Marco Giusti per Dagospia
22 july
"Marxisti, oggi morirete!". Mette ancora paura il folle neonazista Anders Breivik che il 22 luglio del 2011, nell'isola di Utoya, fece una strage di ragazzi in un campo estivo, 69 morti, oltre 100 feriti, tutti figli della buona borghesia di sinistra, in pratica la futura elite del paese, dopo aver fatto scoppiare una bomba due ore prima a Oslo che provocò altri 8 morti. Un regista forte, politico e molto d'azione come Paul Greengrass dirige adesso per Netflix senza perdere il suo stile questo 22 July, presentato a Venezia in concorso, dove dalla ricostruzione perfetta del massacro arriviamo al processo di Breivik.
22 july
Il tutto è alternato alla storia di uno dei ragazzi fetiti a Utoya che riesce a riprendersi la propria vita che sembrava distrutta. Sappiamo che Grrengrass è più a suo agio nell'azione pura, come nei suoi Jason Bourne, ma ha l'intelligenza e la cultura necessarie per trattare il caso Breivik e Utoya e tutto il civilissimo processo che seguì come parte della nascita del populismo e del fascismo nell'Europa di oggi. I ragionamenti di Breivik su nazionalismo, difesa della razza, odii per la sinistra non sono così lontani da quelli dei leader dell'estrema destra europei.
22 july
Il film di Greengrass cade un po' nella parte centrale con lo sviluppo un po' meccanico della storia del sopravvissuto, e non gli fa bene una lunghezza eccessiva, 150 minuti, ma ha una notevoel regia e una chiara visione del quadro politico e del politico che l'Europa sta correndo. Gli attori, dal Breivik di Anders Danielsen Lie a Thorbjorn Harr a Jon Oigarden, parlano tutti in inglese come vuole Netflix. Non è un bene.