Estratto dell’articolo di Alessandra Muglia per il “Corriere della Sera”
Arundhati Roy
Tace, la scrittrice indiana più nota al mondo. Arundhati Roy resta in silenzio dopo aver appreso che sarà processata per terrorismo: tra le voci più critiche del governo, rischia sette anni di carcere, più il possibile periodo di custodia cautelare.
L’autrice de Il dio delle piccole cose , che le valse il prestigioso Booker Prize, finirà alla sbarra per le opinioni espresse 14 anni fa nel corso di un incontro pubblico sul separatismo in Kashmir. Ad autorizzare il procedimento è stato il presidente della regione di New Delhi, scelto dal partito del premier Narendra Modi.
La notizia è arrivata mentre il leader indiano era in Italia per il G7, pochi giorni dopo il suo giuramento per il terzo mandato: pur costretto a formare un governo di coalizione, per il numero ridotto di seggi ottenuto in parlamento dopo le elezioni, Modi ha voluto proiettare un’immagine di continuità e potenza mantenendo i suoi uomini di fiducia nelle posizioni chiave.
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E anche questa iniziativa contro Roy si può leggere come un segnale di forza che il nuovo esecutivo ha voluto dare dopo la sua vittoria dimezzata. La scrittrice sarà giudicata in base a una legge anti-terrorismo in vigore dal 1969, emendata in senso restrittivo nel 2019, dopo il trionfo elettorale dei nazionalisti indù del Bjp.
Senza entrare nel merito delle sue affermazioni, in sua difesa si è pronunciato un altro grande scrittore indiano, Amitav Ghosh: «La persecuzione di Arundhati Roy è assolutamente inconcepibile. È una grande scrittrice e ha diritto alla sua opinione. È necessaria una protesta internazionale per il caso che è stato intentato contro di lei per ciò che ha detto 14 anni fa». […]
Arundhati Roy
Nel mirino dichiarazioni risalenti all’ottobre del 2010, quando in una conferenza a New Delhi la scrittrice dichiarò che il Kashmir non aveva mai fatto parte dell’India prima di essere occupato dalle truppe indiane. Assieme alla Roy andrà a processo anche Sheikh Showkat Hussain, un ex professore di Diritto internazionale della Central University of Kashmir.
Entrambi, nella denuncia depositata nel novembre del 2010 da un attivista indù, vennero accusati di promuovere «la separazione del Kashmir dall’India». Tutto è rimasto fermo per tredici anni, fino allo scorso ottobre quando il caso è stato riesumato.
Arundhati Roy
Venerdì l’annuncio: Roy può essere perseguita ai sensi della legge anti-terrorismo, che consente di arrestare i sospettati preventivamente e senza possibilità di rilascio su cauzione. Tra le più controverse del codice giuridico indiano, la legge è stata invocata negli ultimi anni dal governo Modi contro gli attivisti studenteschi di New Delhi, i giornalisti del Kashmir e il sacerdote gesuita Stan Swamy, morto in carcere nel 2021. […]
Roy tace e per lei parla il suo avvocato, Rebecca John, che definisce il caso «motivato politicamente». «La polizia di Delhi ha impiegato 14 anni per indagare su una vicenda, in cui l’unica accusa contro la signora Roy è quella di aver tenuto un “discorso”, che certamente non ha portato ad alcuna violenza o altra “attività illegale”».
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