Giampiero Mughini per Dagospia
giampiero mughini
Caro Dago, il sabato mattina è il giorno che il mucchio di giornali che traggo via dalla mia edicola è talmente pesante che richiederebbe un carrello per portarlo sino a casa.
Solo che oggi gli altri giornali che ho comprato – e i giornali sono esseri viventi – dovrebbero mettersi sull’attenti innanzi al “Robinson” che ospita le prime puntate del resoconto che uno scrittore francese da me amatissimo, Emmanuel Carrère, farà giorno per giorno per tutti e nove i mesi che durerà il processo a quattordici degli islamisti radicali che avevano progettato l’attacco al Bataclan e ai ristoranti pagini, attacchi che costarono in tutto 130 vittime.
EMMANUEL CARRERE
Tranne uno, i quattordici imputati non fecero parte del gruppo (4 terroristi) che effettivamente sparò e massacrò al Bataclan. Tranne quello che avrebbe dovuto farsi saltare in aria e che all’ultimo momento non ne ebbe l’animo e di cui il suo avvocato difensore (probabilmente per sminuirne le responsabilità) ha detto che il suo livello mentale è quello di “un posacenere vuoto” .
E comunque è impossibile che le pagine di un qualsiasi altro giornale di oggi abbiano la forza agghiacciante di quello che racconta Carrère dopo avere ascoltato le testimonianze di alcune centinaia di sopravvissuti, alcuni dei quali menomati dai colpi ricevuti. Erano in mille circa al Bataclan, asseragliati ad ascoltare le note di un gruppo rock.
il processo del bataclan emmanuel carrere su robinson 1
A tutta prima credettero che gli scoppi fossero quelli di alcuni petardi. Poi cominciarono a vedere i corpi che cadevano, i cadaveri di ragazzi e ragazze ai quali le pallottole dei kalashnikov avevano fatto dei fori grandi quanto un piatto, e cominciarono a buttarsi per terra gli uni sopra gli altri, gli uni che sanguinavano e talvolta morivamo sugli altri. A questo punto gli assassini cominciano a deambulare lungo la sala, guardano i corpi che non si muovono, prendono la mira, sparano.
Uno degli uomini sdraiati per terra si alza e si rivolge loro: “Perché lo fate?”. Lo ammazzano. Uno dei delinquenti sopravvissuti dirà che lo avevano fatto perché gli aerei francesi avevano bombardato in Siria luoghi islamici dove c’erano anche donne e bambini, e dunque loro volevano rendere la pariglia.
bataclan
In quello spaventoso finimondo di sangue e di violenza succedono cose che nemmeno una grande letteratura saprebbe inventare. Uno dei terroristi muniti di kalashnikov si rivolge a uno dei ragazzi francesi (di nome Guillaume) e gli fa cenno con lo sguardo che per il momento non lo avrebbe ucciso, anzi lo invita a salire sul palco dov’è lui.
salah abdeslam
Guillaume non sa che cosa lo attende, non capisce il perché di questo comportamento e comunque sul palco ci sale. In quel preciso momento irrompono nella sala del Bataclan un eroico commissario della brigata anticriminalità e il suo autista. In tutto e per tutto sono armati di due pistole e pur tuttavia sparano e uccidono il terrorista che ha il tempo di farsi esplodere. “E dopo?”, chiede il giudice a Guillaume. “Dopo è il dopo”, risponde Guillaume.
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Il quale aggiunge che il commissario anticriminalità che probabilmente gli ha salvato la vita lo ha cercato e che si sono parlati a lungo, a cercare di capire quel che era successo dentro di loro. A questo punto il giudice ha chiesto a Guillaume se lui si avvalga attualmente di un qualche supporto psicologico. Carrère: “Con il suo bel timbro di voce, con quel tono perfettamente neutro che a tutti noi faceva venire la pelle d’oca, ha risposto: ‘No’ “.
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