Estratto dell’articolo di Franco Zantonelli per www.repubblica.it
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La posizione ambigua, condizionata dal suo statuto di Paese neutrale, assunta dalla Svizzera, all’indomani dell’aggressione russa all’Ucraina, continua a mantenerla in una posizione scomoda, di fronte all’alleanza anti-Putin. In particolare di fronte agli Stati Uniti, i quali subodorano una sorta di doppio gioco, da parte di Berna. Che ha sì aderito alle sanzioni internazionali contro la Russia ma che, contemporaneamente, viene accusata di continuare ad avere un occhio di riguardo, nei confronti degli oligarchi, vicini al regime putiniano.
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[…] a fine marzo, il Dipartimento della Giustizia di Washington aveva aperto un’inchiesta, contro alcune banche elvetiche, accusate di aver “aiutato alcuni oligarchi russi ad aggirare le sanzioni finanziarie”. […] alcuni collaboratori di Ubs e di Credit Suisse, si troverebbero sotto la sorveglianza dei servizi di sicurezza statunitensi.
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Quello che non convince l’amministrazione Biden è il fatto che, immediatamente dopo l’attacco russo del 24 febbraio 2022 all’Ucraina, la Svizzera abbia bloccato solo 7,5 miliardi di franchi di capitali riconducibili a personalità vicine a Putin, mentre i patrimoni di uomini d’affari appartenenti alla nomenklatura dello “Zar”, depositati negli istituti bancari elvetici, ammonterebbero a 200 miliardi di franchi.
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In aprile fu il G7 a mettere pressione a Berna, sullo stesso tema. […] Adesso, a muoversi, è la Commissione per la cooperazione e la sicurezza in Europa del Congresso USA, detta anche Commissione Helsinki, chiamata ad indagare sul ruolo della piazza finanziaria elvetica “nel riciclaggio del denaro degli oligarchi”.
[…] la presenza in Svizzera “di capitali russi che consentirebbero a Mosca di proseguire la guerra e di mettere in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. […] Il Governo di Berna […] non ci sta a sedere sul banco degli accusati. […] Ma è già certo che […] la pressione internazionale sulla Confederazione aumenti. Considerata, anche, la sua indisponibilità, sempre nel nome della neutralità, a rifornire di materiale bellico l’Ucraina.
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