1 - CORONAVIRUS LOMBARDIA, IL PICCO DI 8000 CONTAGI DA EVITARE ENTRO IL 22 MARZO
Simona Ravizza per www.corriere.it
ATTILIO FONTANA IN VIDEOCONFERENZA
Dietro le scelte della politica ci sono numeri su cui riflettere. Gli ultimi aggiornamenti di giovedì danno per la Lombardia 2.251 casi positivi al tampone, 1.169 pazienti ricoverati in ospedale, 244 in Terapia intensiva, 98 deceduti. Non finisce qui. L’impegno di tutti noi chiamati a seguire responsabilmente le misure utili a fermare la corsa del virus, tra bambini che non vanno a scuola e divieto di sovraffollamenti, serve a evitare il picco di contagi.
La stima, solo per la Lombardia, è di ottomila nuovi ricoveri in ospedale entro il 22 marzo, di cui 1.250 gravi e 400 in Terapia intensiva. Sono previsioni elaborate su modelli matematici dagli esperti dell’Unità di crisi che rischiano di avverarsi se falliscono le misure di contenimento. Non sono dati che ci devono allarmare, ma importanti per orientarci nelle scelte quotidiane: ciascuno deve limitare il più possibile le occasioni di contagio e chi è anziano (o fragile) deve restare in casa.
attilio fontana si mette la mascherina
La matematica dei contagi, che ormai ci accompagna quotidianamente, è utilizzata dagli esperti per capire l’evolversi della curva epidemiologica. Dietro gli annunci del governatore Attilio Fontana dell’assessore alla Sanità Giulio Gallera ci sono numeri che messi in fila uno dopo l’altro non possono lasciarci indifferenti. L’evoluzione dei casi, aggiornata al 3 marzo perché le statistiche vengono elaborate su dati consolidati:
un contagiato giovedì 20 febbraio,
poi 33 il 21,
114 il 23,
172 il 24 (più 51%),
240 il 25 (più 40%),
305 il 26 (più 27%);
403 il 27 (più 32%),
GALLERA E ATTILIO FONTANA
531 il 28 (più 32%),
615 il 29 (più 16%),
984 il primo marzo (più 60%),
1.245 il 2 (più 27%) e
1.520 il 3 (più 22%).
Il 12% sono operatori sanitari. Per il 23% i malati sono della «Zona Rossa» che coincide con il Lodigiano, il 6% di Nembro e Alzano, il 5% di Cremona e il 66% del resto della Lombardia a riprova che il Coronavirus si è allargato ovunque.
L’aumento dei positivi al tampone va di pari passo con gli ospedali che si riempiono, mettendo sotto stress i Pronto soccorso, i reparti costretti a sospendere le attività di ricovero ordinarie e le terapie intensive e sub-intensive dove finiscono dal 10 al 15% degli ammalati. Per capire di cosa stiamo parlando basta vedere i dati in serie.
Crescita del numero di ricoverati non in terapia intensiva dal 24 febbraio:
77,
104 (più 35%),
105 (più 1%),
172 (più 64%),
235 (più 37%),
256 (più 9%),
478 (più 87 %),
698 (più 46%).
E ancora i pazienti in Rianimazione da lunedì 24 febbraio:
21,
24 (più 14%),
25 (più 4%),
41 (più 64%),
57 (più 39%),
80 (più 40%),
106 (più 33%),
ROBERTO BURIONI
129 (più 22%),
167 (più 29%).
Di qui la necessità di aumentare la capacità recettiva del sistema sanitario. Servono 200 nuovi posti in Rianimazione, 100 in Terapia sub-intensiva, 150 in pneumologia, 100 nelle Malattie infettive.
Di qui anche la raccomandazione all’auto-isolamento di tutti sintomatici: «Se hai la febbre stai a casa!», è l’invito rivolto a ciascuno di noi. Sembra una raccomandazione banale ma evidentemente, se continua ad essere ripetuta, è perché c’è il dubbio che in troppi non la seguano.
2 - GLI ESPERTI E LA CONTESA SUI DATI
Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
attilio fontana si mette la mascherina 2
Messi in fila i numeri alimentano il pessimismo: c'è un incremento del 20 per cento, in un solo giorno, dei pazienti in terapia intensiva; del 30 per cento di quelli che finiscono in ospedale; del 35 per cento dei morti. Con un dato che non ha pari nel resto del mondo: il tasso di letalità supera il 3,8 per cento. Di questo passo, le attuali politiche di contenimento del contagio rischiano di risultare tardive e inefficaci, il sistema sanitario non reggerà.
Ma come vanno letti questi numeri? Il direttore dell'Istituto di Microbiologia e Virologia dell'Università di Padova, Andrea Crisanti: «Anche con le ultime decisioni di contenimento rischiamo di arrivare tardi. Questa emergenza è stata gestita come un terremoto o un'alluvione, ma questo è altro. Non possiamo dire facciamo ripartire il sistema economico, mentre siamo sotto un bombardamento.
coronavirus mappe
Dobbiamo pensare solo a fermare l'epidemia, ad altro non si può pensare. In Italia abbiamo 5.000 posti di rianimazione, sono tantissimi, nessuno ne ha tanti in Europa, possiamo arrivare ad 8.000. Ma qual è l'impatto di questa epidemia? Un esempio: in Lombardia abbiamo già 200 posti di terapia intensiva occupati, è una cosa gigantesca, rischia di saltare il sistema. La loro capacità di riserva la stanno già esaurendo. Lo stesso rischia di succedere in tutta Italia. A un certo punto l'anestesista dovrà scegliere chi mandare in rianimazione e chi no, con problemi etici gravissimi».
L'epidemia che avanza ci lascerà senza medici e infermieri che finiscono in quarantena. «Ci sono direttive pensate da chi non capisce cosa succede sul campo. Rischiamo ogni giorno di chiudere reparti negli ospedali e mettere in quarantena decine di medici e infermieri, è un'autentica follia.
CONFERENZA STAMPA REGIONE LOMBARDIA
Sarebbe più logica una sorveglianza costante, con i tamponi giornalieri, ma lasciando lavorare il personale asintomatico». Secondo Crisanti è stato anche sbagliato limitare il numero dei tamponi ai soli sintomatici con collegamenti con le zone osse. «Una follia». In sintesi: i numeri confermano che il sistema rischia di non reggere l'onda d'urto dell'avanzata dell'epidemia. «Questa è una battaglia per la salute, non per l'economia», ribatte Crisanti.
L'analisi dei numeri però non porta tutti alle stesse conclusioni. Anzi: tutti concordano che bisogna salvare il sistema sanitario da un'ondata di richieste di posti per terapia intensiva, ma con una valutazione meno catastrofica dell'avanzata e degli effetti del coronavirus. Come il direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, che però premette: «Vorrei che fosse chiaro che la mia non è una sottovalutazione di quanto sta succedendo».
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Ma? «Mi sono riguardato la lezione che faccio agli studenti sulle polmoniti comunitarie. Negli Stati Uniti ci sono 2-3 milioni di casi, con 500mila ospedalizzazioni e 45mila morti. L'epidemiologia europea dice che abbiamo una incidenza tra 1,1 e 4 casi ogni mille abitanti e il 20 per cento viene ospedalizzato, rappresentano la sesta causa di morte al mondo. È chiaro che bisogna contestualizzare ciò che stiamo vedendo. Io non sono preoccupato dal numero complessivo di positivi, ma dal fatto che un numero così alto sia arrivato in un periodo così breve.
Il sistema sanitario può reggere un'onda lunga, ma non un'onda altissima. Bisogna cercare di evitare di guardare gli asintomatici, ma concentrarci sui casi più gravi di polmonite. Lo ripeto: dovremmo utilizzare le forze su cui arriva in ospedale con polmoniti che non hanno una spiegazione». La letalità in Italia è al 3,8 per mille. C'è da spaventarsi. «Non posso non vedere - continua Bassetti - alcuni numeri: Giappone 6 su 360 casi, Corea 35 su 6.000, Germania 0 su 482, Francia 6 su 377. In Italia secondo me c'è un modo di contare i morti per coronavirus sbagliato. Contiamo chi muore con il coronavirus, non per il coronavirus. Che senso ha? Gli altri paesi non lo fanno».
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IL CONTO DEGLI ASINTOMATICI
C'è un altro tema, spiega l'infettivologo di Genova: «In linea di massima, noi abbiamo così tanti morti su 3.800 casi e appare dunque un tasso di letalità alta. In realtà, non rilevati, ci sono molti più contagiati, asintomatici. Altrimenti non si spiega come mai in Italia vi sia un tasso di letalità più alto di quello della provincia di Hubei, dove il sistema sanitario era andato in crisi. Ma lo ripeto: non voglio essere banalizzante su questa malattia, è un problema importante, ma il tasso di letalità attuale è viziato da una modalità di rilevazione delle morti e dal fatto che c'è una infezione che ha viaggiato sotto traccia».
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