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Marco Giusti per Dagospia
Ispirato da una canzone dello stesso titolo della cantante pop giapponese Akiko Yano del 1991, che non conoscevamo affatto, ma che sentiamo per intero nella scena che chiude il film, “Love Life” del regista e sceneggiatore giapponese Koji Fukada è un’opera estremamente delicata e sensibile con una fotografia dai colori pastello su un dramma familiare che sconvolge la vita di una giovane coppia innamorata.
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Taeko e Jiro, Fumino Kimura e Kento Nagayama, si sono sposati e vivono assieme da un anno, contro il parere dei genitori di Jiro, perché Taeko ha già un figlio, il piccolo Keita di sei anni, avuto da un uomo precedente, un coreano sordomuto di nome Park, Aton Sunada. Anche Jiro aveva una ragazza precedente, Hirona Yamazaki, che ha lasciato quando si è innamorato di Taeko. I suoceri vivono proprio nel palazzo dirimpetto a quello della coppia. Quando, durante una piccola festa per i 65 anni del suocero, per un incidente casalingo, Keita batte la testa e muore affogato nella vasca da bagno (certo, non è tanto credibile…), la situazione precipita.
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Anche perché si fa vivo il padre di Keita, che dorme nel parco e non lavora, e i suoceri decidono di lasciare la loro casa e di allontanarsi dalla coppia che è visibilmente in crisi dopo la tragedia.
Tutto trattenuto su fragilissimi equilibri di rapporti rischiosi pronti a scoppiare o a deteriorarsi da un momento all’altro, “Love Life” è un film meno forte delle opere di Ryûsuke Hamaguchi, ma lo spettatore italiano troverà che va nella stessa direzione di una grande cura di messa in scena, riprese e direzione degli attori e una sensibilità che il cinema europeo e italiano in particolare italiano non ha per le piccole storie drammatiche della vita. Il film, presentato stasera in concorso, uscirà in Italia distribuito da Teodora.
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