Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
mario draghi giuseppe conte
Tutto in due settimane. Sul fronte della pandemia e su quello dell' economia, la sfida di Draghi di qui a fine mese sarà rendere visibile una netta discontinuità rispetto al governo precedente. Il Consiglio dei ministri di ieri e la cabina di regia di oggi sono funzionali a quel cambio di passo che il premier vuole imprimere per mettere in sicurezza i cittadini dal virus cinese, restituirli progressivamente alla normalità, e così uscire dalla crisi che ha colpito imprese e lavoratori.
GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI
Da quando si è insediato a Palazzo Chigi Draghi lavorava a questo momento, e se inizialmente puntò sulla chiusura del Paese fu proprio perché voleva anticiparne la riapertura, unico strumento per rilanciare l' economia nazionale. È stata una scelta politica che ora si accompagna al varo del Def, al decreto da 40 miliardi e al Recovery plan nel quale - rispetto al vecchio progetto - vengono dirottati 50 miliardi in più su nuovi investimenti.
Le consultazioni avviate in questi giorni con i partiti, in vista della presentazione del Pnrr al Parlamento, sono parte della sua strategia: meglio accordarsi prima per evitare grane dopo. Gli interventi rapidi e diretti a favore delle imprese - garantiti dal nuovo scostamento di bilancio - serviranno ad assicurare che il sistema Italia si faccia trovare pronto quando l' economia ripartirà, per evitare il rischio che al semaforo verde le aziende restino ferme al palo senza benzina.
GIUSEPPE CONTE MARIO DRAGHI
Per il resto la scommessa di Draghi sta nel binomio debito alto-crescita alta: ai ministri infatti ha spiegato che in questa fase non si dovrà guardare ai tassi d' interesse ma al tasso di crescita, che bisognerà puntare sull' espansione dell' economia visto che non ci sarà spazio per una riduzione delle tasse.
Draghi è convinto che i risultati si vedranno presto, e il suo ottimismo si ritrova nelle parole usate dal titolare di via XX Settembre, Franco, secondo il quale le previsioni di crescita riportate dal Def per i prossimi anni «riflettono solo in parte l' ambizione della politica di rilancio che il governo intende seguire». Si vedrà se il piano di Palazzo Chigi andrà a buon fine. Ma non c' è dubbio che ci fosse bisogno di tempo per avviarlo. I mesi iniziali sono serviti al premier per gestire l' eredità del precedente governo e risolvere le numerose emergenze che si è trovato a fronteggiare.
MARIO DRAGHI E GIUSEPPE CONTE
La partenza è stata difficile per la recrudescenza della pandemia, tra la sostanziale assenza del piano vaccinale nazionale e le gravi carenze mostrate dall' Europa. E mentre ogni giorno si sentiva dire che stava agendo in sostanziale continuità con l' azione di Conte, Draghi lavorava a smontare questa tesi. C'è un motivo per esempio se - quando decise di cambiare Arcuri con Figliuolo - venne messo nero su bianco che la nuova struttura commissariale «sostituiva» e non «subentrava», così da segnare una netta cesura con la precedente gestione.
Sul versante europeo, poi, il New York Times ieri ha ricordato le critiche del premier italiano ai negoziati dell' Ue con le Big Pharma per l' acquisto dei vaccini, e il suo clamoroso intervento per bloccare le esportazioni di fiale, che ha provocato uno scontro con Berlino. Di lì la battaglia per avere nuove dosi, con le chiamate insistenti ai ceo delle case farmaceutiche, che per un po' avevano smesso di rispondere al telefono.
CONTE DRAGHI
È politicamente complicato per un premier mettere in atto la discontinuità con il passato, se nel governo e in Parlamento bisogna collaborare anche coi protagonisti di quel passato. Certe malmostosità Draghi le avverte ancora in Consiglio dei ministri, ma è consapevole che gli sforzi vadano adesso concentrati sulla riuscita della missione, mantenendo un equilibrio tra i partiti che gli garantiscono la fiducia.
DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI
E a fronte di un'evidente empasse dei giallorossi, deve gestire l' attivismo di Salvini, secondo cui «il governo è sempre più attento alle sensibilità del centrodestra, ha detto addio all' epoca delle mancette di Conte, e appoggia le riaperture ragionevoli». «Questo è un governo di unità nazionale», ha detto il premier alla delegazione leghista incontrata per discutere di Recovery plan: «Non serve farsi i dispetti». Ché poi è quanto si dicevano ieri alcuni ministri del Carroccio e del Pd alla fine del Consiglio. Anche perché la sfida di Draghi è la sfida del Paese. I cocci di un eventuale fallimento invece sarebbero tutti dei partiti.