1. DAGONOTA
vladimir putin joe biden ginevra 2021
La trattativa tra Usa e Russia è in corso. Innanzitutto, come ha riportato il Wall Street Journal, ci sono contatti e conversazioni “frequenti” tra il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, e i funzionari dell’entourage di Putin. Oltre agli abboccamenti e confronti più o meno sotterranei, di cui i giornali danno conto, prende corpo la possibilità di un incontro tra “Mad Vlad” e Biden al G20 di Bali del 15 novembre.
I due hanno negato di volersi vedere. “Sleepy Joe” ci ha tenuto a far sapere che non ha “alcuna intenzione" di incontrare il presidente russo.
Lo Zar ha prima dichiarato che non sarebbe partito per l'Indonesia e poi, nelle ultime ore, ha dato segnali di ripensamento. È stato il presidente indonesiano Joko Widodo ad affermare, qualche ora fa, che il leader russo non ha escluso la partecipazione: “Se non lo farà, chiederà di collegarsi virtualmente”.
jake sullivan
La verità è che il canale di comunicazione è aperto: Biden ha dovuto mostrare i muscoli per non perdere la faccia prima delle elezioni di midterm, ma una volta concluse le operazioni di voto (domani), lo scenario potrebbe cambiare in fretta. Putin potrebbe fare una “carrambata” al vertice e discutere con il “disaster-in-chief” americano di un cessate il fuoco entro Natale.
E Kiev? Negli ultimi giorni dalla Casa Bianca sono arrivati messaggi contrastanti a Zelensky. Da un lato, ci sono le rivelazioni del Washington Post sugli “inviti” dell’amministrazione americana ad aprire al negoziato, un modo elegante per dire all’ex comico di abbassare la cresta; dall’altra ci sono le armi, che continuano ad arrivare in Ucraina.
volodymyr zelensky antony blinken
Come scrive oggi Alberto Simoni sulla “Stampa”, “ieri a Kiev sono arrivati i missili della componente della difesa antiaerea Nasams e Aspide, e tre giorni fa un nuovo stanziamento di 400 milioni di dollari in razzi e munizioni è stato approvato dal Dipartimento di Stato”.
L’obiettivo è dare manforte alla resistenza ucraina, permetterle di riconquistare territori (soprattutto la zona meridionale di Kherson, dove si sta combattendo una durissima battaglia) e solo a quel punto, da una posizione di forza, intavolare una vera trattativa.
putin biden
2. CONTATTI CON MOSCA, PRESSING SU ZELENSKY LE MOSSE USA PER SBLOCCARE IL CONFLITTO
Alberto Simoni per “La Stampa”
Il Wall Street Journal dà un nome e un volto ai funzionari dell'entourage di Putin con cui Jake Sullivan ha avuto frequenti conversazioni negli ultimi mesi. Si tratta di Yuri Ushakov consigliere per la politica estera del capo del Cremlino e di Nikolai Patrushev, controparte di Sullivan nel governo di Mosca. La Casa Bianca si è limitata a non commentare le indiscrezioni, così come il Cremlino. Nel giro di due giorni però Washington ha fatto filtrare cauti segnali sull'esistenza di contatti non sporadici.
ZELENSKY BIDEN
Sabato era stato il Washington Post a scrivere che gli Usa stavano premendo su Zelensky (che ha ricevuto venerdì la visita di Sullivan) affinché mostrasse maggiore disponibilità al dialogo e facesse cadere la pregiudiziale nei confronti di trattare con Putin. L'obiettivo non è tanto spingere - precisano fonti americane - il presidente ucraino ai negoziati, quanto evitare di cucirgli addosso, agli occhi della comunità internazionale, un vestito da «signor No» che diventerebbe complicato sfilargli quando l'ora dei negoziati avverrà.
controffensiva ucraina nella regione di kherson 3
Ieri un consigliere di Zelensky, Mikhailov Podolyak, ha detto «che Putin non è pronto e quindi noi andiamo avanti sulla nostra linea» indicando che si tratterà solo con un nuovo leader. Poco prima Mosca, per bocca del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, aveva rifiutato di commentare le conversazioni con Sullivan ma sul dialogo si era detto «aperti come sempre», «ma è Kiev a non volere».
A Washington sono convinti che prima o poi il momento del negoziato arriverà. Fonti d'intelligence Usa spiegano a La Stampa che vi sono tre elementi attorno ai quali l'Amministrazione di Biden si sta muovendo.
jake sullivan e joe biden
Il primo è la convinzione che attorno a Putin vi sia una schiera di pragmatici su cui fare leva. Fra questi rientra Ushakov, già ambasciatore russo a Washington; in secondo luogo, l'America è convinta che la sicurezza dell'Ucraina non la potranno garantire né le armi Usa né soprattutto l'Unione europea o una postura definitiva della Nato schiacciata sul fronte orientale in perenne assetto di pronto intervento. Serve per questo studiare con Mosca una «struttura dell'architettura della sicurezza regionale» che garantisca l'Ucraina e di conseguenza l'Europa.
Yuri Ushakov
In terzo luogo, la convinzione che non si possa «imporre a Mosca un sistema modello Trattato di Versailles». Nessuna umiliazione è utile. Per ora questa è la grand strategy che non si sa quanto sia condivisa nei dettagli da Biden.
Resta il fatto che l'obiettivo è giungere a un negoziato mettendo Zelensky in posizione di forza. Ieri a Kiev sono arrivati i missili della componente della difesa antiaerea Nasams e Aspide, gli ucraini hanno ringraziato i fornitori americani, norvegesi e spagnoli. Tre giorni fa un nuovo stanziamento di 400 milioni di dollari in razzi e munizioni è stato approvato dal Dipartimento di Stato.
vladimir putin joe biden ginevra
Si tiene d'occhio il fronte di Kherson ritenuto una delle chiavi di volta del conflitto, secondo gli analisti Usa, che temono lo stallo possa dare fiato a Putin. La Casa Bianca non ha commentato le «conversazioni di Sullivan», ma era stato lo stesso consigliere a Meet the Press il 25 settembre scorso a dire che c'erano «frequenti contatti ad alto livello con i russi». Il tema allora, aveva evidenziato, il consigliere Usa era il nucleare e la necessità di recapitare a Mosca il messaggio delle conseguenze «catastrofiche» se Putin avesse ordinato di ricorrere, prima volta nella storia, all'arsenale di armi tattiche.
lloyd austin volodymyr zelensky antony blinken
E di quello nei mesi scorsi durante le varie conversazioni si sarebbe parlato sull'asse Mosca-Washington. I capi della Difesa, Austin e Shoigu, si sono sentiti due volte in pochi giorni e c'è piena sintonia sulla necessità di mantenere aperti i canali di dialogo militari. Altra questione sono gli attacchi sulle infrastrutture civili, l'elemento attorno al quale Putin sta costruendo l'escalation.
valery gerasimov, dmitry peskov e yuri ushakov
L'Amministrazione però non sembra compatta sulla linea da seguire. Sullivan guida il fronte realista e il suo attivismo non convince appieno l'ala intransigente i cui leader siedono al Dipartimento di Stato. Antony Blinken, segretario di Stato, sin dai tempi in cui ricopriva incarichi al Consiglio per la Sicurezza nazionale sotto Obama, era intransigente e oggi non vede dietro questi contatti «ad alto livello» frutti positivi da raccogliere.