Anais Ginori per “la Repubblica”
VINCENT BOLLORE
La televisione secondo Vincent Bolloré è un mezzo di intrattenimento nel quale c’è poco spazio per l’informazione, non esistono programmi d’inchiesta, la satira è docile. «Non deve essere prodotto nulla che possa creare attriti con inserzionisti, disturbare gli affari» spiegano i giornalisti Raphaël Garrigos e Isabelle Roberts, autori de “L’Empire”, appassionante inchiesta dentro all’impero mediatico di Bolloré.
cyrill vincent e yannick bollore
Dopo un anno al vertice di Vivendi, l’imprenditore bretone ha azzerato management e palinsesti della pay tv Canal +, uno dei fiori all’occhiello della cultura francese che aveva nell’irriverenza un marchio di fabbrica, il cosiddetto “Esprit Canal”. Di quello spirito ribelle, molto connotato a sinistra, è rimasto ben poco. «Ha normalizzato l’emittente con una rapidità impressionante» raccontano i due autori del libro appena uscito in Francia.
vincent bollore dal financial times
Bolloré non si è accontentato solo di guardare i conti. «È entrato direttamente nella gestione dei contenuti, facendo provini, scartando presentatori, decidendo alcuni format, bocciandone altri». Ha stravolto trasmissioni simbolo, come il Grand Journal, imponendo una conduttrice che ha fatto precipitare gli ascolti. Ha lasciato andar via Yann Barthès, ideatore del popolare Petit Journal, una sorta di Striscia la Notizia. Ha ridimensionato les Guignols, storica trasmissione di satira politica.
«Rappresentate Tspiras come una cicala e Merkel come la formica» è stato il folgorante consiglio ai nuovi autori, riportato in “L’Empire”. L’imprenditore ha anche regalato ai produttori di programmi uno dei suoi libri feticcio, “L’eroe dai mille volti”. Pubblicato nel 1949 dall’antropologo americano Joseph Campbell, teorizza l’esistenza di un “mono-mito” da cui discende qualsiasi racconto. Una sorta di breviario dello storytelling.
VINCENT BOLLORE TARAK BEN AMMAR
«Bolloré può essere un presidente affabile e premuroso, ricorda spesso i nomi dei figli dei dipendenti» continuano gli autori. «E può diventare sprezzante. Una delle sue battute più frequenti in riunione è: ‘Non ci sono premi Nobel in questa stanza’». Caldo, freddo. A Canal+ ha seminato il terrore, convinto che sia un modo di “smuovere” la vecchia pay tv.
VINCENT BOLLORE LES GUIGNOLS DE L INFO
In pochi mesi, ha versato 23 milioni di euro in buonuscite per sbarazzarsi della vecchia guardia. «Una gigantesca purga, con pochi precedenti nel sistema tv francese» raccontano Garrigos e Roberts che hanno chiesto invano di intervistare Bolloré. L’imprenditore ha chiesto a luglio un risarcimento danni record (50 milioni di euro) alla tv pubblica France 2 che ha prodotto uno speciale su di lui.
vincent bollore vivendi
“L’Empire” nasce come un’inchiesta pubblicata a puntate sul nuovo sito d’informazione a pagamento Les Jours, fondato da un gruppo di ex giornalisti di Libération. Il giornale online non ha pubblicità, è al 90% di proprietà della redazione e dopo 7 mesi ha già 6 mila abbonati. «Bolloré è preoccupato di scrivere la sua leggenda, ma Canal + potrebbe essere il suo primo vero fallimento» osservano Garrigos e Roberts.
VINCENT BOLLORE
La pay tv ha perso mezzo milione di abbonati nell’ultimo anno e cumulato perdite per 108 milioni di euro nel primo semestre. «I media sono sempre stati un suo pallino. Sognava di fare l’editore» sostengono gli autori. La prima incursione risale a quasi vent’anni fa: Bolloré tentò invano di strappare Tf1 a Martin Bouygues. Nel 2004 ottiene un canale sul digitale terrestre, fonda Direct 8.
nicolas sarkozy vincent bollore
«Il suo concetto era fare una tv sempre in diretta - ricordano Garrigos e Roberts - Gli studi erano dentro alla Tour Bolloré. Era un misto tra grandi mezzi e dilettantismo. Ogni volta che c’era un guasto tecnico partiva la canzone Moonlight Shadow. Anche il palinsesto era bizzarro, tra una trasmissione cattolica e una dentro alla discoteca del figlio».
Direct 8 non è mai decollata. Secondo i due giornalisti è la piccola tv è stata la “zucca” venduta da Bolloré a Canal +, trasformata poi in una carrozza che l’ha portato a conquistare Vivendi. E’ la “tecnica del cavallo di Troia”, scrivono ancora i giornalisti, ormai ben collaudata. Da Havas fino a Telecom Italia. Una tecnica che potrà essere replicata ancora, e ancora.