Marco Giusti per Dagospia
Venezia. Il giorno dopo.
emmanuelle seigner riceve il premio per polanski
Sulle pagine di giornali e siti internazionali i premi di Venezia 76 vengono definiti un po’ ovunque “controversi”. Controverso premiare con il Leone d’Oro il Joker di Todd Phillips, che segna la prima volta che un comic book movie, per quanto dark, vince un grande premio e si lancia evidentemente all’Oscar con un chiaro messaggio di rivoluzione proletaria e di lotta di classe. Controverso premiare con il Gran Premio della giuria il J’accuse di Roman Polanski, definito sui tabloid americani ancora child rapist, ma che gioca più profondamente sulla lotta della cultura europea contro il sovranismo dilagante.
Entrambi film e premi, leggo, che “sembrano scusare i maschi per i loro crimini”. Ahi. Ma gettar tutto sul #meToo copre la carica politica dei film. Perfino il Premio Speciale a La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco, col suo accenno alla famiglia Mattarella e all’omertà dei palermitani, può dare noia a qualcuno e apparire controverso. E non scordiamo il discorso sul palco di Luca Marinelli e di Ariane Ascaride, premiati con la Coppa Volpi, che dedicano i loro premi il primo a chi salva le vite in mare e la seconda a chi giace per sempre nel fondo del Mediterraneo.
j'accuse di roman polanski 7
Alla faccia di Salvini che, fortunatamente, scegliendo il palco del Papeete Beach si è rovinato la calata a Venezia sul red carpet con la fidanzata (pensa come rosica) da Ministro dell’Interno e si è evitato così lo scontro a rutti con i cinematografari radical chic e comunisti. Minchia! Con Franceschini, invece, ci sarà solo il pericolo dell’eterno ritorno dei fratelli Sgarbi.
Insomma, queste giurie veneziane, mentre fuori dal red carpet una massa di giovani dimostravano contro il cambiamento climatico e le grande navi a Venezia, Roger Waters definiva Boris Johnson un “pericoloso sociopatico” e Mick Jagger accusava Donald Trump, hanno dato premi a film difficili, non banali, controcorrente. In poche parole controversi. Come si faceva una volta. E hanno premiato anche opere provenienti dal Sudan, dalla Nigeria, dal Pakistan.
rean mazzone premio per la mafia non e piu quella di una volta
Magari non si capisce come delle scelte così politiche possono coesistere in un festival ormai dominato dai marchi degli sponsor, dove ogni stella o stellina è firmata dalla testa ai piedi, e alla fine è quasi sobrio il Dior di Chiara Ferragni, dove i giornalisti non contano più niente o quasi, dove il cinema, film da Oscar a parte, che si vedono solo i primi giorni, sembra il fratello povero della videoarte, pronto a essere inglobato dal sistema della moda che domina già la Biennale Arte.
E un po’ inutilmente cercavo i vecchi critici tra reduci fofiani e una massa sterminata di pischelli che sparano cazzate in rete. Detto questo non so, sinceramente, se oggi, con o senza Salvini, saremmo pronti alla ribellione come il Joker se ci tagliassero lo stato sociale o se saremmo più disposti all’omertà palermitana descritta da Maresco.
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