Marina Cappa per “il Messaggero”
giò forma tosca
Il volo spiccato su Castel Sant'Angelo, Palazzo Farnese sdoppiato, la chiesa che si muove come la foresta di Macbeth: adesso che la Tosca diretta da Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore ha debuttato e prosegue le (già esaurite) repliche, proviamo a sbirciare i segreti di una scenografia cinematografica, come lo stesso Puccini la immaginava. La firma Giò Forma, tre cinquantenni: il tedesco Florian Boje, la collega e moglie Cristiana Picco, il toscano Claudio Santucci. Il compito che si danno è vasto: costruire un mondo intorno a un'idea o «trovare la melodia che tiene insieme tutto».
COMPLESSITÀ
giò forma florian boje cristiana picco e claudio santucci
La melodia di Tosca è l'azione continua, ed è una sfida partita solo a settembre. «Ogni atto dice Picco aveva la sua complessità. Nel primo si trattava di muovere la chiesa diventata labirinto, un gabinetto delle meraviglie degli stati d'animo di Tosca. Abbiamo studiato ogni elemento e inserito contaminazioni, dal manierismo al razionalismo». Perché, parola di Florian, «l'architettura è musica frizzata, surgelata nell'aria: tu cammini per strada e incroci, affiancate, tante epoche diverse».
giò forma florian boje cristiana picco e claudio santucci
Una curiosità del secondo atto è dedicata ai loggionisti: molto meglio di chi era in platea, dall'alto hanno potuto ammirare lo specchio per terra che «riflette e fa galleggiare la stanza per dare una sospensione della storia». Quanto al volo finale, Giò Forma ha studiato il braccio meccanico di 14 metri che esce quando l'ala sprofonda, dotato di un sedile per far uscire e galleggiare la controfigura di Tosca.
albero della vita
Ma anche sui dettagli hanno lavorato: dal carcadè bevuto dai cantanti al posto del vino, ugualmente rosso, ai candelabri imbottiti di gomma perché non si spezzassero una volta lanciati per terra, dal mobilio antisfondamento per sopravvivere all'ira di Scarpia alle candele di una cera speciale che non si consumi in fretta e non rischi di bruciacchiare gli interpreti. Con qualche paura: «Per cantare sotto un soffitto sospeso di 4.000 chili ci vuole coraggio, come è difficile salire la scala che si muove o recitare sulla pedana girevole, avevamo anche il terrore che con lo specchio per terra qualcuno scivolasse», dice Cristiana.
albero della vita expo by balich
Adesso che la prima è andata, Giò Forma non ha concluso. Per le Olimpiadi, Tosca arriverà in Giappone, con tutti gli elementi scenografici smontati in casse di massimo 2,4 metri, e dovrà lavorare su spazi teatrali ridotti. E intanto altre opere allestite dallo studio gireranno il mondo: l'Attila che l'anno scorso inaugurò la Scala sarà a Sydney, a marzo arriverà a Marsiglia Manon Lescaut, al Maggio Fiorentino il Ballo in maschera, mentre in novembre l'attende la Gioconda di Ponchielli.
giò forma florian boje cristiana picco e claudio santucci
Non di sola opera però lavorano i tre. Dopo aver seguito il Jova Beach, preparano l'estate in festival di Vasco Rossi e i tour negli stadi di Cesare Cremonini e Tiziano Ferro: disegneranno il palco e cureranno la direzione artistica, coordinando tutte le parti dello show compresi movimenti dell'artista. «In tempi brevissimi, devi montare, smontare e spostare, e ogni volta il risultato deve essere uguale. Mentre per il Jova Beach, dove ogni volta cambiava la location, le difficoltà sono state enormi, e però le emozioni speciali, fra la sabbia e il mare», ricorda Santucci.
LA SALA
La sabbia è un elemento ricorrente nei progetti di Giò Forma. Il principale adesso, spiega Florian, è il Maraya Concert Hall, sala teatrale in Arabia Saudita. «Maraya significa specchio, riflesso. Quando abbiamo visto il posto in cui dovevamo edificare ho pensato che è così bello che sarebbe stato meglio non fare niente. In alternativa, abbiamo costruito un cubo di specchio, che riflette la natura circostante e noi stessi». Dietro il teatro, il fondale si potrà completamente aprire sulle dune circostanti, con possibilità sceniche enormi.
giò forma tosca
Alla Scala come nel deserto, il leitmotiv è «noi progettiamo concetti, non architettura fine a se stessa». E se per Giò Forma «tutto è palco», i palchi possono essere l'Albero della vita di Expo come lo zoetrope di lasagne disegnato per Esselunga, o il terminal dell'aeroporto di Al Ula in Arabia su cui stanno lavorando.
specchi concert hall scalo di al ula
«Da tedesco dico che l'Italia non è stata valorizzata abbastanza», si accalora Florian. E conclude con un sogno: «Per la lirica il 7 dicembre è come l'Oscar a Los Angeles. Perciò, vorremmo una mostra che girasse tanti Paesi e poi per le Olimpiadi 2026 trovasse casa a Milano. Non una mostra didascalica, ma un'esperienza dove vieni affascinato dal suono, dalla scenografia, dalle storie, per raccontare il mondo attraverso l'opera e le sue professioni».
tosca davide livermore tosca davide livermore 1 la ricostruzione di sant'andrea della valle nella tosca di livermore tosca prima della scala