Ilario Lombardo per "La Stampa"
draghi scholz
«Ci sarà un avvicinamento delle posizioni». È con questa battuta che Mario Draghi ha fotografato la realtà del confronto con il cancelliere tedesco Olaf Scholz a proposito della revisione del patto di Stabilità. Non c'è un accordo, nel senso che il socialdemocratico non può offrire, a pochi giorni dall'insediamento del suo governo con verdi e liberali, la certezza che la Germania seguirà il piano di riscrittura delle regole di bilancio europee a cui puntano il premier italiano e il presidente francese Emmanuel Macron.
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La misura della prudenza di Scholz è nella sua risposta durante la conferenza stampa, a termine dell'incontro avvenuto a Roma, a Palazzo Chigi: «Le regole hanno già la loro flessibilità», flessibilità che da qui al futuro è in grado di garantire «a tutti la soluzione per risolvere i propri problemi».
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A Palazzo Chigi invitano a intravedere in questa cautela una ragione politica: il grande tabù del debito in Germania è una cosa seria. Lo scontro del rigore con i Paesi più fragili economicamente è la ferita che ha segnato gli anni dell'austerity, dell'implacabile bibbia ordoliberista tedesca. Scholz si è mostrato sensibile alla nuova dottrina in costruzione tra Francia e Italia, ma gli serve tempo. Per convincere l'opinione pubblica, i partiti - il fronte liberale del suo governo, innanzitutto -, il Parlamento.
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Ma se è cambiato il contesto, stravolto dal Covid, è necessario secondo Draghi che cambi anche il paradigma. Il premier è fiducioso: «Il dopo-pandemia chiama tutti i Paesi - sostiene l'ex numero uno della Banca centrale europea - a finanziare progetti senza precedenti nel caso della transizione ambientale, digitale, della difesa comune. Sono progetti imponenti, occorrerà vedere come si innestano nelle nuove regole di bilancio.
Forse sono troppo ottimista ma è un campo più semplice degli altri». Per questo si dice convinto che le posizioni si avvicineranno. Lo dice ascoltando Scholz virare sul maxi piano Next Generation Eu, 750 miliardi che servono a spingere la ricostruzione, ed entrare nella nuova era della transizione ecologica e digitale.
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Soldi che si aggiungono ai 300 miliardi del piano Sure contro la disoccupazione. Si cominci partendo da qui, da «questo enorme processo», sostiene il cancelliere, quasi a voler mettere alla prova la serietà degli impegni italiani.
Per il premier però quel processo ha bisogno di nuove regole. Nei prossimi giorni è prevista la pubblicazione del documento co-firmato Draghi-Macron che conterrà le proposte sul nuovo Patto di Stabilità.
La Spagna, secondo El Paìs, ha fatto già sapere che non intende aderire subito ma seguirà la rotta indicata dal cancelliere socialdemocratico. La visita di Scholz era molto attesa anche per questo. Perché va saldato un triangolo tra Roma, Parigi e Berlino che, nei piani di Draghi, rappresenta l'orizzonte di una nuova leadership.
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Non si arriverà forse a una riedizione del Trattato del Quirinale, firmato meno di un mese fa tra Italia e Francia, ma con la Germania «abbiamo appena cominciato un percorso assieme», spiega il presidente del Consiglio.
Al momento sono state individuate una serie di aree, e alla fine del percorso si capirà se il contenuto dell'accordo prenderà la forma di un memorandum, di un protocollo o di un vero e proprio Trattato bilaterale.
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Draghi e Scholz, per esempio, condividono la necessità di superare la regola della decisione all'unanimità, che consegna potere di veto a tutti i Paesi che partecipano al Consiglio europeo. È una battaglia su cui intendono lavorare anche con Macron, nel semestre francese della presidenza di turno, per gettare le basi di una Difesa comune, che sia complementare e non in competizione alla Nato.
Per il resto, Scholz non è per nulla avaro di complimenti verso il collega italiano. Sulla lotta al Covid non fa che elogiare l'azione del governo, e spiega di aver preso a modello il Comitato tecnico scientifico e la task force che anche in Germania sarà guidata da un generale sull'esempio italiano di Francesco Paolo Figliuolo.
Appare e traspare grande armonia tra i due, non c'è alcun dubbio. Ma un conto sono i rapporti personali, un altro il carattere e la diffidenza storica di un Paese che sulle regole del rapporto deficit Pil ha costruito la propria egemonia in Europa. Anche per questo, con una buona dose di malizia, quando arriva la domanda sul patto Draghi risponde ironico: «Lascio la parola al cancelliere, perché su questo non sono competente». Sa, insomma, che sarà la Germania a decidere.
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