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    "LA PRIMA COSA CHE HO IMPARATO A 'CUCINARE' ERA IL CRACK" - LA STORIA DI KEITH CORBIN, CHEF PRODIGIO AMERICANO CHE HA IMPARATO A CUCINARE IN PRIGIONE - ARRUOLATO A 13 ANNI NELLA GANG DEL SUO QUARTIERE A LOS ANGELES, LA SVOLTA ARRIVA NEL 2014, DOPO ESSERE USCITO DAL CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA, QUANDO VIENE INGAGGIATO NEL RISTORANTE ALTA ADAMS DI LOS ANGELES: "CI SONO ANCORA GIORNI IN CUI MENTRE STO CUCINANDO RICEVO UN MESSAGGIO CHE DICE CHE UN AMICO, UN FAMILIARE È STATO UCCISO NEL MIO QUARTIERE…"


     
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    Matteo Persivale per il “Corriere della Sera”

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    «La prima volta che sono stato in carcere ero nel ventre di mia mamma, che passò parte della gravidanza dietro le sbarre per questioni di droga. Quando ero un neonato, mio zio mi portava con sé ogni volta che andava a spacciare, il mio pannolino era il nascondiglio ideale per la droga». Da ragazzo, l'unica cosa che sapeva cucinare era il crack, arruolato a 13 anni nella gang del suo quartiere, i Crips di Watts, South Central, Los Angeles, ancora troppo piccolo per fare il gangster e per questo messo al lavoro come «chimico» - si occupava di trasformare la cocaina in cristalli da fumare.

     

    Così fu la prima vita di Keith Corbin, basata su «the hustle», l'arte di arrangiarsi per sopravvivere, una rapina oggi, un po' di spaccio domani, sempre in fuga dai poliziotti, e così via: «La società si aspettava solo fallimenti da me, e la profezia si era avverata». In carcere era quasi nato, e lì sarebbe morto.

     

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    La seconda vita di Keith Corbin è cominciata dove poteva semplicemente finire, in prigione, con la scoperta di una vocazione autentica per la cucina, la cosa che ha cambiato tutto. I ricordi dell'adorata nonna Louella originaria del profondo sud della Louisiana, e i suoi piatti straordinari, repertorio del soul food dei neri, la cucina ad alto tasso d'immaginazione realizzata con ingredienti poverissimi.

     

    La terza vita di Keith Corbin è cominciata nel 2014, scontata la sua pena, con due chef intelligenti e perbene - Daniel Patterson e Roy Choi - decisi a dare una chance a un ex galeotto in libertà condizionata che aveva imparato a cucinare in carcere e l'unica esperienza lavorativa stava sulla sua fedina penale.

     

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    Oggi Corbin è uno degli chef emergenti d'America, che nel ristorante Alta Adams reinventa la tradizione del soul food dei neri basandosi su un'intuizione vincente: «Gli schiavi venivano quasi tutti dall'Africa occidentale: il soul food nasce dalla loro tradizione ancestrale, dai ricordi portati nel Nuovo Mondo. E andando a ben vedere, la verdura e i cereali dell'Africa Occidentale sono molto simili a quelli della California, da lì è nata la scintilla».

     

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    Nomination al premio James Beard, l'Oscar degli chef americani, l'attenzione dei media e adesso un'autobiografia per raccontare le sue tre vite con sincerità assoluta e assoluta allergia alla retorica, California Soul: An American Epic of Cooking and Survival , definito «un notevole memoir, un libro coraggioso» dallo storico Ibram X. Kendi.

     

    Negli anni passati in carcere di massima sicurezza ha visto detenuti di tutte le razze cercare di creare cucina etnica con gli ingredienti disponibili, kimchi coreano con le verdure sbagliate, tamales messicani utilizzando patatine sminuzzate al posto della farina, e i suoi turni nelle cucine sono diventati la sua accademia di cucina da autodidatta.

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    Dopo il suo rilascio, la chance di lavorare nel ristorante LocoL di Choi e Patterson progettato per portare cibo economico e di qualità - e posti di lavoro - nei quartieri difficili di Los Angeles.

    L'ascesa rapidissima, e la promozione a chef di Alta Adams, diventato subito uno dei migliori ristoranti d'America. Tutto bello? Una storia felice di redenzione?

     

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    Sì e no, la retorica non è la specialità di Corbin, che scrive: «Ci sono ancora giorni in cui mentre sto cucinando ricevo un messaggio che dice che un altro amico, un altro mio familiare, è stato ucciso nel mio quartiere. Ogni volta, sento la mia pressione salire, percepisco i sintomi del disturbo da stress post-traumatico. Allora sento d'aver bisogno di uscire a prendere un po' d'aria, e devo ricordare a me stesso di respirare e tornare con la mente al presente, qui e adesso. È proprio questo che intendo quando dico che sarò sempre di Watts».

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