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    CHE MINCHIA FACCIAMO? - LA SICILIA È IMPREPARATA ALL’ARRIVO DELL’EPIDEMIA: “SE IL VIRUS DILAGA IL SISTEMA VA IN CRISI” - CI SONO SOLO 257 POSTI LETTO NEI DICIASSETTE REPARTI DI MALATTIE INFETTIVE SICILIANI, DI CUI 58 CHE GARANTISCONO L'ISOLAMENTO - SONO 362 I POSTI IN TERAPIA INTENSIVA, DEI QUALI 21 DESTINATI ALL'EMERGENZA CORONAVIRUS - L’ISOLA NON PUO' RISPONDERE A UNA PRESSIONE SUPERIORE A DUECENTO CONTAGIATI…


     
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    Laura Anello per “la Stampa”

     

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    «Speriamo che arrivi l' estate, prima del virus». È l' auspicio che si ripete di strada in strada, di casa in casa, nella speranza che davvero le alte temperature possano fare da argine al Covid-19. Una corsa contro il tempo, insomma, perché nella Sicilia che già non ha avuto inverno e che ha veleggiato tra 18 e 25 gradi - felicità delle comitive di turisti in sandali e maniche corte, ora più rarefatte ma non scomparse - l' unica certezza è che un contagio massiccio non potrebbe essere sostenuto dall' attuale sistema sanitario.

     

    I numeri dicono tutto. Ci sono solo 257 posti letto nei diciassette reparti di Malattie infettive siciliani, di cui 58 «a pressione negativa», quelli che garantiscono l' isolamento. Mentre sono 362 i posti in terapia intensiva, dei quali 21 destinati all' emergenza coronavirus. Se si considera che il 10 per cento dei malati ha bisogno di un ricovero in terapia intensiva (e poco meno del 50 per cento di assistenza in ospedale), i conti sono presto fatti: gli ospedali non potrebbero rispondere al momento a una pressione superiore a duecento contagiati, niente in confronto a un' ipotetica replica del focolaio lombardo.

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    Finora la Sicilia - dal punto di vista sanitario - ha visto l' epidemia alla finestra, al netto della disperazione di operatori turistici e commerciali che hanno visto calare la ghigliottina su una stagione che si annunciava da record. Solo 24 i contagiati, di cui sette ricoverati (tre a Palermo, tre a Catania e uno a Enna), nessuno dei quali in terapia intensiva, e 17 in isolamento domiciliare. Ma è vero pure che una settimana fa erano tre in tutto, e quindi un aumento - seppure non esponenziale - si è registrato anche qui. «Con l' attuale assetto, se si verificasse la stessa situazione epidemiologica della Lombardia, il sistema andrebbe in crisi», dice Massimo Farinella, direttore del reparto di Malattie infettive all' ospedale Cervello e segretario regionale della Cisl medici.

     

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    È per questo che l' assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, ha messo in piedi un piano straordinario per strutturare in corsa 110 posti in terapia intensiva. «Ma un posto - dicono dall' unità di crisi - non si attrezza dall' oggi al domani, servono gas medicali e attrezzature particolari». Mentre sono state individuate alcune aree per la quarantena: l' ospedale militare di Palermo, un ospedale dismesso di Catania, e forse la caserma Botta di Cefalù, cittadina turistica che non ha accolto l' ipotesi con grande entusiasmo.

     

    I nervi sono molto tesi, se l' altro giorno il presidente della Regione, Nello Musumeci, è stato sommerso di critiche feroci per avere detto sostanzialmente agli italiani del Nord che è bene se ne stiano a casa. È seguita pioggia di precisazioni: «Solo quelli delle zone rosse» (che, com' è noto, non possono uscire) o forse delle zone gialle. Al netto del contro-razzismo strisciante sui «nordici untori» che circola su chat e social («Avete sempre trattato i meridionali da terroni, adesso gli appestati siete voi»), certo è che l' allarme virus è arrivato a Palermo con una comitiva di bergamaschi in vacanza, ospiti di un albergo del centro, l' hotel Mercure.

     

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    Tre di loro, dopo alcuni giorni di visite ed escursioni, hanno cominciato a star male e sono finiti in ospedale. Gli altri ventotto compagni sono ancora chiusi in quarantena in albergo, coccolati dalla città solidale che porta specialità tipiche, vino, messaggi di sostegno augurando loro pronta guarigione. Poi il campanello di allarme si è acceso a Catania, dove sono risultati positivi al virus tre docenti del dipartimento di Agraria di ritorno da un congresso a Udine. E ancora è stata la volta di Enna, dove si è ammalato un cardiologo dell' ospedale Umberto I. Infine ci sono alcuni casi sparsi: tre sempre a Catania, tutti provenienti dalla Lombardia; una donna in quarantena a Siracusa, tornata a casa da uno dei comuni della zona rossa per le vacanze di Carnevale; altre due nel Ragusano.

     

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    Nessun caso autoctono, tutti contagi di importazione, ma si teme possano essere la punta dell' iceberg delle centinaia di studenti universitari fuorisede rientrati a casa dopo la chiusura degli atenei del Nord. Puntini rossi sulla mappa di un' Isola che albergatori e tour operator continuano a gran voce a dichiarare «safe». Sicura. E dove, nelle giornate più calde, la gente fa il bagno al mare. Ma il timore serpeggia, al ritmo dei cuori di 5 milioni di abitanti.

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