Dal “Corriere della Sera”
controlli variante inglese
Nessun collegamento con la «variante inglese». A contagiare l'operatrice dell'Aise non sarebbe stato quindi il compagno, un ex ufficiale britannico, ora funzionario di banca impiegato in una filiale romana, che nei primi giorni di dicembre era stato nel Regno Unito ed era poi tornato a Roma in aereo. Una svolta negli accertamenti sanitari sulla coppia, finita la settimana scorsa alla ribalta della cronaca perché proprio la «007», una romana di 42 anni, era stata indicata come la prima paziente italiana affetta dalla mutazione del coronavirus che ha causato il blocco delle frontiere con la Gran Bretagna.
La dipendente dell'intelligence nazionale, monitorata dai medici dell'ospedale militare del Celio, dove è stato individuato per la prima volta in Italia il genoma «inglese» del Covid, è sempre in buone condizioni e in isolamento domiciliare, in attesa di un tampone negativo che ne autorizzi finalmente l'uscita dalla quarantena. A casa con lei, sempre in isolamento, c'è anche il compagno, di 45 anni, che è invece positivo al coronavirus, ma solo a quello «tradizionale»: gli esami di laboratorio non hanno evidenziato nel suo organismo la presenza della variante.
ospedale militare celio 2
Rimane quindi il mistero, come era già stato ipotizzato in un primo momento, su come questa mutazione possa essersi sviluppata - ma non è il primo caso in Italia - su una paziente che non si è recata in Gran Bretagna negli ultimi tempi. Un aspetto ora allo studio che potrebbe aprire nuovi scenari. Per il momento la prudenza è massima, anche perché non si capisce se l'assenza di contatti con i contagi d'oltremanica sia una conferma del fatto che la variante in questione in realtà non sia inglese e soprattutto che era presente in Italia all'inizio del mese, visto che la 42enne, dopo i primi sintomi - solo un lieve raffreddore - si è messa in autoisolamento già dal 13 dicembre scorso.
VARIANTE INGLESE CORONAVIRUS VIRUS COVID