Marco Giusti per Dagospia
steve della casa
Forte di oltre quarant’anni di cinefilismo militante duro e puro, devo dire che quanto a scelte dei film in concorso non mi sembra che possa deludere il suo pubblico il programma dell’ultima edizione del Festival diretta da Steve Della Casa.
Già passato alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes, “Grace”, opera prima scritta e diretta da Ilya Povolotsky con Maria Lukyanova e Gela Chitava, è una sorta di “Nomadland”, di on the road estremo e misterioso nelle zone a noi più ignote delle provincie sovietiche, come si diceva un tempo.
maria lukyanova grace film di ilya povolotsky
Chiusi in un camper rosso che sembra sia tutta la loro vita, un padre particolarmente silenzioso, Gela Chitava, e una figlia, la luminosa Maria Lukyanova, quindicenne, attraversano la Georgia, la steppa, un lago contaminato che i militari bardati di tute bianche stanno liberando dai pesci morti a riva. Turisti, viaggiatori… Non si capisce.
Solo dopo un bel po’ di tempo capiamo che il padre vive portando in giro una specie di cinema ambulante per mostrare film, e vendere porno in dvd, in zone dove non arriva Internet. A ogni fermata c’è una bibliotecaria, una professoressa di storia che ci casca con lui, come capiamo che c’è gente che farebbe qualsiasi cosa per scappare da questi posti non toccati da Dio e da Internet.
maria lukyanova grace film di ilya povolotsky
Girato benissimo, si vede che le scuole di cinema almeno in Russia funzionano, il regista alterna rigorosamente clamorose panoramiche di 360° a lenti zoom, usando i crescendo musicali quasi da thriller in maniera totalmente creativa. Da vecchi cinefili sappiamo che se nella prima scena vediamo la ragazza che si lava il sangue vaginale in un torrente, dovremo trovare qualcosa di altrettanto forte e purificatore per il finale.
E’ molto bello, non so se uscirà in Italia, ma mi auguro di sì, “Le ravissement”, opera prima della trentacinquenne francese Iris Kaltenbach, con la spettacolare Hafsia Herzi, la protagonista di “Cous cous” di Kechiche, Alexis Manenti, Nina Meurisse, passato alla Semaine de la Critique a Cannes. Lydia e Salomé, cioè Hafsia Herzl e Nina Meurisse, sono migliori amiche. Al punto che Lydia pensa che sentimentalmente loro due funzionino da vasi comunicanti, se sta male una l’altra è felice.
hafsia herzi le ravissement
E viceversa. Così quando Lydia viene lasciata dal suo uomo dopo tre anni di relazione e cade in depressione, Salomé si ritrova incinta. E felice. Inoltre sarà proprio Lydia, assistente di parto, a farle nascere il bambino. Cosa che farà. Solo che, una volta lasciata anche da un secondo fidanzato, l’autista di autobus serbo Milos, interpretato da Alexis Manenti, che nel film ha funzione anche di narratore della storia, Lydia, per un senso di ripicca da orgoglio ferito e di gelosia rispetto alla felicità dell’amica, non solo dirà a Milos che la bambina di Salomé è sua, ma che lui è addirittura il padre.
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Se poco a poco Milos entra nella parte del padre, Lydia non sa bene come uscire dalla situazione, che porta alle estreme conseguenze, rapisce cioè la bambina. Ma quello che interessa alla regista è soprattutto il gioco di sentimenti di Lydia, che diventa una sorta di eroina romantica truffautiana. Bello, sentito, totalmente dominato dall’interpretazione di Hafsia Herzl.
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