Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"
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Ricatti morali, persecuzione sul posto di lavoro, pressioni indebite su 14 giovani collaboratori. La senatrice ecologista Esther Benbassa, 71 anni, tripla nazionalità francese, turca e israeliana, molto nota in Francia per il suo lavoro di storica e per le posizioni in difesa dei musulmani, della causa palestinese e più in generale dei deboli, è stata sospesa - con decisione all' unanimità - dal gruppo ecologista al Senato.
Le rivelazioni che hanno portato un duro colpo alla carriera politica e all' immagine pubblica della senatrice arrivano da Mediapart +, il giornale online che dalla sua creazione nel 2008 ha messo in difficoltà i potenti fino a provocarne talvolta le dimissioni: dal ministro anti-evasione fiscale Jerome Cahuzac scoperto a tenere un conto in Svizzera all' altro ministro François de Rugy che abusava dei soldi pubblici, ai presunti finanziamenti di Gheddafi a Sarkozy.
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Uomini di destra o di sinistra ma comunque di governo.
Stavolta invece Mediapart ha indagato su una delle esponenti più celebri della sinistra radicale e antagonista, lontana forse dal governo ma comunque influente in Parlamento, nei media e nell' accademia. E lo scandalo in Francia è notevole, perché Esther Benbassa ha fatto della difesa «dei deboli e degli oppressi» la cifra del suo impegno politico. Senza paura di prendere posizioni molto contestate - come quando ha difeso il velo islamico «non più alienante della minigonna» - e di venire trattata da traditrice quando, più volte negli ultimi anni, ha preso le difese di Hamas contro Israele.
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Otto ex collaboratori parlamentari e sei ex assistenti all' università hanno consegnato a Mediapart centinaia di email e messaggi sms che sembrano dimostrare il «clima di terrore» instaurato dalla senatrice con i suoi sottoposti.
Ci sono i lunghi scambi con una ragazza che deve operarsi d' urgenza al polmone, che si trova allo scadere del periodo di prova del contratto di assistente parlamentare e che non riesce più a temporeggiare con il chirurgo. Benbassa pretende che l' operazione venga rinviata di almeno quattro mesi: «Il suo medico le dice che non spetta a me decidere delle questioni mediche, io però le parlo dei problemi che avremo in ufficio. C' è in ballo la riforma delle pensioni». E poco dopo: «Credo che non ci intendiamo. Sarà difficile fare un cammino comune. Lei è fragile e mi mette angoscia».
Poi ci sono le email nelle quali Benbassa umilia i sottoposti per mancanze varie - «non sapete scrivere una lettera, il Senato non fa per voi» - e quelle in cui li accusa di comportarsi «da sindacalisti».
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A prendere le difese della senatrice, che si è scusata «con le persone che ho potuto ferire», c' è l' intellettuale di sinistra Geoffroy de Lagasnerie, molto vicino al sociologo Didier Eribon e allo scrittore Edouard Louis. Negli ultimi anni Lagasnerie ha rilanciato in Francia una visione della società basata sulla lotta di classe, e quel prisma sembra guidarlo anche nell' intervento per Benbassa. «Ci sono sicuramente inchieste che Mediapart non ha pubblicato per non macchiare la reputazione di certe persone - scrive Lagasnerie -. In uno spazio di sinistra bisogna diffidare del quadro totalizzante nel quale le rivelazioni sono inscritte dalla logica stessa delle narrazione mediatica».
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Insomma, per Benbassa, bisognerebbe chiudere un occhio. Mediapart risponde che «in 13 anni abbiamo condotto inchieste su politici di tutti i partiti. I fatti sono fatti».
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