Lucia Esposito per “Libero quotidiano”
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Fino a ieri sera l' ultimo era Sergio Saccà, 66 anni, oculista al San Martino di Genova. Il 15 dicembre è morto Wilmer Boscolo, medico di base a Porto Tolle (Rovigo), il 12 il virus ha ucciso Giovanni Ferraro, anche lui medico di famiglia. Un elenco che non finisce più. Una spoon river cominciata l' 11 marzo quando il dottor Roberto Stella, presidente dei medici di Varese, fu stroncato dal Covid. «Siamo qui per combattere», furono le sue ultime parole.
Da allora sono morti 260 medici, uccisi da quel virus contro cui fino a pochi giorni prima avevano combattuto dall' altra parte del letto. Molti di loro erano già in pensione e avevano deciso di indossare nuovamente il camice bianco. Altri erano da mesi sul fronte dell' emergenza, in prima linea, all' inizio senza mascherine né guanti.
In Italia i medici continuano a morire come nei primi mesi dell' emergenza. E così Conte e compagni hanno inanellato un altro poco invidiabile record in Europa. Dopo il numero più alto di morti di Covid (oltre 66mila), anche quello dei medici vittime del virus: 260. In Francia sono 50 (di questi solo 5 lavoravano in ospedale). In Spagna sono 70 (a luglio erano 61, mentre noi eravamo già a quota 178), in Inghilterra 36 e in Germania solo 22.
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tra tv e anonimato I nostri medici li abbiamo acclamati come eroi per il tempo di un carosello sui balconi e poi li abbiamo dimenticati. Eppure, mentre ogni giorno in tv i soliti virologi discettano e si accapigliano per un minuto di celebrità, nei nostri ospedali migliaia di dottori in silenzio e molti per pochi soldi, mettono a rischio la propria vita per strappare alla morte quella dei malati.
Duecentosessanta è un numero impressionante che, senza interventi, è destinato a crescere ancora. Per questo il segretario generale del sindacato dei medici, Pina Onotri, ha scritto una lettera a Conte. «Qualcosa non ha funzionato nella prima ondata della pandemia, dove siamo stati colti tutti di sorpresa e continua a non funzionare oggi, nonostante avremmo dovuto essere più preparati.
La conclusione a cui si giunge è che si continua a lavorare non in sicurezza, considerando che abbiamo più vittime tra coloro che svolgono attività ordinaria piuttosto che tra quelli che lavorano nei reparti di malattie infettive. La metà delle vittime è rappresentata da medici di famiglia, guardie mediche o dottori del 118, quelli che l' informazione, anche istituzionale, etichetta come nullafacenti, recalcitranti dinanzi alla loro missione.
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Medici che rinunciano ai riposi, con reperibilità di sette giorni su sette per dodici ore al giorno. Non pretendiamo gratitudine o ringraziamenti, ma chiediamo tutele e il doveroso rispetto che uno Stato dovrebbe avere nei confronti dei suoi caduti, nei confronti di coloro che ogni giorno onorano il giuramento che hanno prestato, anche a costo della vita», conclude Onotri.
«In un manuale per la gestione del Covid che ci era arrivato da un' università cinese si diceva di lasciare i medici in turno per un massimo di quattro ore», spiega Giovanni Leoni, vicepresidente della Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
«Noi facciamo turni per almeno otto ore e ovviamente il rischio di contagio aumenta. Inoltre, paghiamo il blocco delle assunzioni. La carenza del personale medico trova le sue origini nei progressivi ed implacabili tagli del 1,4 % decisi dal governo Monti e sempre confermati dai governi successivi. Se noi facessimo un giro nei reparti di medicina, malattie infettive e pneumologie, troveremo gli stessi medici di prima, anzi meno, perché nel frattempo qualcuno è andato in pensione o perché alcuni si sono dimessi dall' ospedale pubblico, diventato meno attrattivo».
gli infermieri Accanto ai medici ci sono gli infermieri, anche loro celebrati e osannati la scorsa primavera e poi lasciati soli.
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Cinque si sono ammazzati, non hanno retto al peso del dolore, alle decine di persone che hanno visto morire senza fiato e senza carezze.
Cinquantasei sono stati uccisi dal Covid, altri 28mila sono stati contagiati mentre svolgevano il loro dovere. Anche loro sottoposti a turni massacranti, sottopagati e all' inizio della pandemia senza le protezioni adeguate.
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Mandati al massacro. Risuonano come schiaffi le parole del viceministro della Salute, il medico chirurgo Pierpaolo Sileri che ha denunciato l' inefficienza e l' incompetenza del suo ministero. «Qui ci sono una sciatteria e un pressapochismo generalizzati, persone che hanno mandato a morire centinaia di medici e infermieri, ai quali nessuno ha mai fatto un corso o eseguire una esercitazione».
La pandemia è una guerra, medici e infermieri sono i nostri soldati. Da loro pretendiamo dedizione, sacrifici e coraggio. Chiediamo professionalità e umanità nell' ultimo sguardo ai malati che muoiono lontani dai loro affetti. In cambio diamo rischi e incertezze. È come se il nostro esercito venisse spedito su un fronte di guerra senza munizioni. I nostri medici resistono, ma ora domandano al governo tutele e garanzie.
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Speranza tace. E intanto il lugubre l' elenco dei medici caduti in missione continua ad allungarsi.
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