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La dottoressa Cristina Longhini, ospite a "Dritto e Rovescio", racconta la sua esperienza da farmacista in prima linea per la lotta alla pandemia. La sua è una posizione ben chiara nei confronti dei No vax: figlia di una della vittime Covid trasportate nel marzo del 2020 dai mezzi dell'esercito, la farmacista rifiuta di fare il tampone a chi è renitente all'iniezione. «Io farò i vaccini ma non i tamponi», dice decisa a Paolo Del Debbio.
Suo padre è morto il 19 marzo 2020, il suo corpo era tra quelli trasportati dai mezzi dell'esercito a Bergamo. «Mio padre era tra le bare portate dall'esercito. Dieci giorni di agonia, non c'era un'ambulanza, abbiamo fatto appelli sui social di tutti i tipi, abbiamo trovato l'unico medico che è venuto a visitarlo», «è stato portato in ospedale, 10 giorni dopo è morto», dice la farmacista. «Mi sono posta come farmacista vaccinatrice, ma non mi sono presa la briga di fare i tamponi perché non vogliamo sottoporci a una valanga di persone potenzialmente positive».
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«Per questo - continua la dottoressa - ho deciso di fare solo i vaccini, negli ultimi tempi tutti quelli che volevano un tampone avevano un'aggressività unica. Ci dicevano: "tu devi farmi un tampone perché io il lavoro non voglio perderlo". La mia scelta dunque deriva dal fatto che subire tutta questa rabbia e questo odio fa male. Le persone hanno paura di quello che non conoscono. La maggior parte non hanno capito come funziona e agisce il vaccino e quindi hanno paura di cose insensate».