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Michele Gravino per il Venerdì- la Repubblica
Chi ha detto che il romanzo d'appendice ottocentesco non esiste più? Il libro di Fabio Modugno, in uscita il 5 ottobre per Mondadori, avrebbe tutti gli ingredienti del genere. Un ragazzo che scopre di essere figlio di un uomo ricco e famoso. Un patrigno cattivissimo, violento e smodato come un orco.
Una madre in apparenza svagata ma dalla volontà d'acciaio. E un titolo fatto di una parola sola, una parola che non si usa quasi più e che proprio per questo ha il potere di evocare tutto un groviglio di rapporti e sentimenti: Fratellastri.
Solo che la storia non si svolge nelle nebbie della Londra dickensiana ma tra le terrazze e i locali notturni della Roma Nord di 20-30 anni fa, con le sue appendici vacanziere: Panarea, Castiglioncello, Formentera... E soprattutto è una storia vera.
Nel 1987 Fabio Camilli è un attore venticinquenne di buona famiglia, un po' rissoso, parecchio narcisista, quando riceve una telefonata sconvolgente: un'ex fidanzata gli dice che sta avendo una storia con l'amico comune Marcello Modugno, figlio di Domenico, e che ha notato una somiglianza tra loro due.
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Ma quando gliel'ha fatto notare, Marcello è andato su tutte le furie, le ha fatto giurare di non dire niente a nessuno per poi rivelarle che sì, Fabio è effettivamente il suo fratellastro. È nato da una relazione tra il grande Mimmo e una ballerina, Maurizia Calì. Entrambi erano già sposati e hanno tenuto il segreto: per tutti Fabio è figlio di Romano Camilli, potente capo ufficio stampa del teatro Sistina e marito di Maurizia, con cui ha già una figlia. Per Fabio è come scoprire "di essere figlio di Batman o di Topolino".
A quel padre monumentale, già molto malato, che pure sapeva di lui, non avrà mai l'opportunità e il coraggio di avvicinarsi. Ma con i tre figli legittimi di Modugno, e in particolare con Marcello, suo coetaneo, si riconoscerà, creando un rapporto di amicizia e collaborazione professionale che somiglia molto alla fratellanza.
Destinato però a interrompersi quando, già diversi anni dopo la morte di Domenico, Fabio deciderà di rendere pubblica la storia. Il libro si interrompe qui: Marcello gli piomba in casa accusandolo di essere un cacciatore di eredità, Fabio lo caccia via. Da allora parleranno solo tramite avvocati. La battaglia legale durerà vent'anni e si concluderà solo nel 2019, con una sentenza della Cassazione che acquisisce la prova del Dna e stabilisce che Fabio è figlio di Domenico. Come chiunque lo veda di persona può confermare: sono identici.
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Anche sulla copertina del libro c'è una sua foto da ragazzo e la somiglianza con suo padre è impressionante: dica la verità, se l'era scattata apposta?
"Ma no, da attore ho cambiato tanti look e in quel periodo avevo i baffi. Poi certo, quando ho portato la foto all'editore è sembrata una scelta naturale. Pensi che qualche mio amico non mi ha nemmeno riconosciuto: hanno pensato che fosse Mimmo, o un effetto grafico che fondeva i due volti".
La somiglianza però non passava inosservata: lei racconta di aver scoperto che nel suo ambiente la voce circolava...
"Ancora oggi, dopo aver visto il libro su Instagram, una vecchia amica mi ha contattato per dirmi di averlo saputo già quando avevamo sedici anni... cioè nove anni prima di me! E allora ripenso a certe serate in cui magari prendevo la chitarra e mi mettevo a cantare. Immagino le risatine, i sussurri. Davvero ero l'unico fesso che non sapeva?".
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E Romano Camilli, l'uomo che considerava suo padre, ha mai saputo?
"Forse aveva dei sospetti, ma non l'avrebbe mai ammesso nemmeno con sé stesso. Era un burbero, sempre incazzato, il terrore del Sistina. Prima di una prima a teatro lo sentivo ringhiare al telefono: "Ah, il ministro vuole due biglietti? E sti cazzi, je dica d'annassene affanculo!".
Verso di me la sua ostilità, il suo rancore si sono manifestati fin da subito, anche con le botte. Era un'epoca meno bambinocentrica, nessuno si aspettava l'attenzione smodata che i genitori di oggi dedicano ai figli. Ma un minimo gesto d'affetto, un incoraggiamento, da lui non li ho mai avuti".
E sua madre? Con lei un chiarimento c'è stato, anche se un po' ambiguo.
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"Ammise senza problemi di aver avuto una storia con Modugno, di considerarlo il suo grande amore. Ma diceva di non sapere se ero suo figlio. Arrivò a dirmi che forse gli somigliavo perché lei in quel periodo aveva voglia di Mimmo, come altri nascono con una voglia di cocomero. Quando era bambina i suoi due fratelli maggiori erano morti in un incidente, e credo che quel dramma le abbia creato attorno una corazza di anaffettività difficile da scalfire".
Una famiglia disfunzionale.
"All'epoca non si diceva così, io la chiamavo una famiglia incasinata di brutto. Per compensare ho sempre cercato l'affetto negli amici, e Marcello era già un amico: ci univano interessi e passioni in comune, lavoravamo tutti e due nello spettacolo, e quando ho scoperto di essere anche suo fratello, beh, mi è sembrato di mettere piede su un continente pieno di possibilità affettive e non solo. Mi facevo castelli in aria, pensavo ai Jackson Five..."
Tutto finisce di colpo nel 2001, quando, con il suo consenso, un giornale svela una storia che ormai conosceva mezza Roma. Da allora qual è stato l'atteggiamento dei suoi fratellastri (e della madre Franca) nei suoi confronti?
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"Chiusura totale. Nessuna dichiarazione pubblica, nessun contatto al di fuori del tribunale. La loro linea è che sono un pazzo, un mitomane".
Durante la lunga vicenda giudiziaria anche lei ha taciuto. Come mai oggi esce allo scoperto?
"Complice una malattia che mi ha costretto a lungo in casa, ho capito che mi piaceva mettere ordine nei ricordi. È stato catartico. Come mi disse la mia analista quando ancora titubavo: devi smettere di crederti superiore, questa storia devi tirarla fuori. Altrimenti rischi di finire come un matto che gira per strada col carrello della spesa gridando: 'Io so' er fijo de Modugno!'. Aveva ragione lei".
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