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    LE DONNE VENGONO DOPO - OK AL DOPPIO COGNOME PER I FIGLI, MA SOLO PER QUELLI NATI DOPO IL 2016. E COMUNQUE, IL COGNOME DELLA MADRE ANDRA' SEMPRE DOPO QUELLO DEL PADRE, E SOLO SU INTESA FRA I GENITORI - NEL 2014 L’ITALIA CONDANNATA DALLA UE PERCHE’ NON LO PREVEDEVA 


     
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    Valeria Arnaldi per Il Messaggero

     

    Il doppio cognome, paterno e materno, per i figli, già possibile - e da decenni - in altri Paesi, è finalmente una realtà regolamentata anche in Italia. Mamma e papà potranno dunque dare entrambi i loro cognomi ai figli. O meglio, potranno farlo papà e mamma perché il cognome materno dovrà essere sempre posposto a quello del padre.

     

    NEONATI1 NEONATI1

    A stabilirlo è stato, proprio nelle ultime settimane, il Ministero dell'Interno che, «in attesa di auspicati interventi del legislatore», ha dettato le regole in materia, con circolare diffusa dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali ai prefetti.  Il testo fa seguito alla sentenza con cui la Corte Costituzionale, il 21 dicembre 2016, ha stabilito che la norma che impone «l'attribuzione automatica ed esclusiva» del solo cognome paterno «sarebbe lesiva sia dei principi che garantiscono la tutela del diritto al nome, sia di quelli in tema di eguaglianza e di non discriminazione tra uomo e donna».

     

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    Una questione di identità, quindi. E di parità. I punti della circolare sono chiari, a partire proprio dalla posizione. «Considerato che la pronuncia ha riguardo alla trasmissione anche del cognome materno - recita il testo - deve ritenersi che le relative novità ordinamentali riguardino unicamente la posposizione di questo al cognome paterno, e non l'anteposizione». Il cognome può seguire quello del padre, dunque, mai precederlo. Una decisione non così scontata, guardando alla normativa degli altri Paesi. In Svezia e Finlandia, in mancanza di accordo tra i genitori, il figlio prende il cognome della madre.

     

    In Spagna, il doppio cognome è regola, l'ordine viene deciso da padre e madre insieme. Se non c'è accordo, a precedere è quello del padre ma, divenuto grande, il figlio può chiedere, con istanza, l'inversione dell'ordine. In Germania e Francia per il bimbo si possono scegliere sia il cognome del padre sia quello della madre. Il Ministero entra pure nel merito di eventuali formalità da espletare.

     

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    Ad assicurare il doppio cognome è sufficiente l'accordo tra genitori, che non deve essere dimostrato, ma viene presunto. «In assenza di apposite disposizioni normative, gli uffici dello stato civile non possono richiedere agli interessati oneri documentali ulteriori rispetto a quelli previsti dall'ordinamento». Ciò significa che non può essere chiesto al genitore che va a registrare la nascita una prova scritta dell'accordo con l'altro genitore.

     

    D'altronde, non è richiesto alcun documento di coppia per l'attribuzione del nome, anche quando è un solo genitore, di solito il padre, a fare la registrazione. Per ovvi motivi la volontà della madre di non essere nominata nella dichiarazione di nascita annulla la presunzione.

     

    GLI ELEMENTI

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    L'aggiunta del cognome materno riguarda tutti gli elementi onomastici di cui è composto, è possibile pure per le adozioni e «va esattamente riportata in sede di trascrizione». Un traguardo importante anche per i bimbi nati all'estero da genitori italiani: gli atti di nascita, «recanti il cognome materno di seguito a quello paterno» finalmente, infatti, diventano «ricevibili».

     

    La rivoluzione potrebbe non interessare solo i nuovi nati. La circolare specifica, infatti, che le norme sono applicabili per atti di nascita successivi alla sentenza del 2016, ma sottolinea come non sia possibile non tenere conto di sentenza e regole anche per eventuali richieste precedenti. Intanto, il provvedimento sulla questione è all'esame della II commissione di Giustizia del Senato.

     

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    È stato lo stesso ministro della Giustizia, Andrea Orlando ad auspicare «una rapida definizione dell'iter legislativo». Una risposta urgente per un ritardo di anni. L'Italia è stata condannata, nel 2014, dalla Corte di Strasburgo per la violazione del «diritto» al cognome materno.

     

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