Paolo Salom per il "Corriere della Sera"
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Adesso cita Che Guevara, mostrandosi in mezzo alla giungla in tenuta nera da battaglia, un grande fucile d' assalto a tracolla: «La rivoluzione non è una mela che cade quando è matura. Devi farla cadere tu».
Otto anni fa, Htar Htet Htet percorreva invece i più comodi sentieri dei concorsi di bellezza: le passerelle dove si faceva ammirare in rappresentanza del suo Paese, il Myanmar (ex Birmania).
Da miss a guerrigliera: il passo sorprendente è arrivato a cento giorni dal golpe nel Paese delle mille pagode che ha cancellato dieci anni di governo democratico e la speranza di aver chiuso con il regime militare.
Ora il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, trionfatrice alle elezioni di novembre, è agli arresti, come tutti i suoi ministri e collaboratori. Mentre i birmani affrontano nelle strade le pallottole di poliziotti e soldati impegnati a reprimere nel sangue ogni manifestazione di dissenso.
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Lei, Htar Htet Htet, 32 anni, di professione istruttrice di ginnastica, ha lasciato la sua casa per raggiungere le aree controllate da un non precisato esercito ribelle di una minoranza etnica.
«È venuto il momento di combattere - ha scritto sulla sua pagina Facebook, dove le foto posate rincorrono quelle da ribelle in armi -. Sono pronta a fare tutto quello che è nelle mie possibilità. Anche a costo della vita se necessario».
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Finora, le manifestazioni anti regime sono state pacifiche: migliaia di giovani, professionisti, monaci e monache buddhiste, suore cristiane hanno provato a opporsi ai militari per le strade delle maggiori città birmane.
Ma il prezzo è stato altissimo: quasi 800 morti ufficiali, molto di più secondo le organizzazioni umanitarie. Gli uomini del regime hanno sparato contro la folla inerme, i video postati online mostrano scene terribili: pestaggi, esecuzioni sommarie, cadaveri trascinati sull' asfalto a mo' di monito.
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Con il Paese sull' orlo del collasso, paralizzato da scioperi e interruzione di tutti i servizi, c' è chi ha scelto di prendere le armi, unendosi agli eserciti etnici impegnati a combattere il regime militare.
Htar Htet Htet non ha esitato a gettarsi alle spalle una vita di agi per «fare la sua parte». «La rivoluzione potrà avere successo - ha scritto ancora - se tutti daranno un contributo. Non importa se imbracci un fucile, se usi una penna, la tastiera o se semplicemente doni denaro al movimento pro democrazia: ogni singolo gesto è utile alla causa».
Htar Htet Htet aveva rappresentato il suo Paese in un concorso in Thailandia nel 2013, intraprendendo poi la tipica carriera delle reginette di bellezza: qualche pubblicità, qualche parte da attrice tv, per poi fare della sua passione per la forma fisica una professione. La trasformazione in guerrigliera è avvenuta gradualmente, osservando i drammatici eventi che hanno cambiato - nello spazio di pochi giorni - il destino della Birmania.
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Htar Htet Htet ora vive in una palafitta nel fitto della foresta pluviale. Si addestra a combattere e ribadisce il motto di Aung San Suu Kyi: «L' unica vera prigione è la paura, e l' unica vera libertà è la libertà dalla paura».
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