MARIA FALCONE
“LUSSO RILASSANTE” CHE FA RIMA CON “CENA ELEGANTE" - LA SATIRA FEROCE DI CAPPELLANI SULLA LIAISON BOCCASSINI-FALCONE - "UNO SI IMMAGINA FALCONE, PER TUTTO IL TEMPO, CON GIANNA NANNINI NELL’ORECCHIO E I CAPELLI RICCI DELLA BOCCASSINI NEL NASO CHE GLI PRUDONO, COL BRACCIO ADDORMENTATO E LA BOCCASSINI CHE SI STRUSCIA E CANTICCHIA. MA C’E’ UNA DOMANDA CHE MI FRULLA IN TESTA...
Lettera di Maria Falcone a "la Sicilia"
Finora ho preferito evitare commenti su una vicenda che mi ha molto amareggiata, ritenendo che il silenzio, di fronte a parole tanto inopportune, fosse la scelta più sensata. Quando, però, si supera il limite e si arriva, forse paradossalmente con fini opposti, a commenti inappropriati che scadono nella ridicolizzazione è, secondo me, impossibile non replicare.
ILDA BOCCASSINI LA STANZA NUMERO 30
Quel che allarma innanzitutto è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti (che si sostiene essere stati autentici), poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che - ne sono certa- avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda.
Quanto al commento ospitato dal vostro giornale, del quale non riesco bene neppure a comprendere il senso - forse voleva essere una critica al libro della dottoressa Boccassini, ma anche leggendolo più volte non è chiaro - mi pare si sia superato il limite.
UNA GIOVANE ILDA BOCCASSINI
Questo immaginare scenette da sit-com di basso livello, questo descrivere due persone, che hanno fatto della compostezza e della riservatezza regole di vita e che sono state uccise per difendere la democrazia nel nostro Paese, come ridicoli protagonisti di un romanzetto di quart’ordine è vergognoso. In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare.
Maria Falcone
giovanni falcone
Risposta de "la Sicilia" a Maria Falcone
Di fronte ai sentimenti - dolore, rabbia, sconcerto - di Maria Falcone e di tutte le vittime della violenza mafiosa non ci sono mai risposte da dare, ma solo rispettoso silenzio, oltre alla ovvia precisazione, in questo caso, che nessuno - neanche un autore dai toni pulp e provocatoriamente sempre sopra le righe qual è Ottavio Cappellani, nella sua settimanale rubrica satirica ospitata da La Sicilia - voleva offendere la memoria di eroi di questo martoriato Paese. Poi è giusto chiedersi quale debba essere il confine è della satira. Se questa volta si ritiene che lo sia superato, urtando la sensibilità altrui, i primi a dispiarcene siamo noi.
Risposta di Ottavio Cappellani a Maria Falcone
Alla signora Falcone rispondo, con rispetto e con l’affetto che porto a chi si batte da anni per una Sicilia migliore. Innanzitutto sono onorato che abbia voluto rispondere a me e non alla Boccasini. Anche se Le assicuro che non ho mai avuto momenti di intimità con suo fratello e se li avessi avuti avrei taciuto. Lei reputa “vergognosa” la mia satira.
Le riporto un paio di frasi dal pezzo incriminato: “E niente. Da quando è venuta fuori questa cosa della Boccassini e di Falcone c’è una domanda che mi frulla in testa, che in realtà non è una domanda, ma una battuta, un “joke”, un “punch”, della quale io stesso mi vergogno, come se ci fosse un pazzo battutista che si è impadronito del mio cervello e mi suggerisce cose indicibili...”, “Perché poi io mi ritrovo, vergognandomi, a pensare che è stata la Bocassini a dare la stura alla faccenda, non io...”, “ma non è colpa mia se ci penso, ma della Boccassini, e nonostante questo non riesco ad assolvermi...”.
CAPPELLANI
Cara signora Falcone, apparteniamo a due mondi retorici differenti: il mio mondo “comprende” (anche in termini matematici di insiemi e sottoinsiemi) il Suo, il Suo mondo non comprende il mio. Ma è una questione, appunto, di retorica: Le assicuro che i fini, più o meno, sono gli stessi.
Ma non si può chiedere alla satira di vergognarsi perché essa ti supera e satireggia anche sulla vergogna, su quella altrui e sulla propria.
RinnovandoLe la mia stima e il mio affetto.
Suo Ottavio Cappellani
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