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    LA VENEZIA DEI GIUSTI – “MONICA”, DI ANDREA PALLORO, È UN DISCRETO MÉLO DEI GIORNI D’OGGI CHE TORNA SU UN TEMA MOLTO FREQUENTATO DAL CINEMA AMERICANO. IL RITORNO A CASA. IN UNA CASA E IN UNA CITTÀ, DI PROVINCIA, DA DOVE SI È SCAPPATI MALAMENTE TANTI ANNI PRIMA - IL FILM È COSTRUITO SULLA SESSUALITÀ DELLA PROTAGONISTA, LA BELLISSIMA TRANS TRACE LYSETTE. LA VEDIAMO CHATTARE CON UNA PARRUCCA CON CHISSÀ CHI, ALLIETARE UN ROZZO CAMIONISTA SCOPATORE, MA SOPRATTUTTO LA VEDIAMO BUTTARSI VIA IN UNA SORTA DI DELIRIO DA AUTO-FLAGELLAZIONE MASOCHISTICO. BUONO PER LE SERATE INVERNALI - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    monica di andrea pallaoro monica di andrea pallaoro

    Meno autoriale di “Hannah” e “Medeas”, i primi due film di Andrea Pallaoro, un po’ scolastici un po’ troppo da festival, ma decisamente anche più gradevole per un pubblico che ben conosce la forza della sua protagonista, la bellissima Trace Lysette resa popolare dal personaggio trangender di Shea nella lunga e fortunata serie “Transparent”, questo “Monica”, presentato in concorso oggi e scritto da Andrea Pallaoro assieme a Orlando Tirado, è un discreto mélo dei giorni d’oggi che torna su un tema molto frequentato dal cinema americano. Il ritorno a casa. In una casa e in una città, di provincia, da dove si è scappati malamente tanti anni prima. La complicazione in più è il sesso della protagonista.

     

    monica di andrea pallaoro monica di andrea pallaoro

    Una donna, Monica, che ha già non pochi problemi con un amante stronzo che ricopre di messaggi e telefonate a vuoto e che vediamo da subito piuttosto instabile, va a trovare una vecchia madre malata terminale, Patricia Clarkson, sempre bravissima, con la quale ha rotto brutalmente tanti anni prima.

     

    Indecisa se rivelarsi o meno come sua figlia o lasciare che le cose prendano il loro corso naturale. La riconoscerà, la accetterà? Lì incontra il fratello Paul, Joshua Close, che ha una moglie, Emily Browning, tre figli e qualche problema anche lui, una tata messicana, Adriana Barraza, che ha un figlio che sta uscendo di prigione. Il film è tutto costruito su quel qualcosa che dovrà prima o poi scattare tra la madre e la figlia da anni così lontana dalla sua vita, e sulla sessualità della ragazza che sembra, a quel che si vede, alquanto bizzarra.

    trace lysette trace lysette

     

    La vediamo chattare con una parrucca con chissà chi, la vediamo allietare un rozzo camionista scopatore all’interno del suo camion, ma soprattutto la vediamo buttarsi via in una sorta di delirio da auto-flagellazione masochistico. L’idea centrale del film non è tanto allora la riconciliazione con la mamma, quanto la riconciliazione con se stessa all’interno di una famiglia sfaldata.

     

    Buon film per le serate invernali, con le carte in regola per apparire in un festival come Venezia, ma proprio per questo un filo ovvio. Malgrado la grande presenza della protagonista Tracey Lysette e del suo corpo, così straripante dallo schermo

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