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    ATTENTI ALLE PAROLE DI PUTIN SUI CONFINI! “L'UNIONE SOVIETICA ERA LA RUSSIA STORICA”, MAD VLAD NEL DISCORSO A SAN PIETROBURGO HA FATTO CAPIRE CHE LE SUE AMBIZIONI DI RICONQUISTA NON SI FERMANO ALL'UCRAINA – LA DOCCIA GELATA QUANDO IL PRESIDENTE DEL KAZAKHSTAN TOKAEV (DEL QUALE IL LEADER RUSSO HA SBAGLIATO PER L'ENNESIMA VOLTA LA PRONUNCIA DEL NOME) HA DICHIARATO CHE IL SUO PAESE SI RIFIUTA DI RICONOSCERE I SEPARATISTI FILO RUSSI DEL DONBASS, IN NOME DEI QUALI, A SENTIRE IL CREMLINO, BISOGNAVA LANCIARE LA GUERRA…


     
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    Anna Zafesova per la Stampa

     

    Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 4 Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 4

    L'Occidente è in crisi, l'Unione Europea ha perso la propria sovranità, la Russia sta resistendo alle sanzioni e vincerà e l'Ucraina è uno Stato che non esiste: in quasi quattro ore di discorso, Vladimir Putin ha dipinto davanti ai visitatori del Forum economico internazionale di Pietroburgo il suo quadro geopolitico.

     

    Ormai ogni apparizione in pubblico del leader russo sembra finalizzata al alzare il livello di minaccia, e questo intervento non ha deluso le aspettative. Sono state menzionate le atomiche - «non stiamo minacciando nessuno, ma tutti devono sapere che le abbiamo e le useremo in caso di pericolo per la nostra sovranità» - e le pretese territoriali: «L'Unione Sovietica era la Russia storica», ha sostenuto Putin, facendo capire nemmeno troppo velatamente che le sue ambizioni di riconquista non si fermano all'Ucraina. Contesto nel quale le piccole aperture - come la dichiarazione di «grande rispetto» verso il popolo americano, o la concessione a Kyiv del permesso di entrare nell'Ue «anche se non gli conviene» - appaiono irrilevanti, così come la promessa di «non trasformare in Stalingrado» le città ucraine sotto attacco delle truppe di Mosca, anche se «i combattimenti sono sempre una tragedia».

     

    Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 5 Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 5

    Un appuntamento atteso, quello del forum di Pietroburgo, non solo perché pochi giorni prima il Cremlino aveva cancellato la tradizionale diretta con il presidente che risponde alle domande dei russi. L'evento, concepito anni fa come vetrina per il grande business internazionale, una sorta di Davos russa, quest' anno si è tenuto in un formato inevitabilmente ridotto, con le grandi società occidentali che si sono ritirate dalla Russia e i Vip globali che hanno snobbato l'evento. Mentre i fotografi davano la caccia all'emissario del taleban, invitato per la prima volta dal governo russo, dai vari panel dei ministri russi uscivano notizie sconsolanti: il vicepremier Yuri Borisov ha promesso che l'attuale parco di aerei civili (composto da Boeing e Airbus) potrà durare ben cinque anni, prima di dover iniziare a smontare i velivoli più vecchi per procurarsi i pezzi di ricambio mancanti, e il responsabile dell'Industria Denis Manturov ha promesso che la Russia «imparerà a produrre gli airbag».

     

    Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo

    Perfino la conduttrice dell'evento che ha visto al centro Putin, la capa della propaganda Margarita Simonyan - una delle più feroci sostenitrici della guerra in Ucraina, che ha più volte esplicitamente invocato l'uso della bomba atomica - ha osato mostrare un cartone di succo senza più etichette colorate, per la scomparsa del packaging di produzione europea. Chi però sperava che fosse il momento in cui il capo del Cremlino prendesse atto della realtà è rimasto deluso: la risposta di Putin è stata «per noi è più importante avere e l'indipendenza e la sovranità che il packaging», e che l'Occidente da sempre nega alla Russia le tecnologie sofisticate. «Fosse per loro, produrremmo soltanto petrolio, gas, corda e selleria», ha commentato.

     

    Un problema storico, quello dell'arretratezza tecnologica russa, che Putin, al contrario del suo modello Pietro il Grande, vuole risolvere con autarchia. L'impatto delle sanzioni, «folli e inutili», secondo Putin, è stato «molto esagerato», mentre per l'Occidente il prezzo sarà di 400 miliardi di dollari. Il presidente russo è tornato a vantarsi della «inflazione putiniana», come secondo lui viene chiamata in Europa, attribuendone la colpa agli europei che «hanno stampato moneta durante il coronavirus, e ora scaricano la colpa su di noi», anche per l'eventuale crisi alimentare «che resterà sulla coscienza degli Usa e della euroburocrazia». Nessun ripensamento nemmeno sulla catastrofica gestione della pandemia, dunque, per non parlare della guerra.

     

    Nikol Pashinyan - Alexander Lukashenko - Vladimir Putin - Sadyr Japarov - Kassym-Jomart Tokaev - Emomali Rahmon Nikol Pashinyan - Alexander Lukashenko - Vladimir Putin - Sadyr Japarov - Kassym-Jomart Tokaev - Emomali Rahmon

    E nessun segnale che la Russia vorrebbe fermarsi al Donbass: «L'Ucraina ha portato nell'impero russo solo tre regioni, Kyiv, Zhitomir e Chernihiv», ha stabilito Putin, sostenendo che l'Est è stato «conquistato dalla Turchia», mentre l'ovest «preso da Stalin a Polonia e Ungheria». Una visione «storica» che Putin ha accompagnato a una nuova dose di insulti verso gli ucraini: mentre l'Occidente avrebbe ormai «spogliato l'Ucraina di tutto, con i Carpazi disboscati», la scelta europea di Kyiv è un trucco per «nascondere nelle banche occidentali il denaro rubato».

     

    Ma la doccia fredda a queso sfogo di propaganda è arrivata subito nientemeno che dall'ospite d'onore che condivideva con Putin il palco del Forum: il presidente del Kazakhstan Kassym-Zhoma Tokaev (del quale il leader russo ha sbagliato per l'ennesima volta la pronuncia del nome) ha dichiarato che il suo Paese si rifiuta di riconoscere i separatisti filo russi del Donbass, in nome dei quali, a sentire il Cremlino, bisognava lanciare la guerra.

     

     

    Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 3 Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo 3

     

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