Zhong Nanshan è il più famoso epidemiologo della Cina. Nel 2003 rivelò errori e coperture nella crisi della Sars. Pechino lo ha richiamato in prima linea a 84 anni, mandandolo a Wuhan il 18 gennaio. Quel giorno si è capito che non si trattava solo di «una misteriosa malattia polmonare» inspiegata da dicembre, ma di un inizio di epidemia.
ZHONG NANSHAN
Appena arrivato il suo telefono cominciò a squillare: medici e suoi ex allievi lo avvisavano che la situazione in città era molto più grave di quanto si pensasse a Pechino. «Le autorità di Wuhan non avevano piacere di dire la verità, a quel tempo», ha spiegato il professore in una intervista alla Cnn. Zhong si rese conto che l' epidemia a metà gennaio non era più «prevenibile e controllabile», come dicevano invece i responsabili politici di Wuhan.
«Quel 18 gennaio chiesi alle autorità locali i veri numeri, ma erano riluttanti», ricorda. Così il professore tornò a Pechino, fece rapporto, il 20 gennaio avvisò la Cina (e il mondo) che il coronavirus ancora senza nome di Wuhan si stava trasmettendo tra persone, si rischiava la catastrofe.
ZHONG NANSHAN
Su suo consiglio il 23 gennaio Wuhan fu messa in quarantena, per 76 giorni. I capi del Partito nella città e nella provincia dello Hubei sono stati epurati a febbraio. Zhong dice che anche ora che la Cina ha fermato l' epidemia e registra pochissimi casi al giorno «la maggioranza della popolazione è ancora a rischio di contagio da Covid-19, per mancanza di immunità, non penso che ci troviamo in una posizione migliore rispetto agli altri Paesi del mondo al momento». E il dubbio che il coronavirus sia sfuggito per un errore da un laboratorio di Wuhan? . «Mi hanno assicurato che è assolutamente ridicolo, che non avevano la possibilità scientifica di fare un esperimento del genere».