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    “ORA LA SINISTRA GIUDIZIARIA DOVRÀ SMALTIRE L'UBRIACATURA CHE L'AVEVA ILLUSA DI ESSERE MAGGIORANZA NELLA MAGISTRATURA E DI POTER INFLUENZARE PER SEMPRE MEDIA E OPINIONE PUBBLICA” - “LA VERITÀ” GODE PER LA NOMINA DI MARCELLO VIOLA A PROCURATORE DI MILANO: “L'ALLEANZA TRA MAGISTRATURA DEMOCRATICA E I VERDI STA SCOMPARENDO DALLA CARTINA DEL POTERE GIUDIZIARIO. UNA SORTA DI NEMESI STORICA DOPO CHE, CON UNA CERTA SPREGIUDICATEZZA, AVEVA CAVALCATO LA PIÙ GRANDE E IMPUNITA FUGA DI NOTIZIE CHE SI RICORDI, QUELLA SULLE INTERCETTAZIONI DELL'HOTEL CHAMPAGNE QUANDO LUCA PALAMARA, COSIMO FERRI, LUCA LOTTI E 5 CONSIGLIERI DEL CSM DELLE CORRENTI MODERATE DI UNICOST E MI SI ERANO RIUNITI PER DISCUTERE DELLA NOMINA DEL PROCURATORE DI ROMA”


     
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    Giacomo Amadori per “la Verità”

     

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    Lo Champagne è finito. Ora la sinistra giudiziaria dovrà smaltire l'ubriacatura che l'aveva illusa di essere maggioranza nella magistratura e di poter influenzare per sempre, attraverso una falsa narrazione, media e opinione pubblica. Il procuratore generale di Firenze Marcello Viola, stimato magistrato conservatore, citato nelle famigerate intercettazioni dell'hotel Champagne all'interno del Palamara-gate, è, infatti, il nuovo capo della Procura di Milano, sino a ieri feudo incontrastato delle toghe progressiste dai tempi di Tangentopoli.

     

    SEBASTIANO ARDITA SEBASTIANO ARDITA

    Ha sconfitto il candidato di sinistra, Maurizio Romanelli, aggiunto milanese, considerato da tutti un gran signore, ma privo dei titoli necessari per la nomina, e il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, unanimemente apprezzato come fine giurista. Viola ha incassato 13 voti, sufficienti a evitare il ballottaggio contro Romanelli (6). A sceglierlo non sono stati solo i consiglieri della sua corrente, Magistratura indipendente o i gemelli diversi Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, entrati nel parlamentino dei giudici sotto le insegne di Autonomia&indipendenza, ma anche tutti i consiglieri laici: i tre dei 5 stelle, i due della Lega e i due di Forza Italia, che a nostra memoria non si erano mai trovati tutti d'accordo su scelte così delicate.

    antonino di matteo antonino di matteo

     

    Pure in occasione del voto per il procuratore di Roma, Giuseppe Lo Voi, si erano astenuti i laici della Lega e uno dei 5 stelle. In questo caso non si è schierato solo il vicepresidente del Csm, David Ermini, entrato in quota Pd. Astenuti anche il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, il Procuratore generale Giovanni Salvi e il consigliere di A&i Giuseppe Marra.

     

    franco lo voi franco lo voi

    Dopo la nomina Viola ha dichiarato alla Verità: «Il voto di tutti i laici mi gratifica. Sono onorato per la fiducia che mi è stata concessa e sono consapevole della difficoltà per un incarico che richiede il massimo della responsabilità. Posso assicurare che ci metterò tutto l'impegno, come ho sempre fatto ogni volta che ho dovuto ricoprire un nuovo incarico».

    Ha anche detto: «Il mio primo commosso pensiero è andato a Giovanni Falcone e al mio maestro e amico Paolo Borsellino. Con lui c'era un rapporto personale di grande affettuosità».

     

    luca palamara foto di bacco (2) luca palamara foto di bacco (2)

    Alla fine, sotto le macerie dell'hotel Champagne, è rimasto il cartello delle toghe progressiste. Area, così si chiama l'alleanza ormai di sistema tra le correnti di Md e dei Verdi, sta scomparendo dalla cartina del potere giudiziario. Una sorta di nemesi storica dopo che, con una certa spregiudicatezza, aveva cavalcato la più grande e impunita fuga di notizie che si ricordi, quella sulle intercettazioni dell'hotel Champagne quando Luca Palamara, il giudice in aspettativa e parlamentare Pd, Cosimo Ferri, il collega parlamentare Luca Lotti e cinque consiglieri del Csm delle correnti moderate di Unicost e Mi si erano riuniti per discutere della nomina del Procuratore di Roma.

     

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    Su pochi giornali «democratici» uscirono le captazioni, in parte manipolate, e coperte da segreto che azzopparono la corsa di Viola, in quel momento Procuratore di Roma in pectore dopo il voto a lui favorevole in quinta commissione. Fu travolto senza colpe, senza aver partecipato ad alcun intrigo. Nelle scorse settimane Di Matteo al Csm aveva ricordato: «La frase di Lotti, quel "si vira su Viola", sembrava quasi un'esortazione, mentre è stato accertato che la frase era diversa "si arriverà su Viola?"».

    luca lotti foto di bacco (1) luca lotti foto di bacco (1)

     

    Aggiungendo poi: «Non bisogna essere ipocriti: Viola è stato ingiustamente penalizzato».

    Questo non è bastato a farlo vincere a Roma, dove si è insediato Lo Voi. Ieri Di Matteo è tornato alla carica: «Non c'è nessuna intercettazione in cui Viola sia stato interlocutore dei partecipanti (dello Champagne, ndr), non risulta da nessuna parte che abbia svolta un'attività di autopromozione per quell'incarico o un altro. È stato citato da terzi e di quella situazione è stato e non potrà essere a vita, se non con profonda ingiustizia, vittima».

     

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    In aggiunta ha rammentato le intercettazioni in cui terzi peroravano una conferma di Romanelli ad aggiunto della Dna e le conversazioni telefoniche di Amato con soggetti che avrebbero avuto qualche disavventura giudiziaria. Quindi con sottile perfidia ha dichiarato: «In questo momento storico alla Procura di Milano è fondamentale privilegiare l'esigenza di dare discontinuità». Cioè la stessa parola d'ordine con cui Palamara & c. avevano giustificato la candidatura di Viola a Roma: discontinuità. Nella Capitale il cambio di passo è fallito, a Milano no.

     

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    Alla fine, comunque, il risultato è che le due principali Procure d'Italia sono guidate da due esponenti di Magistratura indipendente. Infatti anche Lo Voi, pur considerato nel 2019 un candidato in «continuità» con Giuseppe Pignatone, proviene ed è stato sostenuto nella recente corsa a capo degli inquirenti capitolini dalla corrente più conservatrice (relatore della sua proposta è stato il laico di Forza Italia Alessio Lanzi) e in questo momento maggioritaria tra le toghe. Insomma il terremoto dello Champagne è servito solo a dare coraggio alla maggioranza silenziosa.

     

    giuseppe pignatone giuseppe pignatone

    Per Area è stata una débâcle su tutta linea. A Milano i suoi consiglieri sostenevano, come detto, Romanelli, mentre a Roma, dopo aver inizialmente candidato Lo Voi, avevano virato, loro sì, su Michele Prestipino, salvo mollarlo al suo destino dopo la bocciatura del Consiglio di Stato.

     

    A dicembre il membro più rappresentativo di Area al Csm, Giuseppe Cascini, aveva denunciato l'ingloriosa ritirata dei suoi, criticando la scelta di escludere dalla rosa delle proposte Prestipino e invocando «un sussulto di dignità e di autorevolezza, che purtroppo da troppo tempo manca».

     

    GIUSEPPE CASCINI GIUSEPPE CASCINI

    Ieri sia lui che la collega Alessandra Dal Moro si sono battuti per evitare la peggiore delle sconfitte, la conquista da parte di Mi della Procura di Milano con l'ex candidato (a sua insaputa) dell'hotel Champagne. Cascini, quando ha compreso che gli altri consiglieri non erano interessati al dibattito che tanto gli premeva, ha preso la parola e ha accusato i colleghi di accidia.

     

    Con il tono di un Marco Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare si è detto stupito perché anche «chi ha posizione spesso simili» alle sue «nella valutazione della gravità della vicenda» dello Champagne non veda «il profilo di caduta di credibilità e immagine della magistratura che quella cosa ha consegnato, cioè un magistrato che viene scelto perché esplicitamente i conversanti dicono: "Fa tutto quello che dice Cosimo"». Ovvero quello che per lui è l'uomo nero, l'ex leader di Mi, Ferri.

    francesco e giuseppe cascini francesco e giuseppe cascini

     

    Quindi ha insistito: «Viene nominato Procuratore di Milano quello che in una serata di tre anni volevano nominare procuratore di Roma e quelli che lo volevano fare sono stati chi buttato fuori dalla magistratura o chi condannato a sanzioni severe». L'inutile filippica di Cascini non ha prodotto nulla, se non, forse, il godimento dei suoi bersagli. Il consigliere, fermo con l'orologio al maggio 2019, sembrava non essersi accorto di essere rimasto solo nella sua crociata. Neppure i giornali che tre anni fa riprendevano ogni suo fiato lo hanno sostenuto in questa ultima battaglia solitaria.

     

    marcello viola procuratore generale firenze 1 marcello viola procuratore generale firenze 1

    Da allora anche Md si è spaccata, dopo che nelle chat di Palamara era spuntato pure il nome di Cascini, per peccati veniali come la richiesta di un biglietto gratis per lo stadio o la ricerca di informazioni sui voti al Csm riguardanti il fratello magistrato o altri colleghi della sua corrente. Per il leader di Area solo lo Champagne è un «problema insuperabile», che non si può perdonare. Ha combattuto sino all'ultimo contro la nomina di Viola anche la Dal Moro che sul filo del gong ha sferrato l'ultimo colpo sotto la cintura, accusando il neoprocuratore di Milano di non aver preso pubblicamente le distanze dall'incontro dell'hotel romano.

     

    piero amara piero amara

    Ma alla Verità il magistrato siciliano smentisce questa ricostruzione: «Io ho fatto una scelta istituzionale, quella di rispondere nelle sedi opportune e non sui media. Quando il Consiglio mi ha convocato, nell'ottobre 2019, in quella prima occasione, ho preso le distanze in maniera fortissima, ho detto che non c'entravo nulla, che non avevo nulla da spartire con quella riunione e che mi dichiaravo estraneo, anzi mi dichiaravo persona offesa».

     

    Viola, che ha detto di «contare sulla collaborazione dei colleghi», adesso si troverà a guidare una Procura ridotta in macerie dal caso Amara. Il suo primo compito sarà quello di provare ad abbattere gli steccati tirati su dai colleghi progressisti e ricompattare un ufficio dove lo scollamento tra l'elite dirigenziale e la platea dei peones era diventato un fosso incolmabile.

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