Marco Giusti per Dagospia
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“Lo famo strano?” - “Lo famo sindaco”. Confesso che già vedere il nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, assieme a Nicola Zingaretti, alla prima della serie di Carlo Verdone “Vita da Carlo” dove proprio Verdone rischia di diventare sindaco di Roma per desiderio di un simil Zingaretti era qualcosa di impagabile. Anche per una certa somiglianza fisica tra i due, anzi fra i tre. Un corto circuito che non poteva che far bene a una serie, la prima mai ideata e girata da Carlo Verdone, che firma la regia assieme al direttore della fotografia Arnaldo Catinari, che ha trovato nella platea romanissima dell’Auditorium una sorta di consacrazione assoluta di risate sincere.
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Costruito su un’idea di Nicola Guaglianone e Menotti sul set di “Benedetta follia”, sviluppato poi da Pasquale Plastino e due giovani sceneggiatori, prodotto da Aurelio De Laurentis per Amazon, la serie parte proprio dalla vita di Carlo Verdone oggi da attore di grande successo popolare un po’ in crisi di ispirazione. Come è nella realtà. Diviso cioè tra il cinema comico, l’eterna richiesta di pubblico e produttore di rifare i personaggi celebri di un tempo, famme Furio, famme Mimmo, e la voglia di provare una strada diversa. Ma inesorabilmente Carlo torna sempre al comico, anche mettendo in scena la sua vita. E circondandosi di presenze vere, la famiglia, il produttore, un amico, tutti rigorosamente riletti in chiave comica e interpretati da attori.
DAGO SUL SET VITA DA CARLO
C’è un Max Tortora meraviglioso come suo miglior amico con tanto di moglie sempre incazzata, Claudia Potenza, e quando insieme sappiamo che ci potremmo rimanere ore a vedere questa serie. C’è Stefano Ambrogi, che fu già coattissimo “Cozzaro nero” scoperto proprio da Carlo, come produttore ovviamente prepotente e coatto. Come gli demolisce il copione del film serio scritto dallo sceneggiatore depressa è un numero magistrale alla Mario Brega. C’è Monica Guerritore come l’ex-moglie, Caterina De Angelis, figlia di Margherita Buy, come sua figlia Maddalena, che si porta dietro un buffo fidanzato-accollo che non si schioda da casa sua nemmeno quando viene mollato da lei. C’è la grande Maria Paiato come vecchia cameriera ereditata dal padre. Poi la farmacista carina, Anita Caprioli, unico momento romantico della serie.
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Gli unici personaggi veri che fanno se stessi sono Roberto D’Agostino, bravissimo e perfino misurato nel recitare se stesso, anche se la scenografia non fa giustizia della vera scenografia del suo studio, e Antonello Venditti. Uno dei motori della storia è la richiesta del simil Zingaretti, presidente della Regione, di candidarsi a sindaco di Roma, richiesta non nata a caso visti i tanti sketch di Carlo su questo tema, fra comizi assurdi dove voleva “asfaltare il Tevere” (“e finalmente in questa città se score”) o faceva il democristiano (“sempre tesi…”), e che funziona perfettamente sia per i tempi, col nuovo sindaco al posto della pora Virginia, sia per il personaggio con tutto il suo amore per Roma e l’attenzione per i romani.
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Anche se qualche trovata l’ho trovato un po’ lunga o non del tutto riuscita, “Vita da Carlo”, rispetto anche agli ultimi film di Verdone, ha un grande ritmo, alla “metodo Kominsky”, mi sa che vedere qualche serie in tv ha fatto bene a tutti, sceneggiatori compresi, offre agli attori, penso a Max Tortora che fa ridere sempre quando è in coppia con Carlo, ma anche a Alessandro Haber, il modo di diventare prepotentemente parte del mondo di Verdone, anche se lui si limita a pochi sguardi. E lì, grazie anche alla generosità del protagonista, assistiamo a grandi numeri comici di coppia e non di coppia.
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Ma la cosa che mi ha stupito ancor di più, e in fondo non avrebbe dovuto stupirmi, è la massa incredibile di facce e faccioni romani che Carlo è riuscito a inserire nei suoi raccontini. Una galleria di caratteristi vecchi e nuovi, parte già usati, ma parte assolutamente inediti, che fanno la gioia del vecchio spettatore. Come l’autista rimbambito (ma chi è? Ma dove l’ha trovato?) al telefono dall’amante che va a sbattere mentre Carlo e Max Tortora avrebbero voluto andare allo stadio, i tanti che lo fermano per farsi i selfie, gag che funzionano incredibilmente sempre.
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Alla fine devo dire che queste quattro puntate che abbiamo visto dimostrano soprattutto la passione che Carlo mette nel suo mestiere, a cercare i volti, le battute giuste, a costruire spettacolo, insomma. Si ride, a volte, davvero con pochissimo. E dovendo costruire gag veloci, situazioni da sketch più che da film, c’è modo di tornare al Verdone che più amiamo. Finalmente.
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