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    LA VENEZIA DEI GIUSTI – “L’IMMENSITÀ” DI EMANUELE CRIALESE NON È UN ROMANZO DI FORMAZIONE DI UN RAGAZZINO/RAGAZZINA PAZZA PER RAFFAELLA CARRÀ, ANCHE SE LA CARRÀ DOMINA LA SCENA E CRIALESE SPINGE PENELOPE CRUZ, NEL RUOLO DELLA MADRE, A RIFARLA PERFETTAMENTE IN UNA VERSIONE FOTOCOPIA DI "PRISENCOLINENSINAINCIUSOL". E’ UN ROMANZO DI DIFFICILE E TORMENTATO CAMBIAMENTO DI SESSO SOPRATTUTTO MENTALE DI UNA RAGAZZA CHE SI SENTE RAGAZZO IN QUEGLI ANNI ASSURDI E OGGI, SI SPERA, LONTANI… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

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    Eccola Penelope Cruz un po' Raffa, un Patty nella Roma di cinquant'anni fa. Già crescere negli anni ’70 nelle famiglie borghesi e cattoliche italiane, sempre attaccate alla tv, rimpinzate di Carrà e Corrado in bianco e nero e di pubblicità dell’Amaro Cora, non era il massimo, figurarsi crescere con un corpo da ragazza sentendosi maschio. Né carne né pesce.

     

    Affidati a vestiti e un taglio di capelli che devono coprire la tua femminilità nascente. Racconto in gran parte autobiografico dell’autore, “L’immensità” di Emanuele Crialese, il sensibile regista di “Respiro”, che lo ha scritto assieme a Francesca Manieri e Vittorio Moroni, non è, come si pensava, un romanzo di formazione di un ragazzino/ragazzina pazza per Raffaella Carrà, anche se la Carrà domina la scena e Crialese spinge la sua assoluta star, Penelope Cruz, nel ruolo della madre, a rifarla perfettamente in una versione fotocopia di "Prisencolinensinainciusol" con Celentano interpretato dalla figlia/figlio.

     

    emanuele crialese emanuele crialese

    E’ un romanzo di difficile e tormentato cambiamento di sesso soprattutto mentale di una ragazza che si sente ragazzo in quegli anni assurdi e oggi, si spera, lontani, con padri padroni brutali e maneschi, come qui Vincenzo Amato, che mettono incinte le segretarie e pretendono che le moglie stiano zitte e buone a sopportare in silenzio.

     

    La piccola Adriana, detta Adri, è la più grande di tre figli, e quella che più soffre per il dolore della madre Clara, Penelope Cruz, l’unica che sembra poter condividere il suo problema più profondo, anche se già deve superare il suo matrimonio poco riuscito con un uomo che oltre a non capirla la corca di botte e la tradisce.

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    Ma Penelope Cruz, la mamma, la simil Carrà, copre anche il grande immaginario “maschile” e parecchio gaio di Adri spettatore di tv e già pazzo di Patty-Raffa. Nella ricostruzione della sessualità ambigua di Adri, il maschile e il femminile della tv, cioè Celentano e Raffa o, come sarà nella seconda parte del film, Johnny Dorelli e Patty Pravo che cantano, ognuno a modo suo, “Grazie amore mio”, la versione italiana del tema musicata da Francis Lai per “Love Story”, sono Adri, il maschio liberato nel corpo di Adriana e la sua mamma, Penelope, liberata dal rozzo marito-padrone.

     

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    Così, se lo spettatore pensava di assistere a una sorta di allegro musical con Penelepe Cruz che rifà Raffa, lo avremmo adorato tutti, si deve accontentare dell’idea angosciante del cambio di sesso di una ragazza che sublima la sua idea di liberazione del maschile vs il femminile con la mamma diventata Patty Pravo e lui diventato Johnny Dorelli.

     

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    Cosa che dopo due ore di film, diciamo, non è quello che credevamo di vedere, anche perché “Grazie amore mio” è una canzone terribile che al tempo non si poteva che odiare. E nessuno, allora, amava Dorelli cantante. Anche se, è vero, può esser visto come una metafora, presa molto alla lontana, di un cambio di sesso, che toccherà o sta toccando la protagonista e automaticamente il regista.

     

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    Ma se il tema è quello, allora, magari, un po' più di coraggio nel mostrarsi non sarebbe guastato. Anche perché oggi il mondo è diverso dai tempi degli esordi di Crialese. Alla fine sembra un coming-out represso e poco interessante, perché il film, come la ragazzina/ragazzino protagonista rimangono chiusi nel loro guscio per due ore e non esplodono davvero mai.

     

    E il tutto si chiude, per rispettare il titolo, con Don Backy che canta “L’immensità”. Senza capire il perché. Ecco. Magari avremmo voluto da Crialese, dopo un silenzio sulla sua vita di più di vent’anni, ora che il tema del cambiamento di sesso non è più un tabù, qualcosa di più chiaro di questa metafora dorelliana.

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