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    LA FREGNA REGNA – LA VAGINA È TORNATA DI MODA! È CRESCIUTA L'ATTENZIONE PER I GENITALI FEMMINILI, E ANCHE IL NUMERO DI INTERVENTI DI LABIOPLASTICA, CIOÈ UNA CHIRURGIA ESTETICA CHE MODIFICA LA FORMA DELLA VULVA - SI È CREATO UN IDEALE DI BELLEZZA (ROSA, LABBRA SOTTILI E POCHI PELI) CHE PUÒ RENDERE INSICURI - LA SESSUOLOGA DANIELA BOCCONI: “IL FATTO CHE SI PARLI TANTO DI SESSO È UN TRAGUARDO. IL PROBLEMA È CHE È STATO RAGGIUNTO SENZA GARANTIRE GLI STRUMENTI PER..."


     
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    Estratto dell’articolo di Susanna Macchia – “La Repubblica - D”

     

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    “Nessuno guarderà questa bizzarra serie che parla di un teenager che si mette a dare consigli di sesso dalla stanza di un bagno. È troppo strana”. Diceva così Laurie Nunn, ideatrice, sceneggiatrice e produttrice di Sex Education, uno dei titoli Netflix più di successo degli ultimi anni (la stagione finale è stata visualizzata, finora, da oltre 25 milioni di persone).

     

    «Avevo scritto la trama qualche anno prima e avevo ricevuto così tanti rifiuti che pensavo non avrebbe mai visto la luce», prosegue l'autrice. «Quando Netflix ha mostrato interesse e ho ottenuto il via libera, è stato uno shock. Non riuscivo a immaginarmi come la gente avrebbe reagito e non appena hanno iniziato a dirmi che l'avevano vista e che era piaciuta non mi sembrava possibile».

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    In effetti è stata la prima serie non documentaristica a parlare di sesso in maniera così esplicita e approfondita, coinvolgendo un pubblico vasto e trasversale. «Anche se si affrontano tematiche sessuali in modo schietto, volevo si capisse che era fatto con il cuore e con convinzione, in modo che chiunque, di qualsiasi età, potesse guardarlo».

     

    Così è stato. E se Sex & the City, alla fine degli anni 90, aveva elaborato il tema di una sessualità femminile libera, consapevole e soprattutto glamour, Sex Education ha cambiato i codici semantici della conversazione spostando l'asticella su un linguaggio senza iperboli, senza filtri, senza confini di genere, identità e fantasia.

     

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    Parlare di sesso, analizzarlo, raccontarlo e talvolta ostentarlo è una caratteristica, e forse un'esigenza, molto specifica di questi ultimi anni. Prima delle vicende dei giovani del Moordale College narrate da Nunn, ci sono state le sessioni di sessoterapia condotte da Gwyneth Paltrow (e delle esperte) in The Goop Lab, il più recente Le basi del piacere, l'altro titolo teen Non ho mai... e il documentario sulla storia di PornHub Money Shot.

     

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    Oltre ai prodotti tv ci sono poi i podcast (Il sesso degli altri, Vengo anch'io, È il sesso bellezza, solo per citarne alcuni), i libri (Vengo prima io di Roberta Rossi, Come as you are di Emily Nagoski, The Vagina Bible di Jen Gunter) e i progetti artistici.

     

    Hilde Sam Atalanta (they/them) è, per esempio, un'illustratrice basata ad Amsterdam che dal 2016 porta avanti The Vulva Gallery, piattaforma digitale di inclusione sulla rappresentazione della vagina. Sette anni fa era un'idea pioneristica: «Di vulva si parlava poco.

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    Poi è arrivata una nuova ondata di femminismo, il #MeToo, la body positivity ed è cambiato il modo in cui si pensa al corpo. Le diversità hanno assunto un ruolo chiave e qualcosa sta cambiando anche a livello politico. C'è un maggiore interesse, ad esempio, per i bambini intersessuali e la parola "vagina" è diventata mainstream», sostiene Atlanta.

     

    […] A sentire l'artista, infatti, sono soprattutto le nuove generazioni le più «in lotta con l'immagine della vulva. Negli ultimi anni c'è stato un aumento mondiale degli interventi di labioplastica - trattamento che modifica le dimensioni delle labbra interne. C'è un "ideale di bellezza" della vulva (rosa con pochi o nessun pelo pubico e piccole labbra interne) proposto dai media, dal porno tradizionale e persino dai libri di testo di biologia totalmente irreale.

     

    Questa rappresentazione, unita alla mancanza di un'adeguata educazione alla diversità corporea e al fatto che non siamo abituati a parlare dei nostri genitali, può portare a sentimenti di insicurezza e alla paura di sentirsi "strani" o "brutti"».

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    Il risvolto paradossale di questa sovra narrazione è infatti l'insorgere di nuove insicurezze: «La tentazione di fare confronti è fortissima. Anche sulla frequenza "giusta" dei momenti dedicati ai rapporti intimi. Si cercano (e facilmente si trovano) rilevazioni statistiche su quanto spesso le coppie facciano l'amore: se il numero corrisponde si dice "Fiuu, sono nella norma", altrimenti scatta il sentirsi inadatti, inadeguati», sostiene Emily Nagoski, sex educator, autrice di libri e podcast di grande successo.

     

    D'accordo anche la counselor della sessualità Daniela Bocconi che spiega: «Il fatto che si parli tanto di sesso è un grande traguardo. Forse, però, il problema è che è stato raggiunto senza garantire gli strumenti in grado di elaborare correttamente le informazioni diffuse dai media e da una pornografia sempre più facilmente accessibile. Nelle scuole italiane, per esempio, si danno nozioni anatomiche di base e istruzioni contraccettive ma non si fa educazione sessuale.

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    Il risultato è che i ragazzi non sanno ascoltarsi. E pur avendo un'idea estremamente fluida della sessualità hanno creato nuovi stereotipi inventando ulteriori etichette di orientamenti». Gli adulti, dal canto loro: «Entrano facilmente in crisi paragonando le loro performance a quelle che vedono nei porno o anche nei film e nelle serie. Durata dei rapporti e orgasmi simultanei non corrispondono alla realtà e provocano frustrazioni». […]

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