Andrea Marinelli e Guido Olimpio per www.corriere.it
CORTE INTERNAZIONALE AJA
Viktor Muller Ferreira per dodici anni ha detto in giro di essere brasiliano, originario di Niteroi. Per non sbagliarsi nel raccontare il suo passato ha redatto un canovaccio da imparare a memoria. Una storia ricca di particolari che propinava quando incontrava qualcuno.
Solo che non era la sua vera biografia, ma la «leggenda» di una spia. Sì, perché Viktor in realtà si chiama Sergey Vladimirovich Cherkasov, 36 anni, agente del GRU, l’intelligence militare di Mosca.
Uno degli illegali, uomini mandati in Occidente a vivere in clandestinità sotto falsa identità.
spionaggio i trucchi del mestiere 5
Il gioco di specchi e finzione del russo è crollato in aprile, nel momento in cui è sbarcato in Olanda per iniziare il lavoro di stagista alla Corte Internazionale dell’Aja, istituzione che si occupa di crimini di guerra.
Avrebbe dovuto infiltrarsi, ma la missione è andata a vuoto perché il controspionaggio lo aspettava e lo ha rimandato in Brasile dove è finito in prigione.
Sono stati gli stessi 007 olandesi a rivelare i documenti e il percorso della talpa, probabilmente mandata dai «gestori» moscoviti per scoprire eventuali file relativi agli eccidi in Ucraina.
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Nelle paginette scritte da Ferreira-Cherkasov c’è proprio tutto, fin dalle origini. La sua infanzia difficile, i problemi familiari, gli anni della scuola, i professori sgraditi, il ricordo della macchina da cucire della zia che lo ha cresciuto, il soprannome «Gringo» datogli da altri studenti perché pensavano fosse tedesco, la mancanza di denaro, i primi lavori per tirare avanti, la passione per un certo ristorante e quello per una squadra, il debole per un night club e per la musica.
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Non ha tralasciato nulla, ha incluso aspetti innocui e sentimenti. Questo perché doveva essere bravo a mentire, agile nel sottrarsi a domande sul «prima», convincente nel fornire una ricostruzione credibile.
Un investimento profondo da parte dell’intelligence, un’operazione durata a lungo, a riprova di come il suo uomo sia riuscito – almeno per un periodo – a passare sotto il radar trascorrendo periodi in Usa e in Europa.
Viktor ha conseguito un master sulla politica estera statunitense alla prestigiosa John Hopkins University a Washington, ateneo frequentato anche da stranieri e per questo possibile «piscina di arruolamento» da parte degli «scout» dello spionaggio.
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All’atto dell’iscrizione avrebbe però dato un nome leggermente differente. In precedenza è stato al Trinity College di Dublino. Alcuni aspetti sono emersi dai social, infatti il russo aveva un account Twitter e uno su Facebook dove non ha mai postato niente di compromettente.
Anche questo è parte dell’inganno: non presentare un’esistenza digitale rischiava di sollevare sospetti. Ma evidentemente Viktor può aver fatto un errore oppure lo hanno segnalato agli olandesi. Il fatto che abbiano in mano il manoscritto autobiografico è un indizio in questo senso.
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Però viene da chiedersi perché sia stato così imprudente da conservarlo. Una stranezza che magari sarà usata dalla Russia per rinforzare la tesi che si tratta di una fake news, di una provocazione.
Dall’Aja, però, possono ribattere ricordando i precedenti. Nel 2018 l’Olanda ha intercettato un team di hacker russi in possesso di sistemi per introdursi in un’organizzazione che stava indagando su uso di armi chimiche in Siria.
Da quando è esploso il conflitto la Nato ha intensificato la sorveglianza, ha espulso dozzine di russi, ha ingaggiato un duello con la Russia. Con tre fronti aperti: il rischio di azioni destabilizzanti, i pericoli di sabotaggi agli aiuti per Kiev, le manovre per influenzare le opinioni pubbliche europee.
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In questo contesto il GRU rappresenta l’apparato preferito da Vladimir Putin perché lo considera un esecutore fedele, osa senza badare alle conseguenze, combina l’azione politica a quella militare.
Da qui una vigilanza continua come conferma l’episodio avvenuto il 13 giugno. Scotland Yard ha fermato arresto un quarantenne nello scalo di Gatwick mentre cercava di lasciare il paese, mossa giustificata dal sospetto che possa trattarsi di una spia di Mosca.