?@Fiorello si sta ricaricando per noi, da novembre su @RaiPlay. pic.twitter.com/J7NbZT8ILz
— Ufficio Stampa Rai (@Raiofficialnews) 9 luglio 2019
Finalmente alla Rai hanno capito che l’idea di Campo Dall’Orto di creare una piattaforma digitale, piena di contenuti, con la possibilità di seguire in diretta i programmi e trampolino di lancio per la multimedialità non era una cazzata. Ci è voluto del tempo, diversi nuovi direttori, e alla fine Salini, uno che è schiacciato dalla politica ma che di piccolo schermo se ne intende, ha dato a Raiplay quel che è di Raiplay.
FIORELLO SU RAIPLAY
Per il momento, dopo l’annuncio dei palinsesti, si tratta “solo” – virgolette obbligatorie – di far passare il messaggio che la piattaforma Rai (gratuita, serve solo la registrazione) sarà ovunque, in qualunque forma (diretta, differita, contenitore esclusivo) e in qualunque momento (tutta la stagione, sempre).
A settembre, poi, si andrà più nel dettaglio, con una presentazione ad hoc. Ma intanto, per ora, è abbastanza chiaro che il futuro, per Salini e per i suoi, per questa Rai scombussolata dalla soap gialloverde, abbia la faccia digitale di Raiplay. È la nuova, grande frontiera del West. E la selezione di contenuti, di volti e di novità per la piattaforma è una selezione interessante: “potenziata”, azzardiamo.
RAIPLAY
Si tratta, banalmente, di mettere a regime le risorse. Fare uno show live con Fiorello significa prendere una cosa, lo streaming così come lo conosciamo, e ripensarlo: non è Netflix, ma è ESPN, come si fa con lo sport. Significa creare un’audience non solo nel lungo periodo, ma pure nell’immediato. Significa pensare in verticale e, allo stesso tempo, in orizzontale. E magari significa anche riuscire a definire, a numerare, le persone che seguono Raiplay (Fiorello scherza e dice che Salini è l’unico spettatore; in realtà, su Raiplay, c’è tanta di quella roba che chiunque, almeno una volta, ci sarà andato).
fabrizio salini marcello foa
Alla Rai, insomma, stanno pensando di fare di Raiplay il loro avamposto contro l’invasione straniera (no, niente sovranismi; si tratta di tristissima competizione): box-set, possibilità di guardare serie in binge watching (magari, ecco, ne andrebbero prodotte di più e di diverse) e di accedere all’informazione live (cosa che, altrove, non c'è); e ancora: contenuti extra, pensati, prodotti e scritti solo per la piattaforma. E poi c’è tutta la questione tecnologia, che non è cosa da poco: permettere agli spettatori di accedere a Raiplay su qualunque device – desktop, mobile, smart tv – è segno che Viale Mazzini vuole avvicinare un pubblico nuovo, diverso, un po’ più – ci permettiamo – giovane.
fabrizio salini mara venier alberto matano al premio biagio agnes
Siamo nell’anno 0 di Raiplay. Ora si fa una bella copertina, si costruisce a dovere, si rende appetibile, e le si dà qualche piccola (ma importantissima) anticipazione. Fiorello, per esempio. Si sparge la voce: un sussurro, un rumor, un chiacchiericcio di fondo. Si lascia che qualche grosso giornale titoli l’impossibile (“Raiplay sfida Netflix”), e il gioco è fatto. Poi, però, non bisogna deludere le aspettative e bisogna essere all’altezza delle promesse fatte. E quella sì che è una sfida difficile.
antonio campo dall orto RAIPLAY