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    LA VENDETTA DEL BANANA - DALLA BRACE A PANNELLA: UN REFERENDUM PER TAGLIARE LE GAMBE ALLE TOGHE ROSSE


     
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    Ugo Magri per "La Stampa"

    Silvio Berlusconi e Marco PannellaSilvio Berlusconi e Marco PannellaPannella e Berlusconi visti da Benny per LiberoPannella e Berlusconi visti da Benny per Libero

    Berlusconi è piombato nella notte a Roma perché in giornata conta di vedere Pannella. Non solo il leader radicale: nel giro di Arcore si ipotizzano colloqui segreti con esponenti Pd, nel tentativo di capire che cosa ne sarà del suo seggio di senatore.

    Ma l'incontro con il leader radicale prefigura scenari politici ad alto tasso di imprevedibilità. Vorrebbe dire che il Cavaliere non crede più (o crede pochissimo) alle mediazioni, è già sicuro che la Giunta lo farà decadere dal Parlamento, dà come inevitabile la crisi di governo e dunque si prepara a sostenere in prima persona i referendum sulla giustizia messi in campo da Pannella. Che sono quanto di peggio si possa augurare la magistratura, secondo alcuni un colpo mortale al potere delle toghe (e non solo della casta più politicizzata).

    Una ritorsione nei confronti della Suprema Corte, che giusto ieri gli ha rovesciato addosso le motivazioni della condanna? Sì, certo, c'è anche un sentimento di vendetta, sfogato nella telefonata a «Studio Aperto» subito dopo avere letto le 208 pagine «allucinanti e fondate sul nulla». Inutilmente Letta (lo zio Gianni) e Bonaiuti hanno tentato di frenarlo: accanto al Cavaliere c'erano in quel momento i «quattro dell'Ave Maria», vale a dire Verdini, Capezzone, Bondi e la Santanché, il cui influsso si è fatto sentire sul padrone di casa.

    Eppure la svolta referendaria, vivamente sconsigliata dagli avvocati Ghedini e Coppi, frenata nei limiti del possibile dalle «colombe» che ancora sperano nel compromesso, giudicata un fatale errore e forse definitivo di Berlusconi sul Colle più alto, non è semplicemente legge del taglione. Sottintende una sfida ancora più drammatica. Minaccia di alzare alle stelle il livello dello scontro.

    napolitano giorgionapolitano giorgio BERLUSCONI-PANNELLA BY GIANNELLIBERLUSCONI-PANNELLA BY GIANNELLI

    È come se il Cavaliere mandasse a dire a Napolitano, a Letta, al Pd: o voi mi concedete di tornare immediatamente alle urne per ricevere dal popolo una nuova legittimazione più forte delle mie condanne; oppure sappiate che presto dovrete fare i conti con cinque quesiti sulla giustizia molto ben formulati, su cui la Consulta nulla potrà obiettare, politicamente per voi devastanti, in grado di trasfigurarmi nella vittima dell'ingiustizia...

    Pannella, che nella sua carriera ha cavalcato tutte le tigri, perfino le più indomabili, già pregusta una campagna referendaria infuocata come ai vecchi tempi, l'Italia che si divide pro e contro, i radicali più che mai nel vivo della lotta.

    In realtà Berlusconi, che nell'animo rivoluzionario non è, si accontenterebbe di molto meno, anche semplicemente di un rinvio «sine die» della sua decadenza da senatore. Sa che a novembre, quando scatterà l'interdizione dai pubblici uffici, dovrà lasciare comunque il Parlamento. E tuttavia non tollera di esserne cacciato dal Pd con il marchio dell'intoccabile.

    CASSAZIONE as xCASSAZIONE as x antonio espositoantonio esposito

    Per cui da una parte dice ai suoi negoziatori «se voi mi garantite il risultato, okay, procedete pure con i vostri colloqui»; dall'altra fa irruzione come è avvenuto ieri sulle sue reti e da lì minaccia l'apocalisse: «Se qualcuno pensasse di eliminare con un voto in Giunta il sottoscritto, cioè il leader del primo partito (nei suoi sondaggi, ndr), allora si sarebbe davanti a una ferita profonda della democrazia... Milioni di italiani non lo consentirebbero».

    Nemmeno l'abolizione dell'Imu al Cavaliere basta più. Anzi, la considera con molto sospetto. Capezzone gli ha messo una pulce nell'orecchio, per cui «vigileremo», promette, «su questa service tax» in modo che non si risolva in una beffa per i proprietari di case. Inoltre ha capito che Alfano ci ha fatto una gran bella figura, però poi il conto rischia di pagarlo lui. Doppiamente.

    Toghe RosseToghe Rosse

    Primo, perché il Pd sconfitto sull'Imu diventerà intrattabile nella Giunta delle elezioni, quando dovrà votare sulla decadenza. Con Epifani, guarda caso, durissimo («Non c'è qualcuno più uguale degli altri, la Giunta si riunirà, valuterà le ragioni della difesa e poi deciderà»).

    Secondo, perché il decreto sull'Imu a Berlusconi lega le mani, gli rende più difficile causare la crisi. Se lui facesse cadere il governo, addio cancellazione dell'odiata tassa; anzi, per colpa del Pdl, gli italiani dovrebbero pagare la rata di dicembre, e pure quella di giugno. Per non parlare dell'Iva...

    FRANCO COPPI E NICCOLO GHEDINIFRANCO COPPI E NICCOLO GHEDINI

     

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