GIOVANNI LINDO FERRETTI
Emanuela Giampaoli per ‘la Repubblica - Bologna’
"Non concordo con il pensiero della maggioranza dei bolognesi, non credo che l’attentato del 2 agosto sia opera di fascisti italiani". Lo dice Giovanni Lindo Ferretti, ex CCCP ed ex CSI, da anni ormai ritiratosi sull’Appennino tosco emiliano, sceso sotto le Torri per inaugurare al Museo della Musica la mostra della fotografa Federica Troisi "Illumina le tenebre", dedicata agli abitanti dell'enclave serba di Velika Hoca in Kosovo, alla quale il musicista partecipa con una serie di testi e di brani musicali.
Parole che suonano come una provocazione alla vigilia dell’anniversario della strage, quando la città è pronta a ricordare ancora una volta la sua ferita più profonda e a raccogliersi intorno ai suoi morti. "Mi dispiace non essere in sintonia con la mia città, quella in cui ho vissuto di più. Quando è successo il 2 agosto io ero ancora un bolognese di adozione, ma io non ci ho mai creduto".
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A convincere il cantante e scrittore è il cosiddetto lodo palestinese, una pista archiviata che in ambito giudiziario contrasta con le sentenze, la matrice neofascista e le condanne definitive di Mambro e Fioravanti.
"In quel momento i palestinesi avevano dei problemi con lo Stato italiano e il fatto che non siano state fatte indagini su tre o quattro personaggi in quei giorni a Bologna mi convince oltremisura. Se almeno si fossero fatte le indagini…".
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Confessa che sono anni che ha smesso di parlare di queste cose. "Tutte le persone che conosco e a cui voglio bene non lo vogliono nemmeno sentire. Questa città si è fatta un punto di onore nel rivendicare una necessità di antifascismo militante 50 anni dopo l’epopea fascista e ha avuto un’occasione meravigliosa".
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