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    LA TUNISIA SMENTISCE LE TETTE SGUAINATE DI AMINA: HA SOLO SCRITTO “FEMEN” SU UN MURETTO E NON È STATA ARRESTATA MA PROTETTA


     
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    Marina Calculli per "Il Messaggero"

    femen aminafemen amina

    Duecento sono i membri del gruppo salafita Ansar al-Sharia finiti in carcere domenica, durante gli scontri con la polizia a Kairouan e nel sobborgo di Ettedamen ad Ariana, non lontano da Tunisi. Prima il veto imposto al gruppo di svolgere il proprio congresso a Kairouan; dopo, durante gli scontri, un morto tra le fila salafite, Moez Dahmani, ha fatto temere che durante i suoi funerali la violenza potesse riaccendersi.

    Amina Femen TunisiaAmina Femen Tunisia

    E invece ieri è stata la quiete dopo la tempesta. Il governo ha anche tentato di placare le polemiche su Amina, la "Femen" che secondo una prima tornata di lanci mediatici si sarebbe denudata il seno, provocando l'ira dei salafiti. La polizia ha però rettificato la notizia diffusa dal governatore di Kairouan: Amina non si è denudata, ha solo scritto "Femen" su un muretto e non è stata arrestata ma protetta da potenziali attacchi.

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    IL VIDEO
    Ma se la tempesta si è quietata, il timore che si risollevi è altissimo: ieri in un video diffuso su Youtube il capo salafita Abu Yyadh ha lodato il coraggio del gruppo e ha parlato di «persecuzione». Dall'altro lato della barricata si staglia un muro di «fermezza assoluta», seppur «entro i limiti della legge dello Stato», per dirla con le parole del primo ministro Ali Larayedh che, parlando da Doha, non ha usato mezzi termini nel definire Ansar al-Sharia un «gruppo terroristico».

    TUNISIATUNISIA

    Dalla capitale del Paese (il Qatar) che maggiormente sponsorizza il partito En-Nahda, braccio tunisino dei Fratelli Musulmani, le parole di Larayedh sanciscono l'inizio di un'ennesima pagina della storia post-rivoluzionaria della Tunisia: marcata, cioè, dalla frattura - netta e inconfondibile - tra i salafiti e gli islamisti moderati. A nulla sono valsi i tentativi di mediazione da parte del presidente della Repubblica.

    I RECLUTAMENTI
    Sembra invece che En-Nahda, il partito di governo, in forte calo nei sondaggi, abbia cambiato strategia. I disagi sociali ed economici del paese hanno permesso, d'altra parte, ad Ansar al-Sharia e ad altri gruppi salafiti di far breccia tra le classi meno agiate fornendo assistenza economica ma anche reclutando giovani combattenti che difendono il jihad in Tunisia, Siria e Iraq.

    Dopo alcune oscillazioni strategiche, En-Nahda si schiera ora dalla parte dei tanti che in Tunisia rivendicano la difesa delle istituzioni repubblicane (tra cui anche l'esercito e la polizia), delle piazze che avevano invaso Tunisi il 7 febbraio scorso all'indomani dell'omicidio politico di Chokri Belaid.

    Quell'omicidio costò le dimissioni all'allora governo di Jebali e fece precipitare ancora di più i consensi del partito, accusato di fare l'occhiolino ai salafiti. En-Nahda si gioca adesso la carta dell'attore politico capace di stare dentro le istituzioni di uno stato di diritto. Una scommessa destinata ad aprire di certo altri scenari in questa fragile e vitale nuova Tunisia.

     

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