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    ARRIVA UNA BARCA CARICA CARICA DI…COCAINA – LA STORIA DI COME UN CATAMARANO IN AVARIA CHE TRASPORTAVA MEZZA TONNELLATA DI DROGA HA CAMBIATO PER SEMPRE SÃO MIGUEL, NELLE AZZORRE: ERA IL 2001 QUANDO LA COCAINA NON TAGLIATA FINI', IN CONFEZIONI DI PLASTICA GRANDI COME MATTONI, FRA CALETTE, GROTTE, RETI, E IN MARE – IN POCHI MESI CI FU CHI SI ARRICCHI' VENDENDOLA, CHI SI DISTRUSSE SNIFFANDONE FINO A UN CHILO AL MESE, MA ANCHE CHI LA USO' COME FARINA…


     
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    Chiara Pizzimenti per "www.vanityfair.it"

     

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    La prima volta che gli abitanti di Pilar da Bretanha, frazione nel Nord Ovest di São Miguel, isola delle Azzorre, vedono la barca bianca che avrebbe cambiato la storia dei suoi abitanti, è il 6 giugno del 2001. Il problema non è la barca, ma quello che porta: cocaina in una forma e una tale quantità mai visto prima.

     

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    Il britannico Guardian racconta con un lungo reportage la storia del naufragio di un carico di droga alle Azzorre che sconvolse una generazione e che era già stata l’ispirazione del romanzo di Niccolò Agliardi, Ti devo un ritorno, pubblicato da Salani nel 2017. Il libro sta per diventare anche una serie Tv. Indiana Production ha acquistato i diritti e sta lavorando all’adattamento in 8 puntate con il titolo di Isla Blanca, scritta da Jean Elia con Paolo Bernardelli e con la supervisione dello stesso Agliardi.

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    Nel 2001 un catamarano in avaria, salpato dal Sudamerica e diretto in Spagna, rotta già fatta più volte, viene spinto da correnti, vento e onde fino alle Azzorre. Il timoniere ha quattro documenti, due italiani e due spagnoli, stessa foto, nomi diversi. Quello vero è Antonino Quinci. Questo però si scoprirà dopo.

     

    Con il catamarano non si dirige in uno dei porti delle isole Azzorre, non può con il carico che porta. Lo deve lasciare, almeno temporaneamente. Il carico di migliaia di chili di cocaina non tagliata finisce diviso in confezioni di plastica grandi come mattoni, fra calette, grotte, reti, nel mare. Poco a poco questo «tesoro» riemerge dal mare, colpa di una tempesta, e travolge gli abitanti dell’isola. C’è un’intera generazione che inizia a sniffare e in pochi mesi diventa tossicomane in queste isole nel mezzo dell’Oceano Atlantico. Degli effetti di quella cocaina si parla ancora due decenni dopo.

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    Il 7 giugno del 2001 dei pescatori trovano i primi pacchetti di quella sostanza che sembra farina. Chiamano la polizia che ne conta 270 per un peso di 290 chili. Nei giorni successivi si trovano 500 chili.

     

    Non tutti denunciano la scoperta. È diventata leggendaria la storia di due pescatori che hanno visto l’uomo lasciare la droga e che ne hanno recuperata e fatta girare molta più di chiunque altro. «C’erano persone che vendevano bicchieri di birra pieni di cocaina purissima», ha detto Andre Costa, impresario e musicista del Sud dell’isola. E la vendevano a prezzi bassissimi rispetto al mercato.

     

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    Praticamente per la prima volta alle Azzorre circolava la polvere bianca da sniffare, ma anche un’altra forma di cocaina in cristalli di colore giallo che venivano sciolti nell’acqua e iniettati. C’è chi racconta di aver consumata un chilo in un mese, ma anche chi dice che non sapendo cosa fosse qualche casalinga l’ha usata come farina o zucchero.

     

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    L’uomo del catamarano intanto attende le riparazioni per la sua imbarcazione e il momento giusto per recuperare il carico. Non sa che la polizia lo tiene d’occhio. Jose Lopes, l’ispettore incaricato dell’indagine, è certo che la cocaina sia arrivata per mare. Non è difficile capire quale imbarcazione può averla portata e nemmeno tenere sotto controllo l’arrivo, in aereo, del nipote di Quinci, Vito Rosario, probabilmente il contatto con l’organizzazione spagnola che gestisce il narcotraffico e che non ha n mare solo la barca ferma alle Azzorre.

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    Su questa, i poliziotti salgono il 20 giugno trovando le mappe dei viaggi dell’uomo e anche 960 grammi di cocaina nascosta. Da qui l’arresto di Quinci che sembra più preoccupato per aver perso la cocaina che per le manette in un primo momento. Il problema della polizia diventano però i fiumi di droga che scorrono nell’isola.

     

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    Mariano Pacheco, medico all’ospedale di Ponta Delgada, racconta di decine di persone ricoverate per coma indotto dalla droga. «Molti non ce l’hanno fatta». Quando, un mese dopo, ci sono le prime morti per overdose è ormai troppo tardi per dare l’allarme e l’uomo che ha portato la morte sull’isola è già riuscito a fuggire dal carcere e a rifugiarsi a casa di Rui Couto, a 26 miglia da Ponta Delgada, dove  viene preso quando ormai è già pronto per ripartire con una nuova imbarcazione fatta arrivare per lui da Madeira.

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    L’uomo che aveva cambiato la vita dell’isola è in manette e rimane in carcere per 10 anni. A São Miguel resta il resto: persone diventate ricche vendendo la droga, che hanno creato attività lecite ancora attive e persone distrutte da quella droga così potente. Secondo gli esperti europei del narcotraffico la via fra i Caraibi e le Azzorre è delle principali ancora oggi del traffico internazionale.

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