Maurizio Tortorella per "La Verità"
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Le colpe dei padri non devono cadere sui figli, si legge nella Bibbia. Per la giustizia italiana, invece, le colpe delle madri possono cadere sulle figlie. È quanto accade ad Alessandra e Allegra Gucci, le due eredi di Maurizio Gucci, ultimo esponente della dinastia imprenditoriale fiorentina del lusso. Il 13 novembre, la terza sezione civile della Corte di cassazione le ha condannate a risarcire il danno che la loro mamma Patrizia Reggiani, mandante dell'omicidio dell'ex marito, ha causato a Paola Franchi, compagna di Gucci nei suoi ultimi quattro anni di vita. Ma non basta. Perché la Cassazione ha ordinato anche, e soprattutto, che Alessandra e Allegra versino alla madre 20 milioni di euro di arretrati, più un milione di euro l'anno per il resto della sua vita.
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La vicenda, paradossale, scaturisce dalla causa civile intentata da Paola Franchi a Patrizia Reggiani per la morte di Gucci, ucciso a colpi di pistola da un sicario la mattina del 27 marzo 1995, a Milano. Dieci anni prima Maurizio si era separato dalla moglie e alla fine del 1994 il divorzio, sancito in Svizzera dove Gucci aveva la residenza, era stato ratificato a Milano. Poco prima di morire l'imprenditore era intenzionato a sposare Paola Franchi, con cui conviveva da sei mesi. Così nel 2001, quando la giustizia ha individuato definitivamente come mandante dell'omicidio l'ex moglie di Gucci, condannandola a 26 anni di reclusione, la signora Franchi le ha chiesto un risarcimento.
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Che nel 2014, tra danni morali e materiali, è stato quantificato in 692.000 euro. Il problema è che Patrizia Reggiani, libera dall'ottobre 2016, risulta nullatenente. Per questo Paola Franchi ha spostato la causa contro le sue due legittime eredi: le figlie. La sua richiesta si è fondata su un «Promemoria d'intenti» firmato nel 1993 a Milano tra Gucci e l'ex moglie, come base del divorzio, poi ampliato in un «Protocollo d'accordo» siglato a Lugano nel 1994. In quei documenti Maurizio s' impegnava a versare alla ex moglie un «assegno vitalizio annuo» da 1,1 milioni di franchi svizzeri. Il processo per il risarcimento è stato lungo e complicato.
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Nel 2009 il tribunale di Milano aveva respinto la richiesta della signora Franchi, sostenendo che l'obbligazione di Maurizio Gucci, «in quanto intimamente personale», si fosse «estinta con la sua morte». La Corte d'appello aveva confermato che «anche nel caso della donazione di una rendita vitalizia, questa si estingue per la morte dell'obbligato». Nel 2015, a sorpresa, la Cassazione aveva invece ribaltato la sentenza. I supremi giudici avevano notato che nel Promemoria del 1993 una clausola concedeva a Patrizia Reggiani «l'uso vita natural durante» dell'appartamento milanese dove si era trasferita dopo la separazione: un attico lussuoso, affacciato su piazza san Babila, di proprietà di una società ereditata dalle due figlie, all'epoca minorenni.
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Secondo la Cassazione, questo elemento, pur parziale, suggeriva che il Promemoria fosse un obbligo più ampio, cui Maurizio si era legato anche dopo la sua morte. Così, cinque anni fa, la sentenza favorevole ad Alessandra e Allegra era stata cassata e il giudizio era stato rinviato alla Corte d'appello di Milano. Che nel gennaio 2017 aveva cambiato orientamento e dato ragione a Paola Franchi, stabilendo che le due eredi di Maurizio dovessero versare il vitalizio alla madre perché potesse provvedere al risarcimento. «Il comportamento penalmente sanzionato di Patrizia Reggiani», si leggeva nelle motivazioni, «non ha avuto rilievo sugli accordi con Maurizio Gucci ed è irrilevante». Alessandra e Allegra, oggi rispettivamente 44 e 39 anni, sono tornate a presentare un ricorso in Cassazione.
maurizio gucci patrizia reggiani e le figlie
Dove si sono trovate contrapposte a Paola Franchi e Patrizia Reggiani, affiancate in un'alleanza a dir poco anomala. Le due figlie di Maurizio hanno ricordato ai giudici che, nel processo penale, la loro mamma si era sempre difesa dall'accusa di avere ordinato l'omicidio dell'ex marito giurando di non aver avuto alcun interesse nella sua morte, proprio perché «avrebbe perso l'assegno vitalizio»: così facendo, in realtà, aveva riconosciuto che il milione annuale era un assegno di divorzio, non trasmissibile per via ereditaria. Anche il codice civile, del resto, all'articolo 463 stabilisce non possa ereditare «per indegnità» chi abbia «volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta».
Nel ricorso, Alessandra e Allegra hanno anche sottolineato che dopo la condanna, per 17 anni, la madre non aveva mai preteso d'incassare il vitalizio.Nessuna di queste argomentazioni è servita. Non è bastato nemmeno che lo scorso 15 settembre, meno di due mesi prima della sentenza, le figlie di Gucci abbiano segnalato alla Cassazione di aver scoperto che Patrizia Reggiani aveva già provveduto di persona a soddisfare tutte le pretese di Paola Franchi, in apparenza con i soldi ereditati da sua madre Silvana Barbieri, morta nell'aprile 2019.
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La corte ha dato loro torto, in via definitiva, e le ha condannate a pagare il vitalizio alla madre, con tutti gli arretrati. Il risultato è davvero un paradosso giuridico e crea un precedente inquietante: perché da oggi un uomo assassinato, attraverso le sue eredi, verserà milioni di euro all'ex moglie che lo ha fatto uccidere. Per anni, con sua sorella Alessandra, Allegra Gucci si è battuta sostenendo l'innocenza di sua madre. Oggi alla Verità si dice «sorpresa e amareggiata». E forse ha cambiato idea.
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