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    LA VENEZIA DEI GIUSTI – QUALCOSA NON FUNZIONA NEL “J’ACCUSE” DI POLANSKI. MALGRADO GLI APPLAUSI ANCHE ECCESSIVI DEL PUBBLICO IN SALA, COME SE L’INDUSTRIA  CINEMATOGRAFICA, SOPRATTUTTO ITALIANA, SI VOLESSE LIBERARE DELLE POLEMICHE LEGATE AL METOO, LA CRITICA AMERICANA HA MASSACRATO IL FILM – “VARIETY” TROVA “OSCENO” IL FATTO CHE IL REGISTA PARAGONI IL SUO CASO A QUELLO DI DREYFUS – ESALTATI INVECE I FRANCESI


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    j'accuse presentato a venezia j'accuse presentato a venezia

    Qualcosa non funziona nel J’accuse di Roman Polanski presentato ieri a Venezia. Malgrado gli applausi anche eccessivi del pubblico in sala, come se l’industria cinematografica, soprattutto italiana, si volesse liberare delle polemiche legate al MeToo, la critica americana ha massacrato il film. Owen Gleiberman di “Variety” trova “osceno” il fatto che Polanski paragoni il suo caso a quello di Alfred Dreyfus. "Possiamo discutere, e dovremmo farlo, su come Hollywood e il sistema legale americano dovrebbero trattare oggi Roman Polanski", scrive il critico.

     

    roman polanski roman polanski Owen Gleiberman Owen Gleiberman

    Ma dobbiamo ricordarci, prosegue, che "Alfred Dreyfus, tuttavia, era un uomo innocente. Mentre Polanski, prima di fuggire dagli Stati Uniti in attesa di essere condannato nel 1977, ha confessato in tribunale." Anche il critico di “The Wrap” punta il dito sul confronto Polanski-Dreyfus. “Qualsiasi controversia che potrebbe scaturire dalla decisione di Roman Polanski di paragonarsi a una delle più grandi vittime dell'ingiustizia della storia viene dissipata dalla fredda apatia del risultato di quel che vediamo”.

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    David Ehrlich di “Indiewire” parla invece solo del film. “Costruito con una metodo delicato e soddisfacente che svela l'affare Dreyfus con tutta la confusione giornalistica di Spotlight, ma senza la stessa integrità”. Xan Brooks del “guardian”, invece, ne parla bene: “E’ un pezzo di carpenteria professionale solida e ben realizzata, come uno di quei pesanti mobili vittoriani. Costruito per durare, per essere utilizzato. Più a lungo lo guardi, più cresce”.

     

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    Molto meno convinto, anche come film, Owen Gleiberman di “Variety”: “La prima metà del film ti prende subito, ma dopo un po’ inizia a sembrare come la versione cinematografica di una voce di Wikipedia”. Ecco. Anche Deborah Young di “The Hollywood Reporter” si mostra parecchio delusa. “Il risultato è stranamente carente di cuore e anima, come se un armatura di rigida disciplina militare lo tenesse sotto controllo”. Esaltati, invece, i critici francesi.  “Qualunque cosa si pensi dello stato giuridico attuale di Roman Polanski, il suo ventiduesimo film si rende indispensabile per rigore e bellezza.”, scrive “Le Monde”.

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