Laura Cherubini per https://www.fondazioneleonardo-cdm.com/it/civilita-delle-macchine/nuove-edizioni/settembre-2020/gastone-novelli-e-il-bagno-di-diana-di-pierre-klossowski/
Per Gastone Novelli anche la pittura è scrittura, ancor più lo sono il disegno e l’incisione. Novelli stesso è autore di scritti (recentemente editi da Nero, a cura di Paola Bonani), tutto il suo lavoro è attraversato da una vena letteraria.
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Nel 1965 illustra l’edizione tedesca del libro di Pierre Klossowski “Il bagno di Diana”. Pierre Klossowski rilegge il mito di Diana e Atteone tra saggio e favola, riattraversandone e contaminandone le diverse e numerose versioni. Il mito ha dato luogo anche a varie rappresentazioni artistiche, da Tiziano a Rembrandt, da François Boucher alla Fontana del giardino della Reggia di Caserta.
Nel 1524 nella Rocca Sanvitale a Fontanellato il giovane Parmigianino, ventenne, esegue un ciclo di affreschi che raccontano la storia di Diana e Atteone nella Stufetta (il bagno privato) di Paola Gonzaga, sposa di Galeazzo Sanvitale conte di Fontanellato (forse per assimilare l’ingiusto destino di Paola, che ha perso un figlio, a quello di Atteone): sorpresa al bagno nella sua nudità dal cacciatore Atteone, Diana gli spruzza acqua sul viso trasformandolo in cervo che finirà poi sbranato dai suoi stessi cani.
Nel 1684 sarà Marc-Antoine Charpentier a comporre la pastorale in sei scene “Actéon”. Klossowski non è un mitografo ortodosso, ma narratore e saggista al tempo stesso, scrivente/scrittore, insomma un critico del mito che, per sua stessa essenza non può essere criticato. Ci indica l’epifania del divino in una tragica, dionisiaca caccia. «Nunc tibi me posito visam velamine narres, si poteris narrare, licet» (Ovidio, “Metamorfosi”, III, 192-3). Di metamorfosi si parla, si scrive e si disegna.
«Il racconto può tornare a essere fiaba, ma anche mito, entrambi accomunati dall’eccezionalità ed esemplarità, oltre che dal medesimo tema affrontato che è quello dell’incesto, come nel mito di Diana e Atteone interpretato da Klossowski e commentato dalle preziose tavole dell’artista». Gastone Novelli ha scritto molto, ha avuto legami di amicizia con tanti scrittori e frequentazioni di ambienti letterari in Italia e in Francia. Tutta la sua opera potrebbe essere letta attraverso il rapporto tra immagine e scrittura.
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Al Museo del Novecento di Milano è stata presentata la mostra “Il disegno della scrittura. I libri di Gastone Novelli”: «capolavori grafici dove spesso l’immagine non è una semplice illustrazione del testo, ma una vera e propria chiosa, secondo quell’attitudine a lavorare su materiali altrui che lo accomuna a tanta letteratura contemporanea» scrive Marco Rinaldi, che prosegue, «il mito di Diana e Atteone analizzato da Pierre Klossowski è commentato dalle sue preziose tavole, e altre incisioni arricchiscono i libri di Guido Ballo, Augusto Frassineti e Francesco Smeraldi».
Il libro di Klossowski propone una serie di slittanti metamorfosi interpretative. «Governando il moto incessante tra le regioni più basse, verso le quali tendiamo a discendere, e le più alte, cui aspiriamo, l’arco della vergine ci mette in guardia dalle inferiori, dove la dea regna tuttavia nella sua forma afferrabile; così come la sua mezzaluna ci guida verso le superne, dove abita inafferrabile».
Il bagno afferma la natura intoccabile della dea e proprio quando Atteone il cacciatore, il predatore, crede di aver raggiunto la bellezza divina, viene trasformato nel cervo, la preda. Lo scrittore definisce il bagno il momento più crudele della nostra vita. «Ha davvero creduto che quella vergine fosse afferrabile nell’inafferrabile divinità?». Non abbaiano forse i cani alla Luna?
Artemide (per i romani Diana), pallida e notturna dea lunare, nata sull’isola di Delo dall’amore di Zeus e Leto, che non aveva trovato altro riparo per far nascere la dea e il suo gemello Apollo, dio del Sole, è una pericolosa divinità. Armata di arco e frecce può provocare pestilenze e morti o porvi rimedio. Artemide ha chiesto al padre Zeus l’eterna verginità, è la protettrice dei bambini e degli animali, ma ama la caccia, soprattutto al cervo.
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Due coppie di cerve cornute portano il suo cocchio d’oro con redini auree. Quando Atteone la vede al bagno, la dea lo trasforma in cervo e lo fa sbranare dalla sua muta di cinquanta cani, metafora del fatto che l’uomo non deve penetrare i misteri divini.
Anche le ninfe che l’accompagnano devono rispettare il dono di castità: quando Zeus seduce Callisto, Artemide la trasforma in orsa e le scatena contro i cani, ma Zeus la trasporta in cielo tra le stelle (Robert Graves). Questa dea candida e temibile è molto legata alla natura: Artemide infatti è appellativo della triplice dea-Luna. L’arco d’argento è simbolo della Luna nuova. La statua di Artemide ad Atene era chiamata “dalla bianca fonte”. «Diana in the leaves green;/Luna who so bright doth sheen;/Persephone in Hell» (John Skelton).
Giorgio de Chirico ha ritratto la moglie, Isa Far, come Diana addormentata nel bosco. È un’apparizione naturale: Diana è una ragazza bionda, bella, è stanca e riposa appoggiando la testa sulla mano in modo simile ad Arianna, nel tipico atteggiamento melanconico. Il suo cane maculato riposa accanto a lei. Quello che colpisce sempre è la grande naturalezza di de Chirico nel rappresentare il mito. Lui, nato in Grecia, lui che ha respirato quella brezza e visto quel mare dalle finestre della sua infanzia, ha con le figure del mito una naturale confidenza. Diana una e tante...
Diana ha una duplice natura che Klossowski evidenzia: «luminosa proprio in quanto letale». Non si ciba degli animali che abbatte: «La selvaggina le serve per sfamare quei “proletari” dell’Olimpo che sono i ciclopi, quegli stessi ciclopi che le hanno fornito arco e frecce».
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Diana si purifica dal sangue versato, «si purifica da un’attivita utile: ritrova nell’acqua il principio della sua inutile serenità». Atteone prende alla lettera il rito, crede di poter giocare d’astuzia, e si traveste da cervo. Si è veramente presentato con questa maschera il principe cacciatore? Klossowski cuce insieme versioni più o meno note, edite e inedite della leggenda. Fornisce una genealogia della stirpe di Cadmo che lo porta a leggere Atteone come controfigura di Dioniso. «Temendo di non essere Atteone, uccise il cervo, gli mozzò la testa e la indossò… avanza così, larvatus pro dea, verso la sorgente, e va a nascondersi nella grotta».
Dalla parte della dea «questo corpo in cui si manifesterà a sé stessa è l’immaginazione di Atteone che glielo presta». Lo scrittore immagina che un demone abbia prestato il suo corpo etereo a Diana per suscitare il desiderio di Atteone.
«Diventa l’immaginazione di Atteone e lo specchio di Diana». Un corpo «palpabile ma insieme inviolato; violabile ma insieme casto». La stessa Diana «impassibile perché impalpabile, ma spettatrice – poiché Diana più di tutti gli altri dèi ha la passione per il teatro –, assiste alle proprie avventure – avventure in cui la sua castita viene messa alla prova». Il gruppo scultoreo alla Reggia di Caserta appare su una sorta di isolotto tra le acque che si configura come un palcoscenico mobile. Un corpo vigoroso «si addice a una dea che è più veloce del pensiero, del fulmine e della tempesta. E le spalle! E le braccia!
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Le lunghe mani, terribili quando afferra l’arco (...)». Sembra di scorgere la Diana che insegue Atteone nel quadro di Tiziano, una forza della natura, una divinità silvana, quasi fusa con il bosco.
L’acqua è lo specchio per Diana riflessa: lei appare nello spazio del mito, lui attende in uno spazio mentale. L’Atteone che medita nella grotta potrebbe dire: «Non sono in grado di dire che cosa fosse quello che vedevo». Tra dire e vedere per Klossowski c’è opposizione e incompatibilità. Da tutta l’eternità egli la spia e lei avverte il bisogno di lavare quell’oltraggio «… e nessuna maschera di cervo potrà mai permettergli di contemplare il bagno di Diana con uno sguardo puro – a meno che la stessa Diana, dal di fuori, non apra all’interno del cacciatore gli occhi del cervo morente (...)».
Nel momento stesso in cui Diana compie il gesto lustrale e micidiale di aspergere Atteone con l’acqua, la dea diviene ironica e gli dice, secondo le “Metamorfosi” di Ovidio: «E adesso che mi hai vista senza veli, raccontalo in giro – Se ti riesce, fallo pure!». E sopra la morte gloriosa del cervo «la fulgida mezzaluna s’innalza al di sopra delle creste dei monti e sale in cima alla volta smeraldina del crepuscolo».
Gastone Novelli all’inizio si occupa di linguaggi e di scrittura e solo in un secondo momento, attraverso l’esperienza della grafica, arriva alla pittura. Le prime illustrazioni che realizza sono per alcuni testi di Samuel Beckett. «Le mie litografie sono nate così, non molto grandi, ma dense di cose, nelle quali il testo continua a esistere, ma tutto sminuzzato e disperso» dice Novelli in una conversazione per il “Freiburger Studentenzeitung” in occasione della sua personale a Kunstverein di Friburgo nel 1964 e prosegue «in seguito ho realizzato illustrazioni, ma solo per me, intendo dire in un’unica copia… Adesso ne sto facendo un altro per Klossowski, “Le bain de Diane”. E mi piace molto, perché questo problema di Diana mi ha sempre interessato.
La storia di questa donna… che in realtà non va a letto con gli uomini, e ha quindi questo lato, sì verginale, non è vero? Eppure è molto sexy. L’episodio con il cervo è una specie… e spesso Diana è una madre, allora è anche… è quasi come la Madonna della chiesa cattolica, in un certo senso…». Diana presiede alla nascita, assiste le madri e i loro nascituri.
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E se Diana è la Vergine Maria, Atteone, cacciatore e cervo al tempo stesso, è in qualche modo una figura cristologica, come il Cristo è destinato alla morte e patirà il martirio. Per Marco Rinaldi anche i disegni, i libri, la grafica di Novelli vanno letti in relazione alla perdita della centralità del soggetto.
Secondo Rinaldi, Novelli si riferisce al concetto del pensiero mitico di Lévi-Strauss quando parla di “linguaggio magico”. Per Novelli «i frammenti sono gli unici fruibili per la possibilità di equivocare sui loro significati». E frammenti sono queste illustrazioni per “Il bagno di Diana”. Scrittura e immagine si incontrano e si scontrano, anche le lingue mutano perpetuamente, i corpi si danno a brani, Diana si riafferma come imprendibile anche perché ha i piedi sulla Terra e la testa nell’Olimpo, piccole increspature ondose alludono al bagno, una lirica geometria scandisce il mito, ma destrutturandolo. Per Novelli il disegno è invenzione, tutti gli elementi sono passibili di deformazione secondo principi di attrazione e repulsione, l’interna organizzazione delle forme non è mai canonica.
Della nuova arte plastica, definita “arte astratta” (ma l’artista fa notare che senza qualcosa di concreto non esiste astrazione), Novelli scrive che ha eliminato dall’arte la funzione narrativa. Da Novelli la narrazione viene frantumata, ricostruita secondo una nuova sintassi, un linguaggio magico che salta passaggi logici e che fa smarrire i fili del racconto, li disperde in tanti rivoli, ma fa percepire lo spazio, fisico e mentale al tempo stesso, dove questi accadimenti dimorano: la pagina.