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    LA TV DELL’ORRORE PIACE SEMPRE – A QUATTORDICI ANNI DALL’OMICIDIO DI SARAH SCAZZI, SI TORNA A PARLARE DEL CASO PER LA SERIE DISTRIBUITA DA DISNEY+ (“AVETRANA – QUI NON È HOLLYWOOD”) - IL REGISTA PUGLIESE PIPPO MEZZAPESA RACCONTA LA STORIA CHE HA TENUTO PER MESI L'ITALIA DAVANTI AI TELEVISORI E PER CUI SONO STATE CONDANNATE SABRINA, COSIMA E MICHELE MISSERI (LE PRIME DUE PER OMICIDIO, LUI PER SOPPRESSIONE DI CADAVERE) - IL VOYEURISMO TELEVISIVO CHE CARATTERIZZO' LA VICENDA TRA INTERVISTE VENDUTE, SANTONI CHE "VEDEVANO" LA RAGAZZINA E...


     
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    Estratto dell'articolo di Giuliano Foschini per “Il Venerdì di Repubblica”

     

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    «Non sentire, Sara, andiamo. Non sentire». La spiaggia di San Pietro in Bevagna – litorale tarantino, Salento che non è ancora Salento, non ci sono i maleducati di Gallipoli e nemmeno le masserie a 5 Stelle – è magica. […]

     

    San Pietro in Bevagna era una delle spiagge preferite di Sarah Scazzi, la ragazzina di Avetrana che si chiamava come questa che in un giorno di fine settembre è venuta a fare un bagno al mare – ma con un'acca in più.

     

     «Davvero hanno fatto una serie televisiva sulla storia dell'assassinio della povera Sarah? E va su Disney? In tutto il mondo?» chiede la madre. «Ma', chi era Sarah?» la interrompe la figlia. «Niente, Sara, non sentire, andiamo. Non sentire».

     

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    Ci sono storie che non si vogliono più raccontare. Che si accartocciano in un cassetto, e si chiudono lì. Nella speranza che arrivino i tarli e che qualcuno dimentichi che siano accadute.

     

    «Sono fatti troppo brutti per essere raccontati» dice la mamma. La sua bambina ha 13 anni, e no, questa storia non l'ha mai ascoltata. Siamo tornati ad Avetrana 14 anni dopo quel 26 agosto del 2010 in cui Sarah Scazzi, 15 anni, sparì. Anche lei quel pomeriggio doveva andare al mare, proprio qui, tra San Pietro in Bevagna e Torre Colimena, insieme a sua cugina Sabrina.

     

    Che invece la uccise, hanno stabilito le sentenze della Cassazione, insieme con sua madre Cosima. Il corpo della piccinna fu ritrovato il 6 ottobre in fondo a un pozzo su indicazione di suo zio Michele, papà di Sabrina, marito di Cosima. Inizialmente l'uomo si accusò dell'omicidio. Poi raccontò che a ucciderla era stata sua figlia, e che lui aveva solo nascosto il cadavere.

     

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    Poi ritrattò ancora, accusandosi dell'omicidio, cosa che continua a fare, ma i giudici non gli hanno più creduto: per "il popolo italiano", Sabrina Misseri e Cosima Serrano hanno ucciso Sarah Scazzi. Per questo stanno scontando un ergastolo. Michele Misseri ha invece gettato il cadavere nel pozzo, per questo ha passato 8 anni in galera.

     

    Ora è libero. La storia di Avetrana ha tenuto per mesi l'Italia davanti ai televisori: dopo Cogne, è stato il primo caso di cronaca nera a essere scandagliato in ogni anfratto, raccontato da ogni serratura, alle volte (poche) con il passo della cronaca, altre (troppe) con la delicatezza di un pachiderma.

     

    Interviste vendute, santoni che "vedevano" la ragazzina, balconi affittati "perché da qui la villetta dove è stata uccisa si vede benissimo", pullman di turisti a scattare foto. Successe di tutto. E ora questo tutto è raccontato in una potente miniserie di quattro puntate da un'ora ciascuna: Avetrana – Qui non è Hollywood, prodotta da Groenlandia e distribuita da Disney+ a partire dal 25 ottobre [...]

     

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    La regia è di Pippo Mezzapesa, che con Antonella W. Gaeta e Davide Serino ha scritto la sceneggiatura partendo da un libro, Sarah. La ragazza di Avetrana, di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni.

     

    Ed è bene dire subito due cose: qui, in questa serie tv, non si vogliono ribaltare i fatti, quelli scritti da tre sentenze. Non è un tentativo, come tanti se ne sono visti, di raccontare una storia che non c'è, invertendo vittime e colpevoli.

     

    E non c'è niente di scandaloso nel tono del racconto. Scandaloso, semmai, è soltanto quello che si racconta: il voyeurismo televisivo, persone che si muovevano come personaggi quasi dimenticando che tutto ciò che era accaduto era vero: una ragazza uccisa da chi avrebbe dovuto difenderla.

     

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    «Mentre il circo televisivo aveva aperto le gabbie, con fotografi appostati, pullman e riflettori accesi, qualcuno scrisse su un muro: "Qui non è Hollywood". Ed è da qui che siamo partiti per il nostro racconto», ci dice Pippo Mezzapesa, pugliese, regista di cinema (David di Donatello, Nastro d'Argento) alla sua prima esperienza con la serialità.

     

    «Ma è stato peggio di Hollywood, tutto è stato esposto: il viso da eterna bambina di Sarah, la trasformazione di Sabrina da cugina amorevole ad assassina, le versioni contraddittorie di zio Michele, il silenzio totemico di Cosima». «Con un finale in cui chi si dichiara colpevole è innocente, e chi grida la propria innocenza è colpevole» spiegano Gaeta e Serino:

     

    «Volevamo confrontarci con il caso di cronaca forse più eclatante dell'ultimo decennio. Non per raccontare un omicidio. Ma per fare emergere una storia di interazioni dentro mura domestiche: un patto familiare da brividi, un segreto che tale doveva rimanere». Un segreto che anche il paese ha contribuito a tenere.

     

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    Oggi Avetrana si indigna per essere finita nel titolo di una serie tv girata, proprio per rispetto al paese, nelle vicine Torricella e Lizzano: il sindaco, Antonio Iazzi, ha parlato di possibili azioni legali – «Esiste un diritto alla reputazione anche per le città!» – ma nulla si disse quando il circo era aperto e i pullman attraversavano il paese alla ricerca dei "luoghi dell'orrore".

     

    Ci si indigna, anche, sulla base di una locandina, in realtà rivedibile – le attrici e gli attori, così somiglianti ai personaggi reali, quel logo della Disney, hanno fatto immaginare una caricatura: non lo è – come se cancellare il racconto permettesse di cancellare la storia.

     

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    I fatti restano qui, come meglio di tutti sa Mariano Buccoliero, il pubblico ministero che condusse le indagini sulla morte di Sarah. È il magistrato che ha arrestato Michele Misseri. E poi Sabrina e sua madre Cosima. È il primo che ha guardato giù nel pozzo. «Ed è un'immagine che non potrò mai cancellare». Si ferma per qualche secondo.

     

    Poi racconta, ed è la prima volta in questi 14 anni. «La svolta arrivò una notte, quasi per caso. E nacque da due circostanze entrambe legate a Cosima. Tutte le volte che chiamavamo Concetta, la mamma di Sarah, in caserma dai carabinieri perché avevamo domande da farle – in quel momento stavamo cercando Sarah ovunque, poteva essere scappata, poteva essere stata rapita, ogni secondo avrebbe potuto salvarle la vita… – ecco, tutte le volte che chiamavamo Concetta, la signora si presentava sempre in caserma con Cosima. Non la lasciava sola un attimo.

     

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    Perché? Glielo dissi: signora, qui lei deve venire da sola! Anche nei verbali Cosima tornava spesso, apparentemente senza motivo, per esempio sulla Seat Marbella di Michele – l'auto, scoprimmo poi, con cui lo zio aveva trasportato il cadavere di Sarah al pozzo. Su quella Seat salivano e scendevano anche Sabrina e Cosima. Noi avevamo montato una cimice, ma i carabinieri sostenevano che non ci fosse niente di interessante. Possibile?

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    Quella notte mandai un messaggio a un mio consulente: per favore, riascolta le ambientali della Marbella. La mattina dopo corse nella mia stanza: dottore, le devo fare ascoltare una cosa. I microfoni avevano registrato il soliloquio di Michele Misseri: "Mi dispiace per la mia famiglia… io adesso li scoprirò, pensino quello che vogliono è andata così, che vogliono fare a tua figlia… io non li credo… se uno non voleva andarci…". In pratica una confessione» ci dice oggi Buccoliero.

     

    Che proprio ascoltando zio Michele – è tutto ben raccontato nella serie – aveva capito che la leva per convincerlo a dire la verità e a far trovare il cadavere potesse essere la sepoltura: «Senza cadavere, Michele, gli dissi, non possiamo fare il funerale. La piccinna deve andare in Paradiso. Fu allora che ci indicò il pozzo».

     

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    Continua il pm: «Raccolta la prima confessione ero convinto che la storia non fosse finita. Avremmo potuto accontentarci, ma non avremmo fatto bene il nostro mestiere». Sapevano che Sabrina mentiva. Il giorno prima dell'omicidio c'era stata una litigata tra le due cugine.

     

    Oggetto: l'ossessione di Sabrina per un ragazzo, Ivano Russo. Secondo sentenza è il movente dell'omicidio. Ancora il magistrato: «Un'amica mi aveva raccontato di quello screzio violento. Sarah aveva pianto… Un pomeriggio, durante una fiaccolata, chiesi a Sabrina. "Ma come andò quella serata?" "Benissimo", mi disse, "non sa quanto ci siamo divertite! Sarah era felicissima". Perché mentirmi? Che cosa aveva da nascondere?». La verità.

     

    AVETRANA QUI NON E HOLLYWOOD AVETRANA QUI NON E HOLLYWOOD

    Michele Misseri non è ad Avetrana. La villa dei Misseri – ormai un feticcio trash, non c'è televisione, giornale, che non l'abbia ripresa o fotografata almeno una volta – è vigilata da telecamere e nascosta da un telone verde. In casa non c'è nessuno. «Michele è a Roma, dall'altra figlia: è andato a tenerle i gatti» raccontano in paese, e chissà se è vero. Pochi giorni fa, in un'intervista alla Stampa, è tornato a raccontare la sua ultima, ennesima verità. Sul fondo, il nero diventa ancora più nero. «Sono stato io, dopo averle toccato il seno. Sarah mi ha respinto. L'ho strangolata».

     

    MICHELE MISSERI ESCE DAL TRIBUNALE MICHELE MISSERI ESCE DAL TRIBUNALE

    Menzogne, dice la giustizia. Menzogne ci dice Concetta, che di Sarah è la mamma, e che non ha mai smesso il suo dolore composto.

     

    Neanche quando, in diretta tv, a Chi l'ha visto?, le dissero che sua figlia era morta. Era in fondo a un pozzo. A ucciderla era stata la sua stessa famiglia. «Michele deve finirla di fare il pagliaccio e dire tutte queste stupidaggini. Nessuno gli crede» ha ripetuto la donna in questi mesi.

     

    casa di avetrana 2 casa di avetrana 2

    Ci sono due battute che Mezzapesa fa dire alla sua Concetta (a proposito: attori straordinari, su tutti Vanessa Scalera, che fa Cosima, trasfigurata eppure incredibilmente credibile) terribilmente precise: «Non puoi dormire sola in quella casa: quella casa è una tomba» dice a Cosima la notte del ritrovamento del cadavere. E ancora, dopo l'arresto di Sabrina: «Non puoi non sapere cosa è successo in questa casa. Tu sei questa casa».

     

    È la fiction che riesce a fare meglio della realtà. Perché chi c'era non può dimenticare il contegno che la signora Concetta ha mantenuto in ogni istante, persino quando si è ritrovata i fotografi in casa, persino quando ha capito. Non lo ha perduto nemmeno ora.

     

    «Sa perché il comportamento di Michele oggi mi ferisce così tanto?» ha detto in un'intervista concessa a Quarto Grado. «Mia figlia ha ricevuto una giustizia processuale, ma col comportamento di Michele è come se avesse avuto una giustizia a metà.

    michele misseri michele misseri

    La magistratura non gli crede, le persone non gli credono, lo sanno che non è stato lui. E quindi va a ruota libera, per fare contente le figlie e sua moglie, proclamandosi colpevole. Dovrebbero scomparire le donne di casa sua, solo allora Michele direbbe la verità».

     

    La verità. «Il patto familiare che tuttora occulta, forse anche a sé stessi, quanto accaduto nel ventre maledetto di quella villetta» è una delle leve del racconto di Mezzapesa. «Per questo abbiamo deciso di raccontare la storia utilizzando i quattro punti di vista di chi, ognuno a suo modo, è carnefice. Ma anche il punto di vista, così delicato da immaginare e riallacciare, di chi in questa storia è vittima».

     

    Dal giorno dell'arresto, Sabrina Misseri è in carcere. Oggi a Taranto, in cella con sua madre Cosima. Non ha mai smesso di proclamarsi innocente. Il suo avvocato, Franco Coppi, principe del foro, ha detto che è il suo più grande rimpianto professionale non averla fatta assolvere.[...]

     

    michele misseri esce dal carcere michele misseri esce dal carcere

    De Cataldo, perché un omicidio diventa emblematico della propria epoca e un altro no?

    «Me lo sono chiesto tante volte. Certo, una madre che uccide un figlio oppure fatti di sangue che si consumano in un ambiente di estrema povertà o, al contrario, di sfarzosa ricchezza colpiscono da sempre la gente più di altri.

     

    Alcuni delitti poi, come la vicenda Broome, sembrano già pronti e confezionati per afferrare lo spirito dei tempi. Però è difficile stabilire quali siano i requisiti che rendono un caso clamoroso. A riguardo, vale la frase dello scrittore britannico Somerset Maugham, quando diceva: "Esistono tre ingredienti che assicurano il successo di un'opera d'arte, ma nessuno li ha ancora scoperti"».

     

    Nel libro non se ne parla, ma come inquadrare il caso di Avetrana?

    MICHELE MISSERI MICHELE MISSERI

    «Assomiglia all'omicidio che la giallista inglese Anne Perry commise da giovane insieme a un'amica. È una forma di follia a due. I criminologi studiano questi sodalizi delittuosi da oltre cent'anni. Ad Avetrana le componenti psicologiche si intrecciano con un retroterra arcaico, rurale che sarebbe interessante approfondire.

     

    Perché oggi si parla tanto della pericolosità delle grandi metropoli, ma trascurando la provincia. Però, dovessi dirle, nei confronti di quella vicenda ho sempre avuto un moto di distacco. Per ragioni di natura personale. Mio padre era di Sava, un paese a pochi chilometri da Avetrana. L'omicidio di Sarah Scazzi mette sotto una luce sinistra luoghi molto cari alla mia infanzia».

     

    Qual è secondo lei il delitto italiano che, per così dire, "inaugura" il XXI secolo?

    «Forse la storia di Erika e Omar, nel 2001».

     

    Perché?                                            

    Sabrina e mamma Cosima Sabrina e mamma Cosima

    «Rivelava uno schema che vedremo ripetersi in seguito. Come ricorderà, all'inizio, anche in quella storia si puntò il dito contro due extracomunitari, definiti genericamente "albanesi". Il retropensiero era: "I colpevoli non possono essere stati gente come noi". Ora, il sospetto verso lo straniero, verso "l'uomo nero" è un riflesso umano, ma specularci sopra politicamente è una sciagura. E un'anomalia italiana. Uno studio universitario di qualche anno fa ci diceva che, in coincidenza delle grandi tornate elettorali, la quantità di cronaca nera esplode sui media italiani in modo esponenziale.

     

    sabrina misseri sabrina misseri

    In altri Paesi è raro che un fattaccio sia la notizia d'apertura. Per certi versi sembra di essere tornati all'Ottocento, quando i reietti della società venivano chiamati "classi pericolose". All'epoca erano gli straccioni, i poveri inurbati, o i segmenti più rivendicativi del proletariato. Oggi sono l'immigrato, lo zingaro, l'emarginato, chiunque rompa le scatole per le strade. L'interesse morboso per la Nera non è una novità. Non lo è nemmeno la strumentalizzazione della cronaca per fomentare la paura, la diffidenza, la repressione. Ma bisogna restare in guardia».

     

    [...] Torniamo alle sue considerazioni sulla giustizia. Citando Alfredo Rocco, «fascista, ma gran testa di giurista», nel libro si rammenta – casomai ce ne fosse il bisogno – che quella giudiziaria non è una verità assoluta, ma «umanamente possibile», cioè perimetrata da limiti. Limiti che nell'èra della post-verità sono mal tollerati.

    sabrina misseri sarah scazzi sabrina misseri sarah scazzi

    «Siamo condizionati dalle fiction, dove ogni criminale ha una sua logica e ogni investigatore imbocca la direzione giusta. Dove le analisi di laboratorio danno sempre risultati e le videocamere funzionano sempre alla perfezione. Con la nostra nobile e utopistica ricerca di giustizia, vorremmo che tutto fosse lineare e che le indagini portassero sempre a una risoluzione. Nella realtà le cose non stanno così. Talvolta la verità non si trova. Non sempre per negligenza o incapacità degli investigatori, degli inquirenti. E comunque, il 95 per cento dei delitti vengono brillantemente risolti».

     

    Ma in un'epoca dove il cold case è assurto a una specie di mistica, passa l'idea che una verità non trovata sia una verità occultata dai Poteri. Oppure conseguenza di inettitudine investigativa. Il mantra è: "Le indagini furono fatte male".

    IVANO RUSSO - SABRINA MISSERI - SARAH SCAZZI IVANO RUSSO - SABRINA MISSERI - SARAH SCAZZI

    «Influencer e investigatori digitali comunicano alla gente un messaggio secondo cui i casi irrisolti sarebbero sistematicamente frutto di incompetenza, cialtroneria o, peggio, di complotti. Insomma: "Dopo questa massa di idioti, adesso arrivo io a dirvi la verità. Seguitemi". Naturalmente su nuovi e vecchi media lavora anche gente molto valida. Ma la domanda discriminante è: fai cronaca, investigazione nell'interesse della collettività o per affermare il tuo ego?».

     

    Certi prodotti Netflix incidono sull'opinione generale al punto da revocare in dubbio sentenze, verità processuali. La docufiction su Yara, per esempio, ha riaperto le dispute sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo.

    SARAH SCAZZI E SABRINA MISSERI SARAH SCAZZI E SABRINA MISSERI

    «Sul piano del diritto e della stretta legalità, quello a Bossetti è stato un processo perfetto. Inattaccabile. Lo stesso dicasi per Olindo e Rosa. Rimettere in discussione certe sentenze è legittimo dal punto di vista dei diretti interessati che si proclamano innocenti. Ma se diventa una questione di società, allora la faccenda si complica, si fa insidiosa».

     

    Anche perché in Italia le verità alternative propugnate dai social sono andate ad innestarsi su una diffidenza ancestrale, antropologica nei confronti dei Poteri, giustizia inclusa. Diffidenza che la lunghezza e la tortuosità di alcuni processi, rimasti senza verità o senza colpevoli, hanno esacerbato.

    valentina misseri 1 valentina misseri 1

    «Può essere. Ma se dieci anni dopo la strage di piazza Fontana viene fuori che i Servizi avevano coperto gli estremisti "neri" non è certo colpa dei magistrati che non hanno indagato. Si è costretti a ricominciare daccapo. Se alcuni testimoni della strage di Brescia parlano a quarant'anni di distanza, che cosa deve fare un magistrato? Quanto possiamo sacrificare alla celerità della giustizia? Possiamo sorvolare sui veri responsabili acchiappando il primo che passa e dandolo in pasto alla gente che ha bisogno di un colpevole?». [...]

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