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    LE BADESSE DEL FEMMINISMO INVOCANO I DIRITTI MA IMBAVAGLIANO IL CONTRADDITTORIO! IL CLAMOROSO CASO DI REBECCA SOLNIT CHE RIFIUTA DI FARSI INTERVISTARE AL FESTIVAL DELLA LETTERATURA DI MANTOVA DA MARINA TERRAGNI "REA" DI ESSERE "UNA FEMMINISTA RADICALE TRANS ESCLUDENTE" (PERCHE? CONDUCE BATTAGLIE CONTRO UTERO IN AFFITTO E CHIEDE MODIFICHE AL DDL ZAN). LA REPLICA DELLA TERRAGNI - E JUDITH BUTLER URLA ALLA CENSURA PERCHÉ…


     
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    FRANCESCO BORGONOVO per la Verità

     

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    Una settimana fa era stato il settimanale britannico The Economist a lanciare l'allarme riguardo l'ascesa della «sinistra illiberale», che ampia riempirsi la bocca con i diritti ma, alla prova dei fatti, si rivela più propensa che mai alla censura. Ebbene, forse è ora che qualcuno si accorga dell'esistenza  del fenomeno (e della sua pericolosità) anche dalle nostre parti, soprattutto dopo quanto accaduto al Festival della letteratura di Mantova.La nota kermesse letteraria aveva in programma un incontro con Rebecca Solnit, autrice femminista americana divenuta celebre per l'invenzione del «mansplaining».

     

    In un libro che ha avuto grande successo, denunciava una orribile discriminazione: gli uomini sono così arroganti e sessisti che pretendono di «spiegare le cose» alle donne. A quanto pare, però, la suscettibile autrice ha lo stesso vizietto: pretende di spiegare le cose agli altri (maschi e femmine) senza accettare non soltanto il contraddittorio, ma persino una normalissima interlocuzione.La faccenda si è svolta più o meno così.

     

    marina terragni marina terragni

    Gli organizzatori del Festival di Mantova avevano chiesto a Marina Terragni, nota intellettuale femminista, di presentare la Solnit al pubblico e di intervistarla. La Terragni ha accettato, e si è preparata per l'incontro, previsto ieri sera. La Solnit, come spesso fanno gli intellettuali radical, si è mostrata parecchio esigente. Ha chiesto che le fosse mostrata in anticipo la lista delle domande che le sarebbero state poste durante l'intervista, ed è stata accontentata. Poi, però, alcune ore prima di andare in scena ha fatto sapere ai vertici del Festival che non si sarebbe fatta intervistare: si sarebbe limitata a tenere un discorso, rispondendo alla fine a una domanda dal pubblico.

     

    Qual è stato il problema? Semplice: la presenza di Marina Terragni. Come i nostri lettori sanno, Marina da anni conduce battaglie molto coraggiose contro l'utero in affitto, per la modifica del ddl Zan e contro le derive del cosiddetto «transfemminismo». Combatte, da sinistra, l'ideologia Lgbt, rifiutandosi di accettare il dogma secondo cui un transessuale sarebbe una donna a tutti gli effetti. Ecco, questo è il motivo per cui la Solnit non l'ha voluta accanto a sé. In alcune mail private inviate agli organizzatori mantovani, la simpatica Rebecca ha indicato la Terragni come una pericolosa «Terf», acronimo che sta per «femminista radicale trans escludente». Capito?

     

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    Poiché la Terragni sostiene che un uomo operato non sia una donna, non deve avere diritto di parlare, deve essere considerata una razzista e messa a tacere.«Per "chiamare le cose con il loro nome" (citando un titolo di Solnit), il nome di questa cosa è "bavaglio" e non somiglia affatto a quello che lei scrive nei suoi saggi», ha commentato la Terragni. «Li ho letti tutti anche se non potrei dire che Solnit sia esattamente la mia passione. Ma Solnit è certamente una voce eminente, gode di un grande seguito, e mi era sembrato interessante poter dialogare con lei. Abbiamo esperienza del no-debate praticato con fermezza dal mondo Lgbtq, l'abbiamo sperimentato anche in Italia con i sostenitori del ddl Zan che si sono metodicamente sottratti a ogni confronto: ma da Rebecca Solnit non me lo sarei aspettato». Purtroppo, come sempre più spesso avviene, chi cerca il dialogo e il confronto viene puntualmente respinto.

     

    Marina Terragni Marina Terragni

    Gli intellettuali come la Solnit, grandi sostenitori della massima libertà per la galassia arcobaleno, fanno di tutto per togliere spazio a chi dissente, e nella gran parte dei casi ci riescono, come dimostrano innumerevoli storie che arrivano da Stati Uniti e Inghilterra. Nel mondo anglosassone lo chiamano «no platforming», noi preferiamo chiamarla censura. E forse i responsabili del Festival di Mantova avrebbero dovuto mostrare un poco più di coraggio, e rifiutare di far parlare Rebecca Solnit: o il confronto o niente. Bisogna smettere di farsi dare lezioni di tolleranza dagli intolleranti, non è più possibile permettere ai razzisti del pensiero come la Solnit di accusare gli altri di razzismo. L'Economist, ad esempio, rifiuta di utilizzare il termine Terf.

     

    marina terragni marina terragni

    Lo considera offensivo, e non tollera che gli attivisti trans lo usino per intimidire i loro nemici. Il Guardian, notoriamente schierato a sinistra, ha preso una posizione leggermente diversa in una vicenda che ha riguardato un'altra illustre portavoce della Cattedrale del Politicamente corretto: Judith Butler, la madrina del gender.Nei giorni scorsi, il quotidiano britannico ha pubblicato una intervista alla Butler firmata da Jules Gleeson. Già il titolo era raccapricciante: «Dobbiamo ripensare la categoria di donna» (la cara Judith, tra le altre cose, pretende che con la parola «donna» si indichino anche maschi operati). Il contenuto della conversazione, ovviamente, era anche peggio, ma nessun intellettuale vip ha pensato di indignarsi per le scemenze proferite dalla Butler. A risentirsi invece è stata proprio lei, la Madre Superiora della Cattedrale.

     

    Proprio così: la Butler ha frignato di essere stata censurata dal Guardian e immediatamente la notizia ha fatto il giro del mondo, ripresa con un certo sussiego anche dal Corriere della Sera. In effetti, i redattori del Guardian hanno ritenuto di tagliare un passaggio dell'intervista. Diceva così: «L'ideologia anti-gender è uno dei ceppi dominanti del fascismo dei nostri tempi. Quindi le femministe radicali trans escludenti non faranno parte della lotta contemporanea contro il fascismo».

     

    MARINA TERRAGNI MARINA TERRAGNI

    La frase era evidentemente insultante e violenta verso le presunte Terf, ma il Guardian non l'ha tolta per questo. L'ha levata perché faceva parte di una risposta più ampia riferita a una storia che ha suscitato parecchio scalpore negli Usa. Si tratta del cosiddetto «Wi Spa Incident»: una donna di Los Angeles ha pubblicato un video, divenuto virale, dichiarando che un maschio si aggirava nella zona riservata alle donne con il pene in bella vista. Come è facile intuire, si trattava di un trans che, seppur dotato di genitali maschili, si è riservato il diritto di stare nudo nell'area femminile. Nella conversazione incriminata, Judith Butler ha presentato il caso della «Wi Spa» come un esempio dell'intolleranza dei fascisti omofobi e transfobici.

     

    Sia lei che la sua intervistatrice, tuttavia, si sono dimenticate di dire che il trans «vittima di odio» era in realtà un signore di 52 anni registrato nelle liste dei «sex offender» e con due condanne per atti osceni alle spalle. È per questo che il Guardian ha eliminato un passaggio dell'intervista: per evitare di difendere un molestatore con la scusa della battaglia contro l'accusa di transfobia.Comunque sia, la censura inesistente subita da Judith Butler ha ottenuto titoloni. Quella vera subita da Marina Terragni ne otterrà molti meno. Tocca prenderne atto: viviamo in un modo in cui i molestatori sono trattati da vittime e gli intellettuali seri sono considerati molestatori.

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