla fine si allinei alle richieste della Ue, ma solo dopo un periodo di grave instabilità dei mercati finanziari».
IAN BREMMER
Foreign Policy si è chiesta se col nuovo governo l'Italia indebolirà le sue posizioni verso la Russia e l'Ucraina. Meloni giura di no, ma si tratta di vedere se avrebbe la forza di tenere dritta la barra, quando la sopravvivenza del suo esecutivo dovesse dipendere dai senatori e deputati dei putiniani Salvini e Berlusconi.
Washington è preoccupata ma segue con discrezione la campagna elettorale, un po' perché non ha un approccio sfrontato come Medvedev, e un po' per non generare reazioni opposte a quelle desiderate. Il rischio più grosso però lo corre l'Italia, perché non è l'Ungheria, e staccandosi dalla sua storica alleanza occidentale andrebbe verso un isolamento che non può permettersi.