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    EVA RICCOBONO: ‘HUGH È STATO UN UOMO CHE HA FATTO DIVERTIRE MOLTE PERSONE, ERA UNA PERSONA POSITIVA, GENEROSA, NON HA USATO IL CORPO DELLE DONNE, LO HA CELEBRATO’ - IVA ZANICCHI INVECE SI È PENTITA: ‘AVEVO 40 ANNI, A MIO PADRE NON L’HO MAI DETTO. MIA MADRE HA SCOPERTO LE FOTO IN UN CASSETTO. IL TOPLESS? C'ERA IL FOTOGRAFO CHE...’ - LORY DEL SANTO: ‘UN PRIVILEGIO, E POI MI HANNO PAGATO UN BEL GRUZZOLO' - LA SCRITTRICE STANCANELLI: ‘CON HEFNER SE NE VA UN' IDEA NOVECENTESCA DEL SESSO. 


     
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    1 - EVA RICCOBONO: «ORGOGLIOSA DELLA MIA COPERTINA HO SPEDITO COPIE AI VECCHI AMICI»

    Michela Proietti per il Corriere della Sera

     

    «Proprio oggi pensavo che Hugh Hefner è stato un uomo che ha fatto divertire molte persone. Non solo perché ha creato un erotismo accessibile. Era lui stesso una persona positiva, con il sorriso immancabile». Eva Riccobono, coniglietta per Playboy nel 2009, ha conosciuto Hefner nella sua villa di Los Angeles, durante un party.

     

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    «Aveva intorno donne bellissime e sembrava felice. Era un uomo generoso: non ha usato il corpo delle donne, anzi lo ha celebrato con le sue copertine». Quando la modella palermitana ha ricevuto la proposta di posare per Playboy era incredula. «Mai nella vita avrei pensato di corrispondere ai canoni estetici di una playmate.

     

    Quando è uscito il numero con la mia foto in copertina ho acquistato decine di copie e le ho spedite ai miei amici di Palermo, gli stessi che da piccola dicevano che ero piatta! La genialità di Hugh è stata proprio questa, celebrare ogni genere di bellezza femminile».

     

     

    2 - IVA ZANICCHI: «AVEVO 40 ANNI, MI SONO PENTITA E A MIO PAPÀ NON L' HO MAI DETTO»

    Agostino Gramigna per il Corriere della Sera

     

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    Iva Zanicchi dice di aver fatto molto cose nella sua vita. «E non mi sono mai pentita. Ma quella foto non la rifarei». Senza veli sulla copertina di Playboy (Italia). «Bè senza, andiamoci piano. Avevo le calze color carne, sopra un paio nere, e una pelliccia che mi copriva». Il seno no. «Abile Frontoni, il fotografo: "Dai abbassa, un altro pochino. E pochino alla volta s' è visto il seno». Chi gliel' ha fatto fare? «Avevo 40 anni». Appunto. «Età particolare. Forse volevo dimostrare a me stessa di esser ancora in forma». Ma come c' è arrivata su Playboy? «Il direttore Mosca era mio amico. Ha insistito».

     

    Che anno era? «Il 1979». Poco prima era uscito un suo album dal titolo: Playboy. «Diciamo la verità: era stata la casa discografica a insistere». A 40 anni su Playboy, lei che non era un sexy symbol. «A mio padre non l' ho mai detto. Mia madre l' ha scoperto aprendo un cassetto dove conservavo coperte di pizzo. C' era una copia. C' è rimasta un po' male».

     

     

    3 - LORI DEL SANTO: QUELLA COPERTINA? UN PRIVILEGIO

    Nicole Cavazzuti per il Messaggero

     

    Con la morte di Hugh Hefner si chiude un’epoca. Personaggio carismatico e anticipatore dei trend, ebbe l’intuizione geniale di creare una rivista erotica che puntava sull’eleganza e sull’intimità nei primi anni 50, quando la rivoluzione sessuale era ancora lontana. Da allora, Playboy è stato un punto di riferimento prestigioso. Oggi però si possono visitare piattaforme digitali hard-core gratuite, il modello di business di Playboy è diventato obsoleto».

    iva zanicchi hot iva zanicchi hot

     

    Chi parla è Lory Del Santo, Playmate copertina del numero di dicembre 1984 dell’edizione italiana. «All’epoca apparire sulla copertina di Playboy rappresentava un riconoscimento del proprio valore ed era considerato un privilegio. Significava, insomma, essere hot dal punto di vista pubblicitario e mediatico. Era un’opportunità riservata solo ai volti davvero famosi, come Ornella Muti, Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Patty Pravo e Barbara Bouchet. Non come accadeva negli ultimi tempi, quando bastava essere carine e spogliarsi un po’ per ottenere la cover».

    iva zanicchi 3 iva zanicchi 3

     

    Non ebbe alcuna esitazione nell’accettare la proposta?

    «No. Playboy era garanzia di foto di nudo artistiche, di alta qualità. Era lussuoso, patinato, curato e mai volgare a differenza di altre riviste nate sull’onda del suo successo, come Penthouse. Posare per Playboy era una vetrina eccezionale, nonché un’occasione per guadagnare un bel gruzzolo di soldi».

     

    Quanto guadagnò?

    «Ho dimenticato la cifra concordata per quel servizio, ma era un cachet importante, nonostante avessi imposto la clausola del nudo parziale. Ricordo invece chiaramente che Penthouse mi aveva offerto 15 milioni di lire per un servizio. In quel caso rifiutai, nonostante all’epoca quel denaro mi avrebbe fatto comodo, perché non mi piaceva lo stile della rivista, troppo spinto».

     

    E sua madre come reagì nel vederla a seno nudo su Playboy?

    lory del santo (82) lory del santo (82)

    «Non ne parlammo mai. So che aveva visto la copertina, ma mamma non ha mai sostenuto le mie scelte professionali e per anni non ci siamo parlate. I nostri rapporti si sono ricuciti solo da poco. Profondamente religiosa, per lei era inaudito e immorale posare per foto di nudo».

     

    Anche il movimento femminista ha osteggiato Playboy…

    «Non ho mai condiviso le polemiche delle femministe. Hefner è stato il promotore di una nuova visione dell’eros e di una cultura della sessualità senza repressioni. Per me, emancipazione significa tra le altre cose farsi pagare per esibire il proprio corpo in modo libero. E credo che la libertà sessuale delle donne passi anche dal diritto di poter usare il proprio corpo a fini commerciali».

     

    Hai mai conosciuto Hugh Hefner?

    «No, mai. Peccato, mi sarebbe piaciuto. Era un uomo carismatico, che è riuscito a non cadere mai nell’ambiguità e a mantenere un atteggiamento elegante. In America, negli anni ’80, era davvero un mito. Ai tempi in cui vivevo a New York con Eric Clapton ricordo che una sera uscimmo con David Bowie e una sua amica, futura Playmate. Ecco, lei non la smetteva più di parlare del suo prossimo servizio tanto era entusiasta e gratificata».

     

     

    4 - CON LUI SVANISCE L' IDEA DEL SESSO NOVECENTESCO UN GIOCO DI RUOLI ANALOGICO E PATINATO

    Elena Stancanelli per La Repubblica

     

    hefner nel 1979 hefner nel 1979

    Con Hugh Hefner se ne va un' idea novecentesca del sesso. Analogica, patinata, ma soprattutto vergine delle teorie di genere, della liquidità dei gusti, ben salda sul principio che il maschio caccia e la donna è preda. E il maschio è quello con il completo scuro, la sigaretta all' angolo della bocca e il whiskie in mano, la femmina quella coi tacchi a spillo, la gonna al ginocchio e la lingerie di pizzo. Se ne va James Bond, Don Draper, Marcello Mastroianni, se ne va Marilyn Monroe, Pretty Woman, se ne vanno tutte le ragazze del Piper.

     

    hefner e conigliette hefner e conigliette

    Nel secondo dopoguerra, fino a quando - forse dopo le Torri Gemelle forse dopo la caduta del muro - il nostro mondo si è sbriciolato, abbiamo desiderato, fatto l' amore, sognato seguendo le passioni dell' inventore di Playboy.

     

    Anzi, stando a quanto ha scritto Beatrice Preciado nell imperdibile "Pornotopia" (Fandango), è stato lui a progettare quello che avremmo dovuto desiderare. E non solo. Il modo in cui avremmo dovuto arredare le nostre case, la musica che avremmo dovuto ascoltare, cosa bere, mangiare, come vestirsi. Per poter aver successo e soprattutto condurre un' esistenza dalla quale fossero espunti pensieri e dolori, sguazzando in piscine con cascate e grotte nelle quali appartarsi, o almeno sognare di farlo. E c' è riuscito.

     

    Ha fatto infuriare le femministe, perché spogliava le donne, e le trattava come conigliette.

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    Ma è stato lui a farci notare quanto la ragazza della porta accanto fosse sessualmente più appetibile della diva di Hollywood.

     

    Ha vissuto chiuso nella Playboy mansion, ha sposato Playmate a due per volta, è stato tossico, ricchissimo, bellissimo e poi spaventoso, quando ha iniziato a tingere i capelli dell' ormai tristemente noto "giallo Trump", ineludibile sfumatura dell' andropausa. Ha esplicitato, attraverso una rivista sulla quale hanno scritto i più bravi di tutti (da Philip Roth a Margaret Atwood, da Stephen King a Garcia Marquez)che il sesso non è altro che un gioco di ruolo. E che, fin quando le cose erano semplici, lo si giocava dividendosi in due gruppi: i maschi e le femmine.

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    Nessuna nostalgia, per carità, ma l' Occidente è andato da un' altra parte. Ha fatto saltare i confini, ha giustamente abbracciato l' idea che certe definizioni, basate sulla genitalità, fossero approssimative. Ha aperto nuove strade, il porno è diventato materia di insegnamento universitario, alle cascate nessuno pensa più.

     

    Il lusso ormai è a disposizione di chi pensa che le donne debbano essere il più possibile coperte e l' erotismo chic è roba da stilisti. Aspettiamo il nuovo Hefner, per aiutarci a capire, e indicarci la nuova strada verso lo spasso.

     

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