Giovanna Cavalli per Il Corriere della Sera
orietta berti
«Io e l’Osvaldo per festeggiare abbiamo stappato la bottiglia di lambrusco vinta alla lotteria di beneficenza della parrocchia di San Donnino, patrono di Montecchio, per contribuire avevamo comprato venti biglietti». Nel pacco-premio «c’erano pure un salame, un buono per mezzo chilo di gelato, uno da venti euro da spendere al vivaio e un coupon per una messa in piega dal parrucchiere, però non ci sono ancora andata. Oh sì, il lambrusco era ottimo, un po’ scuro, di quelli che ti fanno i baffi neri», racconta lieve Orietta Berti nata Galimberti, 74 anni, undici Sanremo e 16 milioni di dischi venduti («Forse sarebbero di più ma non lo dico sennò mi fanno pagare la percentuale pure su quelli»), che ha brindato alla vittoria contro il Fisco: dal 1998 la tassava come fosse un’azienda ed è stato condannato a restituirle 19 anni di versamenti Irap non dovuti.
L’Oriettissima nazionaledi Fabio Fazio («Quante cattiverie su di lui, è tanto buono e bravo») che la schiera anche stavolta nel suo Che tempo che fasu Raiuno — aveva perso nei primi due gradi ma non è rimasta a guardare la barca che va, è andata fino in Cassazione e — tipitipitì — alla fine l’ha spuntata. «Mi sa che per ridarmi i soldi ce ne metteranno altri diciannove», ride mentre versa il caffè della moka tra trionfi di fiori di stoffa, busti di bronzo e porcellane sul comò («Malignano che sia robaccia, invece un sacco di pezzi li ho presi da un marchese caduto in disgrazia»), con i due cagnoni corsi da sessanta chili Olimpio e Otello — la regola della O, già applicata ai due figli Omar e Otis, vale anche per loro (unici esentati i sette gatti) — che abbaiano dietro la porta. «Ci vogliono, qui intorno ormai è pieno di ladri. Prenda un pezzetto di crostata, l’ha fatta mia cognata con la marmellata di prugne».
Quanto deve riavere indietro?
«Centomila euro. Non volevano credere che gestiamo tutto in famiglia. Questa non è una fabbrica e mio marito le pare un dipendente?»
Come li investirà, ci ha pensato?
«Li spenderò in opere buone, tanto ormai li avevo dati per persi».
pino strabioli presenta orietta berti al pubblico del gay village (2)
Ci è rimasta male, accusata di evasione?
«Sempre stata onesta, io. Tutto alla luce del sole. Per le serate ci sono i manifesti in strada, se vai in televisione si vede, non si scappa».
Onestà è il motto dei Cinquestelle, per cui dichiara simpatia.
«Sono amica di Grillo da una vita. Quante serate insieme negli anni Ottanta e Novanta, a Fiuggi, Chianciano, Montecatini. Domani sono con la Berti, incasso sicuro! Tempo fa mi ha invitato a Mantova per un suo spettacolo e siamo stati a cena, uno spasso».
Lo ha mai votato?
«No, ogni volta che ci sono le elezioni mi trovo sempre all’estero. Quando sono le prossime? In primavera? Mi sa che sarò in Canada».
Cosa le piace dei grillini?
«Che si accontentano, non sono ingordi».
Si occupa lei delle finanze domestiche?
orietta berti paltrinieri
«No, no, per fortuna c’è Osvaldo che sa far bene di conto. Io sarei più con le mani bucate, colleziono scarpe, camicie da notte, bambole, acquasantiere, spendo facile. È lui che mi frena. Orietta, basta, diamoci un giro di vite. I primi tempi abbiamo avuto qualche discussione, poi ho capito che sono fortunata ad avere un marito così. E sa perché?»
Perché?
«Ogni volta che volevo aumentarmi il cachet, Osvaldo si raccomandava: ricordati Orietta che devi far guadagnare quelli che lavorano con te, così ti vorranno sempre bene, pensa prima a loro. Infatti sono ancora qui. Ne ho visti di cantanti egoisti che dopo cinque stagioni sono spariti e adesso mi telefonano a Natale, con la scusa degli auguri, per spillarmi soldi. Come certe colleghe famose e squattrinate che la critica porta in palmo di mano, mentre io sono stata sempre trattata da vecchia ciabatta. Mi prendono da parte dietro le quinte o nella toilette: Orietta, tu sei sempre in tv, prestami qualcosa».
E lei glieli dà?
«Prima sì. Una mi ha chiesto quattromila euro per tre anni di fila. Poi il suo manager mi ha consigliato di non dargliene più, che li spendeva in droga oppure al gioco».
Appena arrivata a Milano, a 19 anni, viveva in un pensionato di suore.
«Figlia unica, papà Mafaldo era morto in un incidente, mamma voleva stare tranquilla. Dovevo rientrare prima delle 6 di pomeriggio, altrimenti mi chiudevano fuori».
orietta berti canta alcune sue canzoni (6)
Non è mai scappata al buio dalla finestra?
«E per andare dove?»
E il flirtino con Teo Teocoli?
«Ma no, nessun flirt, eravamo quattro amici, io, lui, Ricky Gianco e Giampieretti, beh, lì in mezzo Teo era il più bello e mi faceva tanto ridere, niente più. E poi poco dopo ho conosciuto Osvaldo».
Lo incontrò alla fiera di San Simone.
«Magro magro, con un trench alla Bogart, molto serio. Lo invitai a bere un caffè al cioccolato a casa mia, gli davo del lei. Portò in regalo un grosso pezzo di formaggio. Il nonno disse: bene, è generoso. La nonna invece era sospettosa: è troppo secco, non è sano, informati bene».
Da allora è stato sempre un io, tu e le rose, senza spine.
«Quando canto ancora si commuove».
Debutto discografico nel 1964.
«Firmai un contratto con la Polydor, che era poi la Philips, quella degli elettrodomestici. Mi imposero di cantare in italiano le canzoni di Suor Sorriso, mica ero tanto convinta, però vendettero l’ira di dio».
Nel 1965 vinse il Disco per l’Estate.
«Con Tu sei quello. Per scegliere quali canzoni incidere i produttori le facevano ascoltare in fabbrica e al venerdì gli operai dovevano votare quella che gli era piaciuta di più. Tony Renis per tre anni ha provato a darmi Grande grande grande, ma non arrivava mai prima. Che poi magari se la cantavo io non vendeva e comunque Mina era la più brava».
orietta berti canta alcune sue canzoni (5)
Qualche produttore che faceva proposte sconce c’era anche allora?
«A me non è mai successo, forse perché non ero belloccia, solo carina, non portavo minigonne e tacchi, ai piedi solo paperine».
Si allena nei gorgheggi due ore al giorno.
«Altrimenti perdi le note basse e le alte e ti trovi che non prendi più il do. Metto le cuffie e ripasso il repertorio mentre rassetto casa. Faccio 40 serate all’anno, ai bei tempi erano 300».
Sempre in giro.
«Con Claudio Villa siamo stati un mese negli Stati Uniti, diciannove date. Era inverno e in albergo faceva un caldo tremendo, un guaio per la voce, avevo messo gli stracci umidi sui radiatori e saliva su la puzza di detersivo. Un giorno quel matto si mise a cantare per strada O’ sole mio. Daje Orie’ che rimediamo un po’ di soldi. E via con tutto il repertorio napoletano».
Com’è andata?
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«Alcuni passanti ci hanno riconosciuto e pensando che fossimo ridotti in miseria volevano invitarci a mangiare a casa loro. Una volta invece mi ha convinto a seguirlo da Milano a Lugano sulla sua moto. Tiette stretta Orie’. Mi ero fatta un bel pupullo e...»
Pupullo?
«Come dite voi? Sì, insomma, uno chignon. Beh, lungo il tragitto sono volate via tutte le forcine e all’arrivo sembravo una matta».
Vi divertivate parecchio.
«Senta quest’altra. Modugno era superstizioso da morire. C’erano le prove di Canzonissima, io ero in prima fila con i piedi sulla sedia. Lui si interrompe di colpo. Di chi sono quei sandalacci viola che portano jella?, urla. In realtà erano fucsia. Me li ha fatti togliere, eh. La sarta ha dovuto prestarmi le pantofole».
I talent musicali li segue?
«Mah, questi giudici si commuovono ogni cinque minuti davanti ai concorrenti, ma quale pelle d’oca, io ai più gli tirerei una scarpa».
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Sarà in gara a Celebrity MasterChef ma non sapeva stendere la pasta per i tortelli.
«Mi venivano dei buchi grandi così. Orietta, tu ti appoggi troppo al matterello, mi rimproveravano mia mamma e mia suocera. Un anno fa finalmente ho scoperto il trucco. Divido in quattro l’impasto e preparo sfoglie più piccole. Prima potevo farci giusto i maltagliati».
A Cavriago, dov’è cresciuta, c’è il busto di Lenin.
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«Erano tutti rossi, in paese, anche mia mamma, che ogni Primo maggio cuciva le bandierine con falce e martello e andava ad attaccarle apposta davanti alle case dei democristiani. Al funerale di Stalin ci hanno chiamato in piazza per la proiezione, io ridevo con un’amichetta e ho buscato uno scapaccione. Ho cominciato a cantare alla Casa del Popolo e ho partecipato a tante Feste dell’Unità, li ho fatti guadagnare ben bene, votati mai, anche se almeno erano comunisti veri, che lottavano per un ideale. Sotto al busto ci sono sempre garofani rossi, del resto qui è così, abbiamo rosse persino le vacche».
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