Estratto dal “Corriere della Sera”
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Dopo gli attacchi d’odio sui social, il mandato di perquisizione. Additata come «traditrice e spia», non si abbatte Layal Alekhtiar, giornalista e conduttrice tv libanese residente a Dubai, ricercata dal tribunale militare di Beirut per aver intervistato nel suo programma, in diretta sul canale saudita Al Arabiya, un militare israeliano, subito dopo la strage del 7 ottobre e l’inizio della guerra contro Hamas.
Ai cittadini libanesi è vietato per legge contattare gli israeliani e le violazioni sono perseguibili penalmente: i due Stati sono ancora formalmente in guerra. Alekhtiar ha etichettato il mandato come «persecuzione politica sotto forma di oppressione giudiziaria».
Il mandato arriva, ha precisato, dopo che individui «vicini a Hezbollah», i miliziani filoiraniani del Libano, hanno chiesto ai magistrati di avviare un’inchiesta contro di lei. «La cultura della morte ha distrutto metà del Libano e altri Paesi arabi, io ho scelto la cultura della vita», ha reagito lei. C’è chi condanna l’intervento del tribunale militare ritenuto inadatto a giudicare casi del genere.
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[…] «Ho condotto l’intervista con rispetto, ho posto tutte le domande necessarie e ho concluso l’intervista, tutto qui, niente di più. Non l’ho elogiato, ma non l’ho nemmeno insultato», si è difesa Alekhtiar sentita da Arab News. […]
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