Michela Marzano per “La Stampa”
Profughi ucraini 3
Ci sono momenti in cui il destino sembra accanirsi. E non serve a nulla essersi lasciati alle spalle le bombe, le macerie, gli incendi, le lacrime, il sangue, gli affetti. La morte arriva lo stesso. Il corpo cede, e ci butta in faccia la nostra fragilità. Il cuore smette di battere, e sembra quasi una beffa della sorte. Qual è stata l'ultima cosa che ha attraversato la mente di Natalia Kretova, la donna ucraina di 45 anni che, fuggita dal proprio Paese insieme ai due figli piccoli e arrivata ieri mattina a Roma, si è accasciata al suolo non appena scesa dall'autobus?
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Cos' hanno visto i suoi occhi prima di chiudersi? Quale voce le è risuonata nelle orecchie? Da ormai tre settimane, sono tantissime le donne che stanno abbandonando l'Ucraina. Partono all'estero e lasciano tutto. Provano a reagire chiudendo a chiave la paura della guerra e il dolore. Inghiottiscono le lacrime, obbligandosi a immaginare un futuro diverso. Se non per sé stesse, almeno per i propri figli. È per loro che lo fanno. È per loro che devono farlo.
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Anche se è terribile racchiudere tutta una vita all'interno di una valigia, dimenticare in fretta e furia la propria lingua e impararne un'altra, approdare senza nulla in un Paese straniero e non aver la minima idea di ciò che le attende. Sono tantissime, ormai, a essere partite. Anche quando magari avrebbero voluto restare accanto ai propri genitori anziani o ai propri mariti che combattono. Anche quando la semplice idea di ritrovarsi in un Paese sconosciuto le terrorizza.
UCRAINA - PROFUGHI IN FUGA
«Ma se non sono io che penso ai miei bambini, chi mai potrebbe farlo?», si sarà detta senz' altro qualcuna di loro per darsi forza. «Non è questo che avrebbe fatto mia madre se si fosse trovata al posto mio?, avrà pensato qualcun'altra, incerta fino alla fine se restare o andarsene via. Subito prima di inginocchiarsi a terra e baciare la propria terra e salire su un autobus o una macchina. Ci sono momento, però, in cui il destino si accanisce.
UCRAINA - PROFUGHI IN FUGA
Come con Natalia Kretova, appunto. Questa madre di 45 anni che non ce l'ha fatta. E che arrivata a Roma, dopo oltre trenta ore di viaggio, si è accasciata al suolo. Il suo cuore non ha retto. Era scappata dall'Ucraina insieme ai suoi due figli, uno di 12 e uno di 10 anni. Si era separata dal marito e si era trascinata fino alla frontiera con la Polonia. Poi era riuscita a salire su un autobus. «Ce l'abbiamo fatta», avrà detto ai bambini scendendo dal pulmino.
UCRAINA - PROFUGHI IN FUGA
«Non vi preoccupate, ora si aggiusta tutto!», avrà ripetuto stringendo loro la mano. Come fanno sempre le mamme con i propri figli, quel «si aggiusta tutto» che consola e salva anche quando non ci si crede fino in fondo, anche quando non si ha nemmeno più la forza di restare in piedi, schiarirsi le idee e trovare altre parole per inventare il futuro. Pare che si sia trattato di un infarto. Pare che la donna soffrisse di pressione alta. Pare che avesse nei bagagli alcune pillole contro l'ipertensione.
Stazione di Leopoli
Ma il punto non è questo. Il punto non è tanto (o solo) chiarire la causa esatta del decesso, cosa che chiarirà senz' altro l'autopsia. Il punto è l'accumulo: il "troppo dolore", la "troppa nostalgia", la "troppa fatica", il "troppo stress", la "troppa incertezza". Tutto ciò che dipende dalla guerra, e che il cuore non regge. Perché siamo fragili, nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare; siamo vulnerabili, nonostante il tentativo di nasconderlo; siamo pieni di paure e di incertezze, nonostante quando si è madri ci si senta forti e ci si immagini invulnerabili.
Profughi ucraini
Questa guerra ci sta costringendo a ripensare l'intero quadro concettuale all'interno del quale ci muoviamo. E dopo la pandemia, che già ci aveva fiaccato, sembra davvero che tutto ciò in cui credevamo si stia sbriciolando. Non bastano gli sforzi. Non basta la buona volontà. Non bastano nemmeno i sacrifici.
PROFUGHI UCRAINI IN POLONIA
Quando si è di fronte alla violenza assassina e feroce di una guerra, forse solo la pietà e la compassione possono aiutarci. E poi l'amore, quello di cui si ha sempre tanto bisogno, soprattutto quando si è piccoli, orfani, stranieri. E di fronte alla perdita di una madre che ha fatto di tutto per proteggerci, nemmeno nella propria madre lingua si riescano a trovare le parole giuste per nominare il vuoto, lo sconforto, la solitudine e l'angoscia.
Profughi ucraini 2 Papa saluta il figlio alla stazione di Lviv PROFUGHI UCRAINI IN POLONIA PROFUGHI UCRAINI IN POLONIA Confine Ucraina