Mario Manca per www.vanityfair.it
Se Piero Angela è arrivato a 91 anni con la stessa energia e lo stesso entusiasmo che aveva quando mise per la prima volta piede in Rai nel 1951 deve dire grazie al colesterolo e alla glicemia. «Le ho entrambe basse, e questo vuol dire che il sangue circola ancora bene. Se non si hanno delle malattie gravi, si può e deve continuare» spiega al telefono dalla sua casa di Roma, prendendosi le pause giuste e nuotando nei ricordi come se la memoria fosse un’enorme piscina da perlustrare a bracciate e a sforbiciate.
piero angela foto di bacco (2)
Dopo il successo dell’ultima edizione di SuperQuark andata in onda nella prima estate post Covid-19 della nostra storia, Angela torna su RaiPlay con il secondo ciclo di episodi di SuperQuark+, 10 racconti di scienza della durata di 15 minuti che cercano di affrontare gli argomenti più diversi in maniera completa, chiara, mai volgare. Un invito ai giovani a rimanere informati e a stare attenti, vigili verso un futuro ricco di insidie che dovrà fare i conti non solo con la denatalità crescente, ma anche con un aumento sempre più alto di anziani cui versare la pensione.
«Secondo le proiezioni di uno studio commissionato dall’università di Washington, l’Italia in futuro potrebbe avere una popolazione di appena 28/30 milioni di abitanti. La classe produttiva dovrà reggere non solo i pensionati, ma anche i giovani che dovranno impegnarsi per pagare le pensioni. Oltre a questo, sarà necessario che il nostro Paese sia competitivo sul piano internazionale, altrimenti il debito pubblico per ognuno di noi salirà e nessuno comprerà più i nostri titoli di Stato, cosa già in corso d’opera, tra l’altro». Piero Angela, giornalista, divulgatore, 38 libri all’attivo e 11 lauree honoris causa appese alle pareti, però, ci tiene a sottolineare di non essere un «profeta di sventure», ma solo un messaggero: «Dobbiamo dimostrare che il futuro non sarà così, il tempo è brevissimo».
piero angela foto di bacco (4)
Il giorno dopo la conferenza di SuperQuark+ tutti hanno parlato delle sue dichiarazioni sul Covid-19, quando spiegava che sarebbe dovuto intervenire l’esercito per controllare il corretto utilizzo delle mascherine da parte dei cittadini. Si aspettava tanto clamore?
«Qualsiasi cosa dicano i personaggi viene spesso utilizzata per fare dei titoli. Una volta non era così, credo che ci sia molto sensazionalismo oggi nell’informazione».
Per questo è finito nei Trend Topic di Twitter: ha famigliarità con il digitale?
«No, per niente. Non sono né su Facebook né su Twitter, non ho nessuna chat. Niente. Dico sempre che mi piace navigare su un’altra tastiera, quella del pianoforte. Tutto il tempo che gli altri spendono per questi interventi io lo dedico alla musica».
Eppure SuperQuark+ sbarca proprio su una piattaforma digitale, RaiPlay.
«Molto si sta spostando lì, soprattutto i giovani. Le interazioni digitali li attraggono di più».
Il format prevede puntate molto brevi che, però, lei aveva già «predetto»: negli anni Ottanta testò le Pillole di Quark che duravano appena 30 secondi.
PIERO ANGELA MARGHERITA PASTORE
«Mi resi conto che eravamo visti solo dalle persone che sceglievano di vedere i nostri programmi, ma io volevo provare ad arrivare anche agli altri. Così mi vennero in mente delle pillole di 30 secondi da distribuire come coriandoli un po’ dappertutto, infilandocele tra i programmi e le pause pubblicitarie. Nell’Almanacco del giorno dopo, che andava in onda prima del telegiornale ed era seguitissimo, ce n’erano addirittura 2, una in testa e l’altra in coda. Parlavano un po’ di tutto, di musica, di letteratura, di educazione civica, dei pericoli della casa. Ci fu anche Renzo Arbore che partecipò con degli spot divertentissimi contro il fumo».
A proposito di spot: lei nel 1988 ne girò uno che andò in onda a reti unificate e che spiegava il corretto utilizzo del preservativo. Ebbe mai problemi con la Chiesa?
«Prima di andare in onda ci furono due sondaggi tra le suore e i preti e venne fuori che il loro programma preferito era il mio. Sono sempre stato molto attento a separare scienza e fede: quello che va in onda nei nostri prodotti si trova nelle riviste di divulgazione scientifica, che si parli di cosmo o di corpo umano».
In SuperQuark+ ci ha messo anche del suo: nella puntata sui capelli, ha detto che comprò a New York una parrucca e un paio di baffi finti per poi metterseli a Roma. Lo fece sul serio?
«Me li misi a Carnevale. Non metterei mai una parrucca, altrimenti. I giovani soffrono molto per la caduta dei capelli, ma io non ho mai avuto questo complesso, tant’è che non ho mai fatto niente per farli ricrescere».
Una volta disse che in Italia il pensiero scientifico era un po’ emarginato. Oggi è ancora così?
piero alberto angela
«Le televisioni funzionano con un criterio: collocare i programmi con un ascolto più alto in prima serata in modo da favorire gli introiti pubblicitari dai quali derivano i soldi per andare avanti. Questo succede indipendentemente dal fatto che il programma sia di cultura o meno. Mio figlio Alberto l’ultima volta ha battuto “l’isola delle tentazioni” (Temptation Island, ndr): si dice sempre che la prima serata di Raiuno è quella che paga gli stipendi».
Lei li guarda i programmi di Alberto?
«Certo. Guardo anche i miei perché cerco i difetti. C’è chi si irrita quando qualcuno gli fa un’osservazione, mentre io le critiche vado a cercarle tra la gente, cercando di capire se c’è un modo per migliorare, se qualcosa piace o non piace».
Siamo sinceri: lei di critiche ne riceve pochissime.
«La cosa che mi colpisce è che sono amato dai giovani di tutte le età e le categorie professionali e culturali. È una gratificazione che mi rende felice perché questi ragazzi vivranno un secolo per niente facile e dobbiamo stare loro vicino affinché arrivino preparati. Non devono vivere alla giornata, ma applicarsi negli studi e conoscere la scienza, perché è in grado di aiutarli. Lasceremo questo mondo non solo ai posteri, ma ai figli e ai nipoti che sono già qua e vanno a scuola».
piero angela prima puntata di quark nel 1981
La scuola fa abbastanza per i giovani d’oggi, secondo lei?
«A scuola l’insegnamento procede ancora con il retrovisore: si insegnano la storia, il greco, il latino, la letteratura, tutte robe del passato che vanno benissimo, per carità, perché è necessario saperle. Dobbiamo, però, anche capire un po’ cos’è il presente e quello che ci aspetta. A scuola si insegnano le scienze, ma non la scienza e il suo metodo. Quando io l’ho scoperta ho capito meglio tantissime cose e mi sono appassionato».
Perché il futuro la preoccupa così tanto?
«Non lo vivrò perché non sarà roba mia, ma delle prossime generazioni. Ho avuto la fortuna di vivere nel periodo migliore di tutta la storia dell’umanità. Sono nato l’anno dopo che Lindbergh attraversò l’Oceano».
E pensare che rischiò di morire quando aveva un anno per la polmonite.
l ambasciatore ofer sachs saluta piero angela
«Ho pagato il mio biglietto di ingresso genetico. Penso anche di aver vissuto la guerra, ma di aver avuto la fortuna di non andare sotto le armi».
Nel 1967, però, fu arrestato quando era in Iraq. Come andò?
«Stavamo girando di nascosto un servizio sul petrolio per Tv7: quando arrivammo, avevano già impiccato 11 persone per spionaggio perché c’era la sindrome degli Israeliani e in quel momento l’Italia aveva adottato un atteggiamento pro-Israele. Un giorno riprendevamo da lontano, ma qualcuno ci ha visti e così, poco dopo, è arrivata una camionetta con i mitra spianati che ci ha portato prima in commissariato e poi in prigione. Pochi parlavano inglese, i telefoni non funzionavano, ma a mezzanotte venne il capitano dei servizi e capì la situazione in cui eravamo finiti. Ci sequestrarono tutto, ma ci liberarono».
Nella sua lunga vita ha dovuto anche affrontare uno scherzo malevolo da parte di alcuni colleghi: quando stava per partire il primo telegiornale sul secondo canale che lei avrebbe condotto, le fecero arrivare la notizia falsa della morte di Moravia. Come la prese?
piero angela (2)
«Malissimo, non si fanno queste cose. Soprattutto perché stavamo iniziando un telegiornale nuovo: un’ora prima di cominciare arrivò questa notizia che ci sballò tutta la scaletta, contattammo l’amico di Moravia Enzo Siciliano e iniziammo a lavorare sugli approfondimenti e su cosa avremmo detto. Quando nessuna agenzia di stampa confermava la notizia ci venne il dubbio e scoprimmo che era uno scherzo di quelli del primo canale. Ricordo benissimo che richiamai Siciliano per dirgli che era uno scherzo e lui mi disse che aveva già cominciato a telefonare a tutti gli amici per dire che Moravia era morto. “No, fermi tutto”, gli dissi».
È possibile, invece, che lei non abbia mai visto il Festival di Sanremo?
COPERTINA DEL LIBRO DI PIERO ANGELA
«Confermo. Vidi quelli con Nilla Pizzi negli anni Cinquanta, poi stetti via 13 anni fuori fuori dall’Italia e, quando tornai, continuai a non vederlo perché non mi interessava. Sono un jazzista, per noi le canzonette sono come fumo negli occhi, infatti non ho mai visto neanche adesso nessun programma di canzoni. Non le saprei fischiettare nessun brano di quelli attuali. Però ammetto che una volta a Sanremo ci andai con Rita Levi Montalcini per promuovere la sua fondazione per le donne e la Sla».
Il primo incontro con la Levi Montalcini, però, non andò benissimo.
«Ci incontrammo perché volevo parlare della sua ricerca sul fattore di crescita nervoso, quella che poi le valse il Nobel. Arrivai all’incontro informatissimo ma, quando le spiegai come sarebbe stato il programma e che avremmo trasmesso 3 minuti sul suo lavoro, mi raggelò: “Solo 3 minuti?”. Rimasi paralizzato. Anni dopo la incontrai in stazione e mi disse di avere un debito con me: da lì siamo diventati grandi amici. Al tempo non sapeva che un documentario è fatto di diverse tessere che vanno a comporre un quadro d’insieme».
PIERO ANGELA
Un altro suo grande amico era Enzo Tortora, che però lei trovava «poco naturale» in tv. C’è qualcuno che le piace tra i presentatori oggi?
«Li trovo bravi nel loro genere, specie se sono divertenti e attenti al loro pubblico. La televisione è uno strumento che arriva alle famiglie e ritengo che ci voglia molta attenzione per evitare che vadano in onda cose che danno fastidio. È importante dire le cose in maniera educata, “in punta di penna”, senza inseguire la volgarità, il sensazionalismo e la ricerca assoluta dell’applauso o dell’emozione».
Oltre alla tv, è molto legato al cinema. Il film che non si stancherebbe di rivedere?
«Quelli di Fellini li riguarderei tutti perché mi considererei molto fortunato nel farlo. Quando ero ragazzo andavo di più al cinema e ricordo titoli come Miracolo a Milano e Ladri di biciclette, che rividi 10 volte ma che fu un flop d’incassi fino a quando non vinse un premio in Belgio. Il problema è che questi film oggi non li danno più».
PIERO ANGELA
Molti sono sulle piattaforme streaming, come Netflix o Prime Video.
«Dovrei abbonarmi perché ho visto che ci sono offerte di vecchi film che rivedrei volentieri. A cominciare da quelli di Kubrick, un genio».
Kubrick rispose di persona a una sua lettera quando gli chiese se poteva usare delle scene di 2001 Odissea nello spazio per un suo documentario. La conserva ancora?
«Sì, dovrei recuperarla. Quando gli scrissi non mi aspettavo che mi rispondesse, ma fu molto cordiale. Le case di produzione mi dissero che le immagini del film erano bloccate e che il nullaosta doveva arrivare solo da Kubrick. Dissi, benissimo, mi date il suo indirizzo?».
Intraprendente.
«Se uno bussa a tutte le porte qualcosa succede, specie se lo si fa in buona fede e con cortesia, come dice un famoso proverbio veneto».
PIERO ANGELA
Nelle ultime interviste che ha rilasciato le chiedono sempre della morte: la infastidisce?
«Sono un novantenne, per forza lo chiedono. La morte non piace a nessuno. Nel momento in cui succede di solito le persone entrano in un piccolo letargo e non si rendono conto del momento del trapasso. Dico sempre che la vita è un’avanzata verso le pallottole e le mitragliatrici: quando sei lontano ne senti il fischio, poi, man mano che ti avvicini, è sempre più difficile cavarsela, e prima o poi ti beccano. Dobbiamo rassegnarci, ma anche vivere al meglio perché non saremo mai più giovani come in questo momento. Sono, però, d’accordo con Woody Allen che, a un giornalista che gli chiese cosa ne pensasse della morte, rispose “non ho cambiato idea. Sono decisamente contrario”. Ecco, anch’io la penso come lui».
PIERO ANGELA
È consapevole, però, di aver scritto la storia? Il suo nome probabilmente lo studieremo per tanto tempo in futuro.
«Ho aiutato la diffusione del sapere. Le lauree mi sono state date non per quello che so, ma per l’aiuto che ho dato per diffondere la cultura scientifica. Mi fa piacere perché vuol dire che il lavoro che ho fatto era serio, ma non posso non pensare a Ruggero Orlando, che era il corrispondente della Rai a New York, un personaggio molto popolare e caratteristico. Mi sono reso conto che ormai se lo ricordano solo quelli che hanno più di 50 anni. Magari nessuno si ricorderà di me: forse i bambini, ma solo perché mi hanno visto in tv. I libri di divulgazione hanno una vita breve, quelli di letteratura sono eterni».
Anche i dischi. Il suo di musica jazz a che punto è?
«Non riesco mai a esercitarmi abbastanza, ma sono arrivato a buon punto e penso di farlo».
PIERO ANGELA
(Finita l’intervista, Piero Angela mi saluta così: «Mi piace parlare e fare divulgazione. Anche con un solo spettatore»).
PIERO ANGELA Piero Angela piero angela